QUELLA SOTTILE ACREDINE TRA MARIO DRAGHI E JENS WEIDMANN

DI VIRGINIA MURRU

 

Le dichiarazioni di Mario Draghi, nel corso dell’audizione alla Commissione Affari Economici del Parlamento europeo, seguono quelle del Governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, il quale, per l’ennesima volta, ha espresso il suo dissenso circa la politica monetaria espansiva seguita dalla Bce.

Weidmann non ha mai realmente concordato con queste misure, non propriamente ortodosse per la Bce, in quanto ritiene eccessivi e massici gli interventi di acquisto di bond, idonei solo nel caso in cui il sistema affronti situazioni congiunturali di depressione economica, con impatti deflattivi tali da rendere necessari meccanismi di stimolo monetario.

L’assetto economico in Eurozona è peraltro cambiato, e in modo positivo negli ultimi due anni, paesi che arrancavano a causa dei problemi legati ai conti pubblici, hanno fatto progressi notevoli (tranne poche eccezioni), conformandosi ai parametri di Maastricht. Pertanto la logica ‘draghiana’ del <whatever it takes>, secondo il falco tedesco della Bundesbank, non avrebbe più senso.

Non converge in particolare sugli obiettivi del Qe, attualmente terapia intensiva per riportare in ordine lo stato dell’inflazione. Weidmann ha peraltro il sostegno di tutto l’establishment politico e finanziario tedesco, in primo piano proprio gli esponenti di AfD (partito di euroscettici e xenofobi che ora, con oltre 90 seggi, siederanno nel Bundestag), i quali non hanno esitato a presentare ricorso alla Corte tedesca, pur di mettere in discussione l’operato della Bce e del Presidente Draghi, contro la politica di acquisto degli asset.

Dietro c’è anche un altro falco della finanza tedesca, il ministro Wolfgang Schaeuble (praticamente, insieme a Weidmann, ‘nemici’ storici di Draghi, anche se di recente ha dimostrato più solidarietà all’Eurotower) che ha sempre criticato la linea di politica economica seguita dalla Bce. Politica economica, appunto.

Weidmann sostiene che la Banca centrale europea dovrebbe occuparsi di politica monetaria, non di politica economica, la quale dovrebbe essere pertinenza esclusiva degli Stati. Per colpire Draghi, dunque, i falchi tedeschi si sono appellati agli espedienti di carattere giuridico, ma la Corte europea ha poi dato ragione all’Eurotower.

Il Presidente della Bundesbank, inoltre, non tiene conto dei dati pubblicati pochi mesi fa dalla Bce, numeri che mettono in rilievo i vantaggi acquisiti, e non i danni subiti dalla Germania tramite le misure di politica monetaria.

E paradossalmente è stata proprio la Banca centrale tedesca a concludere che, gli interventi di acquisto di bond, hanno permesso alle casse di Berlino un risparmio di ben 240 mld, in termini di tassi d’interesse.

E potrebbe finire qui ogni abile dissertazione dell’establishment tedesco, si può solo aggiungere che i paesi interessati dalle operazioni di acquisto più ingenti, sono proprio le maggiori economie dell’Eurozona, ossia la Germania, con acquisti mensili pari a 12 mld, la Francia, con 10 mld, e l’Italia con poco meno. Sono in fin dei conti questi paesi i più importanti azionisti della Bce.

La conclusione, che piaccia o no a Berlino e a Herr Weidmann, è che il programma di acquisti è stato motivato da ragioni di crisi ed emergenza in area euro, si possono considerare proporzionali, come si è visto, dato che i tre paesi citati, contribuiscono al capitale della Bce in misura certamente maggiore rispetto agli altri.

Il problema di fondo è forse la sottile acredine che serpeggia tra due paesi in particolare, Germania e Italia, non a caso Mario Draghi è ‘l’italiano’ non gradito, che si vorrebbe quanto prima sostituito proprio con Weidmann alla guida dell’Eurotower.

Un continuo imperversare di polemiche contro la politica monetaria seguita dall’’italiano’, che è diventato, specie negli ultimi due anni, quasi un tiro al bersaglio per gli esponenti della finanza tedesca. Una lunga partita, che indispettisce peraltro i ‘nemici’ dichiarati delle misure monetarie espansive, perché Draghi è imperturbabile, fila dritto per la sua strada, e non si fa condizionare dai tuoni e fulmini che arrivano in Eurotower, la cui sede è giusto a Francoforte..

In un’intervista televisiva, che risale a due giorni fa, Weidmann, nonostante tutto, riprende la solita solfa sull’inopportunità dell’impiego del Qe, poiché, secondo le sue argomentazioni, l’area euro è fuori emergenza, dopo 17 trimestri consecutivi di crescita. E a proposito delle sue immutate teorie dichiara:

“L’acquisto di titoli dovrebbe essere un mezzo da sfruttare solo nei casi di vera emergenza, quando ci si trova a gestire situazioni di deflazione, compresi salari e prezzi che vanno in calo. Ma non si può concepire con l’attuale congiuntura, il Qe non si può usare per controllare il tasso d’inflazione. “

E poi rincara la dose con una requisitoria a lui molto cara:

“La Bce non può accollarsi anche i margini di rischio riguardanti i singoli Stati, dovrebbe semplicemente vigilare sulla stabilità dei prezzi. Solo le autorità della finanza pubblica degli Stati membri, dovrebbero occuparsi del rifinanziamento del loro debito e delle misure di aggiustamento dei conti pubblici.”

“Gli Stati, però – aggiunge – non hanno saputo cogliere queste opportunità, non hanno sfruttato al massimo la politica dei tassi bassi per un’efficace riduzione del grado d’indebitamento. Purtroppo i riscontri non sono quelli attesi, si è fatto poco in questo versante della politica economica dei singoli Stati.