DI VIRGINIA MURRU
Il Consiglio dei Ministri, si è riunito ieri sera alle 21:30 su proposta del Presidente Giuseppe Conte e il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, con la presenza del sottosegretario Riccardo Fraccaro, per l’approvazione del decreto-legge che introduce urgenti misure a sostegno del sistema creditizio nel Sud, e la realizzazione di una Banca d’investimento. Ne dà comunicazione lo stesso esecutivo con un comunicato.
Il decreto avrà questo titolo (modificato ieri sera): “Misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una Banca di Investimento”.
Nel decreto il Governo mette in rilievo il potenziamento delle capacità patrimoniali e finanziarie della Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale (MCC), per un massimo di 900 mln di euro, al fine di consentire all’istituto di operare con la funzione di Banca d’investimento, e possa così creare le basi per migliorare la crescita e la competitività delle imprese.
In sintonia con questa missione, e secondo le disposizioni del decreto, sarà fissato un aumento di capitale che permetterà a MCC, in coordinamento con il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, e possibili altri investitori, di contribuire al rilancio dell’istituto di credito pugliese in seria difficoltà. Con questo intervento l’esecutivo intende tutelare i risparmiatori in primis, le famiglie e le imprese legate al sistema creditizio della BPB.
Com’è noto, la Banca Popolare è stata sottoposta il 13 dicembre scorso alla procedura di Amministrazione Straordinaria da parte della Banca d’Italia, con relative nomine, tale procedura renderà più agevole il perseguimento degli obiettivi di consolidamento dell’istituto.
Al momento gli Amministratori straordinari della Banca Popolare intendono perseguire le negoziazioni già poste in essere con Il MCC e il FITD, al fine di stipulare un ‘Accordo Quadro’, che delinei un prospetto strategico per il piano industriale e il rilancio della Banca pugliese. Si stanno creando le basi per favorire il recupero del suo equilibrio economico e patrimoniale, e insieme le premesse affinché BPB assuma un ruolo centrale nel finanziamento dell’economia nel Sud.
“Sì, stasera chiuderemo su Banca popolare di Bari” – aveva dichiarato ieri sera il presidente del Consiglio Giuseppe Conte poco prima del vertice a Palazzo Chigi.
Ci ha provato il Governo Conte-bis a mettere le mani avanti, e a precisare che “lo Stato non è il rifugio dei banchieri, e che la tutela va ai risparmiatori”, solitamente vittime della pessima governance quando un istituto di credito si avvicina all’anticamera del default. Ma il Governo doveva intervenire in modo radicale su BPB, a questo punto non si poteva prescindere.
Inutilmente ci si domanda come mai, specie negli ultimi cinque anni, in seguito alle diverse crisi affrontate nel comparto bancario – e tante banche ‘salvate in estremis’, dopo un lungo percorso di errori nella gestione – si aspetti che la crisi esploda con tutta la sua carica di deleterie conseguenze, prima d’intervenire con un risanamento meno drammatico. Ci si chiede come mai gli organi di sorveglianza preposti a questi controlli, non svolgano il ruolo che gli compete.
Inutilmente, appunto, dato che purtroppo si arriva a mettere le mani su queste derive finanziarie quando ormai il malessere è imploso ed esploso.
L’esecutivo ha deciso di entrare in azione nell’unico modo ormai possibile, ossia con il salvataggio della Banca pugliese, considerato il ruoto che svolge nel sistema creditizio del Mezzogiorno.
Il presidente del Consiglio ha infatti affermato: “Tuteleremo i risparmiatori della Banca Popolare di Bari, nulla sarà concesso ai responsabili della gestione che ha causato le criticità. Si auspicano azioni di responsabilità proprio sul management che ha determinato le condizioni di questo disastro.”
Ma poi, a conti fatti, un esecutivo non può permettere che a farne le spese siano i più vulnerabili, ossia i risparmiatori, così il salvataggio è stato deciso, non senza urti nella maggioranza (tra i 5S e Italia Viva).
Cos’altro a questo punto? Non ci sono mezze misure, o prospettive con altri percorsi, e pertanto il varo di un decreto a favore della Banca Popolare pugliese è già in corso.
Il presidente del Consiglio è del parere che l’intervento debba mirare ad una prospettiva più ampia, dove alla base vi sia una strategia che cambi rotta in termini di gestione. Si creeranno le premesse (come si è già accennato) – secondo le dichiarazioni del premier – per un intervento di Mediocredito centrale, nonché, potenzialmente, del Fondo interbancario, al fine di rilanciare un istituto di credito che potrebbe avere un orientamenti di Banca del Sud, ossia un punto di riferimento credibile sul piano finanziario e creditizio per il Mezzogiorno.
Ma intanto risultano in corso diverse inchieste. Almeno due, una aperta dalla Procura di Bari, nella quale al momento non figurano indagati né ipotesi di reato. L’inchiesta è stata aperta in seguito alla denuncia della Consob (tramite il presidente Paolo Savona), la quale ha segnalato l’assenza di documenti sui conti richiesti all’istituto di credito.
Il Procuratore che coordina le indagini sta valutando se la segnalazione della Consob configuri un’ipotesi di reato. Ma non è la sola inchiesta a carico della Banca Popolare di Bari, che ormai è un ordigno con una carica di tossicità al suo interno. Ci sono infatti altre 4 inchieste in corso.
“La Banca Popolare di Bari è strategica per il tessuto produttivo del Sud” – da uno dei pulpiti più autorevoli parte l’allarme di Antonio Decaro, sindaco di Bari (e presidente nazionale Anci):
“L’intervento doveva essere una priorità assoluta del governo, era necessario salvare la Banca Popolare di Bari, così come si è proceduto con altri Istituti italiani ormai alla deriva. Se così non fosse stato si sarebbe assistito allo sgretolamento dell’intero tessuto economico della città, e soprattutto le 70 mila famiglie di risparmiatori coinvolte in questo crac, avrebbero perso i loro risparmi.
”Si tratta di un male acuto, che richiede interventi urgenti” – afferma il presidente della Regione Michele Emiliano, il quale auspica una soluzione in tempi brevi, ma non nasconde gli effetti collaterali di queste misure, cioè il commissariamento. Entrambi gli amministratori, sia il sindaco che il presidente della Regione, sottolineano che la Banca Popolare di Bari debba restare pugliese. Non vogliono sentire parlare di gestione che fa capo a dirigenti del Nord, i quali, secondo il presidente Emiliano “non possono comprendere in pieno i problemi legati al territorio. Per questo insistiamo che management e personale siano reclutati tra la nostra gente”.
Ha infatti dichiarato al riguardo:
“L’economia meridionale non può essere interpretata da chi non la capisce, da chi non la conosce. La nostra Regione è pulita, trasparente, e sta facendo sforzi non indifferenti, con risultati economici di rilievo in termini di esportazione e incremento dell’occupazione. Per questo non accetteremo che vengano qui a commissariarci, come fossimo una colonia. Devono lasciarci integra la dignità: io son convinto che il Presidente del Consiglio, che è pugliese, e quindi capisce la nostra realtà, farà in modo che i commissari interpretino in modo adeguato il loro ruolo”.
Ma intanto i commissari straordinari nominati dalla Banca d’Italia, ossia Enrico Ajello e Antonio Blandini, sono già all’opera. Il 14 dicembre hanno incontrato i dirigenti dell’istituto di credito. In seguito a queste riunioni sembra ci siano state rassicurazioni in merito alla decisione di svolgere tutti gli adempimenti necessari alla ricapitalizzazione della banca e quindi ad un suo rilancio. La più importante garanzia riguarda i conti correnti dei risparmiatori, a loro è stato detto che non incorreranno nel rischio di perdere i propri risparmi.
A Bari ci sono state diverse dimostrazioni organizzate dagli azionisti della Banca pugliese, i quali hanno protestato davanti alla sede centrale, in Corso Cavour, a Bari.
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