STEMMA DELLA SARDEGNA. PERCHE’ I 4 MORI? UNA STORIA AVVINCENTE E LEGGENDARIA

DI VIRGINIA MURRU

 

 Prima o poi I visitatori dell’isola s’interrogano sull’origine del suo stemma, anche perché l’immagine dei 4 mori la si nota sventolare nei vessilli  all’esterno degli  edifici delle istituzioni regionali; ma la si trova impressa non di rado  negli indumenti sportivi, per non parlare delle bandierine allo stadio, o di quelle esibite in occasione di cerimonie in cui la Sardegna è protagonista. Dietro questo simbolo c’è un lungo ‘viaggio’ storico, accattivante direi. Di certo la Sardegna, quasi per antonomasia, viene definita “l’isola dei 4 mori”.

 Possiamo già introdurci attraverso i meandri della storia  precisando che lo stemma fu adottato  dai Savoia dopo il 1720,  in seguito al Trattato di Londra (e successivo dell’Aia), allorché l’isola fu assegnata a Vittorio Amedeo II, consentendo così la nascita del  Regno di Sardegna.  A riprova dell’integrazione con Casa Savoia, il simbolo lo ritroviamo  nello stemma dei Granatieri di Sardegna, anche se, va detto, questo corpo militare non ha molto a che vedere con l’isola, ma si tratta pure del Regno di Sardegna, e pertanto il nome è giustificato.

 I sardi hanno riconosciuto come proprio questo simbolo intorno al ‘500, nonostante, come si vedrà più avanti, esso circolasse già da due secoli prima, nella corrispondenza proveniente dalla Corte aragonese. Solo per fini di orientamento temporale possiamo dire che in Sardegna, il vessillo con lo scudo dei 4 mori, cominciò a sventolare  nelle sedi del Partito Sardo d’Azione, a partire dai primi decenni del novecento, semplicemente perché lo aveva adottato quale emblema del Partito.

 La testa di moro tuttavia non è così rara neppure nell’araldica europea, mistero che però non intendiamo ‘inquisire’.

 Per vedere invece sventolare il vessillo nei Palazzi della Regione Sardegna, occorse ancora qualche decennio, e si va alla fine del secondo conflitto mondiale, quando l’isola diventò Regione Autonoma, a Statuto speciale. Nel 1950, in apertura di seduta del primo Consiglio regionale, l’Assemblea esaminò la questione dello Stemma, e non ci furono dubbi sul simbolo dei 4 mori, tutti i consiglieri e autorità presenti approvarono all’unanimità la proposta all’ordine del giorno.

 Secondo quanto fu messo a verbale, ci fu soltanto un astenuto, che motivò comunque la sua decisione in modo alquanto circostanziato. Partendo da premesse storiche inconfutabili, egli fece osservare che era necessario riflettere sull’origine del simbolo, il quale non era sardo, e pertanto si poteva essere tratti in inganno dalla convinzione che i 4 mori rappresentassero i 4 Giudicati in cui l’isola era stata divisa nel Medioevo, ossia circa 9 secoli prima, quando era libera e indipendente da dominazioni straniere.

“Attenzione – disse questo distinto signore sassarese – vi state lasciando trarre in inganno perché il simbolo da quasi un millennio circola in Sardegna, ma non ci appartiene in termini di autentica sardità”.

 Quel signore presente in qualità di consigliere, non si commosse affatto quando tutti  decisero di approvare uno stemma così conosciuto e familiare, da sembrare una scelta ovvia, legittima. Chi ‘contestava’ la scelta era il prof. Antonio Era, uno studioso che conosceva bene la storia giuridica dell’isola, docente di Storia delle Istituzioni Giuridiche della Sardegna all’Università di Sassari, con precedenti incarichi all’Università di Pisa, città nella quale aveva conseguito la libera docenza in Storia del diritto italiano. Antonio Era aveva una sterminata cultura, ed era un grande esperto di Storia della Sardegna.

 L’Assemblea non intendeva comunque tornare indietro, nonostante l’inappuntabile precisazione, e lo Stemma diventò simbolo ufficiale della Regione (inserito anche nel Gonfalone) nel 1952, vessillo che sventola da 70 anni ormai nel Palazzo della Regione. Lo stemma aveva ancora molte similitudini con quello in uso ai tempi del Regno di Sardegna, mancava  l’aquila sabauda e la corona, ma i mori avevano la benda negli occhi ed il profilo era rivolto verso l’inferitura.

 Nel 1999, lo stemma che compariva nel vessillo cambiò diversi dettagli. Si intervenne per semplificarlo, via dunque la ‘cornice’, mentre il volto dei mori cambiò orientamento: erano rivolti ora verso destra. Inoltre, particolare non trascurabile e significativo, la benda non era più negli occhi ma nella fronte, annodata sull’occipite. Ci piace pensare che, allegoricamente, il messaggio rimandi ad una Sardegna che intende spalancare bene gli occhi sul  futuro. Niente bende, dunque.

L’ultimo intervento sullo stemma è recente, del 2005, ma si è trattato di modifiche volte a rendere il vessillo più ‘elegante’, medesime modifiche anche sullo stendardo.

 C’è ancora nell’isola chi rimbrotta riguardo alla scelta dei 4 mori quale simbolo della Sardegna, soprattutto negli ambienti della Cultura isolana, e le ragioni, bisogna riconoscerlo, ci sono, esattamente come le aveva il prof. Era quando sosteneva che non solo originariamente non appartiene ai sardi, ma rimanda alla storia di dominazione dei Catalano-Aragonesi prima, e spagnoli poi (dal 1469), otto secoli in tutto.. Di un’invasione non c’è da andarne molto fieri, insomma. Molto più felice la scelta sarebbe stata in termini di orgoglio, secondo l’opinione di tanti, se fosse ricaduta sullo stemma del Giudicato di Arborea, il cosiddetto “desdichado”, rappresentato da un albero sradicato, che non affonda le radici da nessuna parte, e richiama l’epoca in cui l’isola era divisa in 4 Giudicati: allora era  libera e indipendente..

 Senza dimenticare che il desdichado è comunque un emblema templare, le tre radici rappresentano la Trinità, e le sette braccia dell’albero hanno riferimenti che s’ispirano alla nostra galassia: il sole, la luna, e i pianeti più importanti. Il richiamo va poi alla religione monoteista ebraica, lo stesso significato si ritrova nelle sette braccia del candelabro ‘Menorah’, il quale ardeva, secondo il credo ebraico, nel tempio di Gerusalemme.

 Vediamo ora di ‘scandagliare’ più in prodondità sulle origini del simbolo.

 Per troppi secoli i 4 mori avevano accompagnato le vicissitudini storiche dei sardi; dopo il matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona il simbolo divenne retaggio quasi esclusivo dell’isola; comparve sulla facciata di alcuni edifici a Cagliari (è presente anche nei pinnacoli del Palazzo del Comune), e in carte e documenti che circolavano nell’isola.  

 Origini a parte, era diventato col tempo uno stemma che esprimeva l’orgoglio dei sardi, quel forte senso di appartenenza al territorio, un sigillo  che va oltre le proprie radici, perché un’isola solitamente sviluppa una storia a sé, e la memoria  talvolta scopre le sue pietre miliari in simboli di epoche storiche remote.

 Una precisazione è in ogni caso necessaria: i 4 mori prima di giungere in Sardegna, hanno compiuto un lungo percorso storico in Spagna, nazione che ha dominato l’isola per 8 lunghi secoli, prima attraverso i Catalano-Aragonesi, e poi, dopo il matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, allorché il Regno si compose in unità formando una sola Nazione, con gli spagnoli. In ogni caso di dominio si trattava, e la Cultura dell’isola ne è stata fortemente condizionata.

 Insomma, il simbolo dei 4 mori non è di esclusivo ‘monopolio’ sardo, è nato altrove, tra vicende storiche intrise di leggenda, sia pure verosimili e in alcuni casi corrispondenti a fatti realmente accaduti. Si può aggiungere a questa breve introduzione, che anche lo stemma della Corsica presenta un moro bendato ben visibile al centro di uno scudo, e non è certo un caso. Eppure la presenza dei mori bendati non è neppure sola esclusiva delle due isole, si trovano riscontri in altri stemmi di Paesi europei, e questo dettaglio complica non poco la certezza dell’ultima ricostruzione, basata su un millennio di storia.

La storia dell’araldica europea del resto è molto complessa.

 Il legame con la Corsica, isola che per milioni di anni, è rimasta unita alla Sardegna (in seguito al distacco del blocco sardo-corso dalla Provenza), e che per ovvie ragioni condivide diversi capitoli di storia, per quel che riguarda il simbolo trova fondamento proprio nelle vicende storiche. Fu sul finire del XII secolo che Bonifacio VIII – per mettere fine alla Guerra del Vespro, che durava da 15 anni, scoppiata a Palermo contro gli Angiò – (considerati invasori, poiché si erano impossessati dell’isola dopo avere sterminato i legittimi successori al trono degli Svevi, eredi di Federico II), decise d’infeudare il Regno Sardiniae et Corsicae a Giacomo II d’Aragona.

Fu solo un atto ‘formale’, gli Aragonesi avevano già in mano la Sicilia, e sarebbe troppo lungo andare a ritroso e spiegare tutte le implicazioni storiche riguardanti l’intervento di Bonifacio VIII. Lo Stato Pontificio aveva peraltro, a sua volta, interessi precisi sulle due isole, così come Genova e Pisa.

 Nella Guerra del Vespro entrarono nel conflitto con gli Angiò gli Aragonesi, in quanto Pietro III era marito di una discendente degli Svevi, e la lotta, per terra e per mare, non aveva fine.

 In seguito alla scomparsa del Papa Martino IV, salì al soglio pontificio Bonifacio VIII, il quale, per tentare di porre fine ai disordini dei Vespri, intervenne con una mediazione, per istituire, sia pure sulla carta, il Regno Sardiniae et Corsicae, così da tenere  buoni gli Aragonesi. Come si è visto lo infeudò a Giacomo II,  catalano, e allora re d’Aragona e Valencia. Ma la bolla d’infeudazione, che si precisa era stato un atto nominale, non ebbe conseguenze sulla Corsica, in realtà mai conquistata, ma ne ebbe sulla Sardegna, che conquistata fu: il dominio, ripetiamo, durò otto secoli.

 Dopo l’intervento del Papa, il regno di Aragona si sentì legittimato e investito di autorità nei confronti dell’isola, imporre l’egemonia su tutto il territorio  fu solo la conseguenza del lungo dominio.

 Il ‘passaggio’ dello stemma con i 4 mori nell’isola, assodato il fatto  che ebbe origine in Aragona, e si ritrova ancora oggi nei musei spagnoli e perfino impresso all’esterno di qualche antico edificio, è dunque parte del  percorso che ha compiuto lungo i secoli questo simbolo, emblema di uno stretto legame tra la Sardegna e gli Aragonesi. Uno stemma con i 4 mori, con benda sulla fronte, si trova anche nel Palazzo della Deputazione del Regno d’Aragona a Saragozza, edificio del XVI secolo.  

 Già nel XIV secolo, Alfonso IV d’Aragona si avvaleva di sigilli di piombo con il simbolo dei 4 mori non bendati, evidentemente riferimento diretto al Regno, e tuttavia le origini di questo singolare emblema sono ancora più profonde, come vedremo da questo breve excursus storico.

 Le ipotesi, prima che se ne occupasse una ricercatrice dell’Università di Cagliari, la professoressa Luisa D’Arienzo, negli anni ’80, erano tante, ognuna con un relativo margine di attendibilità. Tra le più accreditate c’era il richiamo ai 4 Giudicati che dividevano in epoca Medievale l’isola, formatisi intorno alla metà dell’800, un assetto territoriale che si rivelò efficace sia sul piano giurisdizionale che ‘politico’.  Questa interpretazione riscosse credibilità fino alla fine del XIX secolo, piaceva agli storici sardi l’idea che il simbolo avesse origini autoctone, ma successive ricerche tracciarono un orientamento più affine al reale svolgimento dei fatti sulla questione.

 Altra ipotesi riguarda lo scudo con croce bianca in campo rosso, che rappresentava il gonfalone dei Pisani, consegnato dal pontefice (Benedetto VIII)  quale simbolo di crociata, in quanto avevano accettato il suo invito a soccorrere l’isola, insieme ai genovesi, minacciata dall’invasione degli Arabi di Museto. Il gonfalone era pertanto il simbolo di una crociata contro gli arabi.

 Manca tuttavia l’aspetto più peculiare, quello dei 4 mori, per cui tale ipotesi non ebbe mai un’eccessiva rilevanza negli studi riguardanti il simbolo. Si ipotizzò che derivasse addirittura dai templari, in quanto nello stemma del gran maestro dell’ordine, c’erano tre mori con la benda sulla fronte. Ma anche questa interpretazione storica non ha riscontri attendibili.

 Gli studi portati avanti dalla prof.ssa D’Arienzo, hanno messo in luce eventi e date precisi. Il sigillo era giunto in Sardegna in seguito allo sbarco dell’infante Alfonso, nel 1323, per ragioni, neanche a dirlo, di conquista (come si è accennato). Egli, per ingraziarsi l’assenso delle autorità di Cagliari, concesse una serie di privilegi e garanzie alla città, riscontrabili in numerose bolle, che portavano impresso proprio il sigillo dei 4 mori, conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che il simbolo veniva dalla casa di Aragona. L’unica differenza con quello a noi noto, è che i mori non erano bendati, neppure sulla fronte.  Dunque il sigillo era in uso nella Cancelleria di corte, già da tempo,  prima che gli Aragonesi conquistassero la Sardegna, ossia fin dalla fine del XII secolo.

 Sempre secondo le ricerche della prof.ssa D’Arienzo, il primo sigillo che si conosce è in piombo, e fu utilizzato da Pietro III il Grande, il quale alla morte del padre, Giacomo I – che per questioni di eredità aveva diviso il regno in due parti – obbligò il fratello a diventare feudatario del Regno, e le isole Baleari che gli erano state assegnate, rientrarono nella Casata.  Così si scongiurò una divisione della Corona. Per ufficializzare e legittimare il Regno, egli creò un nuovo simbolo, lo stemma dei 4 mori, che divenne anche il sigillo adottato nella cancelleria per le missive che partivano dalla Corte.

 Intorno allo scudo, nel quale vi era una croce bianca in campo rosso, e i 4 mori, c’era una scritta in latino: “Il serpente portò i danni ma la croce li ha respinti”. All’epoca il male per la penisola iberica veniva da sud, dagli usurpatori arabi, che costrinsero gli abitanti a cruente battaglie, nel tentativo di respingerli e liberare i territori nei quali si erano insediati.

 Era in definitiva uno stemma che intendeva celebrare la sconfitta degli Arabi, con la croce, simbolo del Cristianesimo, e i mori che rappresentano i regni d’Aragona riconquistati ( i 4 Regni erano Aragona, Catalogna, Valencia e le Baleari).

 A queste lotte sanguinose contro l’invasore Arabo, aveva contribuito anche un antenato di Pietro III, che portava il suo stesso nome, Pietro I, il quale era un valoroso condottiero, e aveva avuto la meglio proprio due secoli prima sui mori, nella battaglia di Alcoraz (1096). E questo è il fatto storico più rilevante, perché da qui viene il simbolo dei mori.

 A questo punto entra in scena una leggenda, la quale evoca scenari che hanno secondo gli storici dei fondamenti di verità.

Sembra che nel corso della battaglia di Alcoraz, le sorti dello scontro con i mori volgessero in favore di questi ultimi, quando all’improvviso apparve un cavaliere con un mantello bianco ed una croce rossa sul petto, la leggenda narra che avesse un impeto terribile e si scagliasse contro i mori travolgendoli. Decidendo anche in pochissimo tempo l’esito della battaglia.

 Secondo le interpretazioni degli spagnoli, cattolicissimi come si sa, quel cavaliere misterioso che si era poi dissolto nel nulla, era S. Giorgio, giunto in difesa di Pietro I d’Aragona, e sancirne la vittoria sui mori. Mentre i soldati facevano bottino dei corpi dei nemici caduti, pare avessero notato 4 teste di principi mori, una a poca distanza dall’altra, travolti dalla furia della battaglia, teste che portavano una corona preziosa, tempestata di gemme.

 Erano stati questi eventi a indurre Pietro I a fissare nella memoria storica della Casata la misteriosa vittoria dei Cristiani sui mori, e per questo egli decise di creare un emblema che ricordasse quel glorioso, indimenticabile avvenimento. Lo scudo era bianco con la croce rossa come quella del cavaliere che fece irruzione nel campo di battaglia,  ai quattro lati c’era  la testa dei 4 principi mori con la corona.

Da allora diventò il simbolo della Casa di Aragona.

 Ci sono certo i contorni della leggenda, ma la battaglia di Alcoraz, che ebbe luogo nell’XI secolo, è un fatto storico accertato. Secondo gli studi della ricercatrice D’Arienzo, la leggenda si deve ad un italiano, vissuto tra il ‘400 e il ‘500. Egli era giunto alla corte d’Aragona per merito di una contessa dalla Sicilia, e si era recato in Spagna con lo scopo d’insegnare letteratura latina. Tempo dopo fu poi assunto da Ferdinando il Cattolico, diventando lo storico ufficiale del Regno di Aragona.

 Naturalmente la leggenda in sé potrebbe essere stata, in seguito a qualche lacuna di dati storici reali, un modo all’epoca suggestivo per celebrare quella vittoria. Sono reali tuttavia gli avvenimenti principali, la vittoria sui mori che fu autentica, e la scelta di Pietro I di adottare il simbolo dei 4 mori, prima tappa di un lungo viaggio, che poi approderà In Sardegna, dopo alcuni secoli. E questa, secondo accurate ricerche negli archivi storici spagnoli, è l’origine del simbolo.

 In Sardegna, a parte il lungo percorso storico,  si riscontrano importanti riferimenti sulla monetazione, dove ritroviamo ancora il simbolo dei 4 mori, I primi cagliarese furono emessi da Ferdinando il Cattolico nel XV secolo; Vittorio Amedeo II invece emise monete da uno a 3 cagliarese, e proprio su queste monete si può ‘rinvenire’ il simbolo dei mori, insieme all’effigie del re sabaudo. I cagliarese furono emessi fino al 1821, fino a quando Casa Savoia decise di adottare la monetazione decimale nel conio, e i cagliarese scomparvero dalla circolazione.

 Il simbolo dei 4 mori è stato adottato anche dalla Brigata Sassari, i leggendari combattenti che si distinsero per coraggio e audacia nel corso della I Guerra mondiale, formata da due reggimenti di fanteria, con due diverse dislocazioni nell’isola.