TRUMP “CONDONA” HUAWEI, MA NON SARA’ UNA CONCESSIONE GRATUITA

DI VIRGINIA MURRU

 

Accolta con favore dai mercati l’apertura nei confronti di Huawei da parte della Casa Bianca. Ieri infatti il presidente Trump, nel contesto di alcuni annunci diretti agli agricoltori americani, danneggiati fortemente dall’interminabile conflitto commerciale con la Cina, ha dichiarato che la compagnia cinese delle telecomunicazioni potrebbe essere ‘condonata’.

Il che significa che il governo americano chiuderebbe un occhio se nel tavolo dei negoziati i cinesi a loro volta offrissero condizioni più affini alle aspettative. E dunque concessioni più in linea con gli interessi di Washington.

Che il presidente degli Usa Donald Trump avesse nel bersaglio Huawei, già si sapeva da tempo,  la conferma era arrivata del resto alla fine del 2018, con il fermo del Chief Financial Officer e vice presidente del Consiglio di Amministrazione, Meng Wanzhou, che fu bloccata il 7 dicembre a Vancouver dalla Magistratura canadese, su richiesta degli Stati Uniti. Le ragioni addotte dagli States, come si sa,  erano legate alla sospetta violazione delle sanzioni contro l’iran.

Il Ceo del colosso cinese delle telecomunicazioni fu poi rilasciata qualche giorno più tardi su cauzione, ma costretta a restare in Canada. La tensione è rimasta alta per diversi mesi. Le accuse di Washington non si limitavano alla violazione delle sanzioni contro l’Iran, ma erano (e tuttora lo sono) dirette alla presunta attività di spionaggio  per conto del governo, accuse sempre respinte sia dalle autorità di Pechino  che dal fondatore di Huawei Ren Zhengfei, padre di Meng.

Quest’ultimo che tra la fine del 2018 e i primi mesi del 2019, raramente ha rilasciato dichiarazioni alla stampa estera, verso metà gennaio in un incontro con i media stranieri ha respinto tenacemente ogni accusa proveniente dal Dipartimento della Giustizia americano, affermando che la Compagnia non ha mai ricevuto richieste da parte del Governo per fini di spionaggio, permettendo quindi il passaggio di informazioni segrete. Spionaggio che insidierebbe la sicurezza nazionale, dato che i prodotti Huawei potrebbero essere impiegati per realizzare reti sulle quali passano dati sensibili. Accuse mai provate e sempre respinte.

La Cina in questa strenua difesa è stata sempre sostenuta dalla Russia, che aveva a suo tempo definito l’arresto della figlia del fondatore dei Huawei come ‘un’inaccettabile arroganza politica’.

Solo alcuni giorni fa il presidente Trump ha inserito il colosso cinese nella ‘black-list’ delle società che potenzialmente possono mettere a rischio la sicurezza e gli interessi della nazione. Il bando degli Usa nei confronti della compagnia ha causato com’è noto immediate conseguenze, Google ha rotto con Huawei, sostenendo di non potere andare contro le decisioni degli Usa.  A queste dichiarazioni è seguito lo stop agli aggiornamenti android per gli smartphone in vendita oltre i confini cinesi. La reazione di Pechino non poteva che avere implicazioni di carattere legale, a difesa dei legittimi diritti della compagnia.

L’ostilità di Washington nel serrato conflitto commerciale con la Cina, si è tuttavia affievolita con le dichiarazioni di Trump, ieri alla Casa Bianca, il quale ha reiterato le accuse, sostenendo che Huawei resta “molto pericolosa” per tutto ciò che può veicolare in ambito di rischio sicurezza, ma l’allarme potrebbe rientrare qualora si giungesse ad un accordo nei negoziati commerciali tra le due potenze. Dunque una cauta apertura motivata da interessi ben precisi degli Usa, i quali si sono sentiti stretti in una morsa dalle ritorsioni decise dal governo cinese negli ultimi mesi.

E’ sempre in definitiva Washington a dettare le regole, nonostante la Cina abbia tirato fuori i suoi artigli senza esitazione, ma è stato comunque finora un ‘gioco’ in difesa, perché lo strapotere dell’establishment americano pone in una condizione di parare i colpi, più che aggredire direttamente.

L’apertura di Trump su Huawei è tutt’altro che una sortita fortuita, è evidente che le sue dichiarazioni sono state pesate in una bilancia tarata per produrre effetti nell’altro ‘piatto’, per essere recepite e valutate. Il presidente Trump è un tipo impulsivo e istintivo, ma quando ci sono in ballo interessi così forti sulla nazione, non può evidentemente permettersi di lanciare il sasso nel vuoto.

Sono parole che appunto hanno un peso, causano reazioni e conseguenze, così come le Banche Centrali adottano uno strumento di sicuro effetto per orientare i mercati, tramite la forward policy guidance, anche i Governi si avvalgono delle loro dichiarazioni per influenzare l’andamento di una trattativa in atto. E tuttavia le dichiarazioni di carattere politico com’è ovvio possono avere effetti anche sui mercati, ossia condizionare le scelte degli investitori e dunque l’aspetto finanziario. E infatti le parole di Trump di apertura verso Huawei, hanno subito esercitato il loro potere su questo orizzonte sensibile, perché anche per ‘rabbonire’ i mercati sembra che questa schiarita sia stata voluta.

Le Borse europee infatti hanno reagito positivamente all’apertura di Trump sulla vicenda Huawei. Anche se gli investitori sono cauti e aspettano l’esito della consultazione elettorale per il Parlamento europeo. Tante le variabili che portano correnti d’incertezza nei mercati, oggi si è anche aggiunto l’annuncio delle dimissioni della premier britannica Theresa May. Piazza Affari ha tuttavia chiuso in positivo, a 1,19%. Chiusura positiva anche a Francoforte, Madrid e Parigi.

In ogni caso, le dichiarazioni che ieri il presidente Trump ha rilasciato alla Casa Bianca, sono state inserite nel contesto di un annuncio che ha riguardato un piano di aiuti di diversi miliardi di dollari destinato agli agricoltori che hanno subito notevoli danni a causa dei conflitti commerciali  tra Usa e Cina.

Ultimamente è stato un fuoco di fila di ‘raid’ partiti dall’establishment americano, volti a colpire l’economia cinese. Recente, com’è noto, la decisione degli Usa d’imporre dazi dell’ordine del 25% su 300 miliardi di dollari di prodotti importati dalla Cina. L’ultimo assalto è stato quello su Huawai, già presa di mira da tempo, che ha indotto peraltro tanti fornitori americani di smartphone a non trattare più il marchio cinese.

E’ davvero micidiale la politica protezionistica allorché si vuole danneggiare l’economia di un Paese (Huawei è il secondo colosso mondiale, secondo marchio al mondo  e leader a livello globale sulle infrastrutture e le telecomunicazioni) per difendere i propri interessi interni.

Da questa tattica soft il presidente Trump intende trarre i suoi vantaggi, non vuole certo fare concessioni per puro desiderio di distensione, nonostante la politica economica aggressiva non stia poi portando grandi frutti agli States.

Ma la Cina, intanto, fa la conta dei danni derivanti dalle iniziative della Casa Bianca: Amazon Giappone ha fatto sapere che metterà fine alle vendite dei prodotti a marchio Huawei. E non è certo un ‘effetto collaterale’ sul quale la Cina sorvolerà, farà parte delle carte che si giocheranno sul tavolo delle trattative con gli Usa.