MEF. 5 MILIARDI PER EVITARE IL SEMAFORO ROSSO UE, MA BASTERANNO?

 

Non è detto che bastino a fare cessare le ostilità tra Roma e Bruxelles.

Per ‘scansare’ la procedura d’infrazione il titolare del Mef, Giovanni Tria, sta mettendo in campo ogni strategia utile a persuadere la Commissione Europea che l’Italia ha i conti in regola, può farcela a saltare il fosso, e riprendere le redini di una crescita più affine ai suoi ‘solidi’ fondamentali economici.

Ma questa volta a Bruxelles la partita è più complicata, gli interlocutori sono più diffidenti e non ci si dovrebbe stupire se hanno esatto garanzie veramente convincenti: c’è tutta la compagine dell’Unione, leader dei singoli Stati membri compresi, che ci osservano con lenti poco indulgenti.

E’ il tempo della concretezza dei numeri, e proprio con l’intento di presentare un quadro di prospettive relative al corrente anno e ai prossimi successivi, il Mef ha cercato in lungo e in largo tra le risorse dell’azienda Italia, al fine di riportare indietro di qualche decimale il deficit contestato (nonché debito) dalla Commissione europea.

Non si tratta di strategie da illusionista, ma il Mef ha cercato di ‘rastrellare’ miliardi ovunque fosse possibile attingere, ne occorrono almeno 5 per riportare la bussola del deficit ad un livello che risulti accettabile per le Autorità di Bruxelles. E’ necessario essere ineccepibili, la procedura d’infrazione è quello spettro che segue ogni passo del Paese, un’ombra incombente che deve essere quanto prima esorcizzata.  ‘Da lassù’ ci ricordano che la procedura ‘è giustificata’.

Bruxelles ha lasciato la porta aperta, c’è disponibilità al dialogo e alla trattativa, ma ogni tanto il Commissario agli Affari Economici e Monetari della Commissione, Pierre Moscovici, e il vice presidente, Valdis Dombrovskis, precisano tuttavia che i margini sono più ridotti: insomma non s’intende perdere tempo in buoni propositi.

Se si ragionasse secondo la logica delle regole e dei numeri, come il Trattato di Maastricht vorrebbe facessero i Governi degli Stati membri, si comprenderebbe che l’italia può solo accettare le strigliate, senza eccessive proteste, dato che il debito pubblico supera di gran lunga quello imposto dai Trattati (limite del 60% del Pil), in quanto risulta essere più del doppio di quello consentito, oltre il 132% del Pil.

Si dimentica poi che la stessa Costituzione italiana sancisce l’’obbligo’ di tenere i conti in ordine, proprio con l’Art. 81, che afferma:

“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali..”

Quanto a debito pubblico siamo proprio i più trasgressivi, peggio di noi solo la Grecia, dunque non sono giustificati gli strali continui contro le Autorità dell’Ue, che hanno solo il sacrosanto diritto d’imporre il rispetto dei Trattati..

A Bruxelles, secondo le notizie delle ultime ore, non si accontenterebbero neppure dei 5 miliardi resi disponibili dal Mef per riportare il deficit a 2,1. Ne occorrerebbero almeno altri 3.. Da qui il ricorso alla Cassa Depositi e Prestiti, che dovrebbe fornire, in misura eccezionale, un miliardo circa di cedola extra (oltre al miliardo e mezzo già incassato), in quanto il Mef è socio di maggioranza di Cdp (con l’88,77%). Misure eccezionali, appunto, quasi da emergenza, perché questa procedura non è la norma (pur se legittima) secondo il Consiglio di Amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti.

Il ministro Tria ha in programma di ridurre il deficit di circa 10 miliardi nel corso del biennio. A subirne le conseguenze anche le imprese, ad essere bloccati saranno i 480 milioni dedicati dal Mef alla ‘competitività e sviluppo delle imprese’. Si tratta di incentivi destinati al sostegno tramite il sistema della fiscalità. A questi si sommano, nello stesso ambito, circa 150 milioni provenienti dal Ministero dello Sviluppo economico. Altre risorse saranno recuperate, per le stesse finalità, ossia la riduzione del deficit, da altri Ministeri, tra i quali la Difesa, Istruzione, Esteri (e non solo).

In questa ‘spasmodica’ ricerca di miliardi, dai tagli non si salva praticamente nessun Ministero, è uno sforzo sinergico del Governo volto a scongiurare la mannaia di Bruxelles, a tutti i costi è necessario evitare che il deficit salga quest’anno al 2,4%, e per riportarlo al 2,1% non è propriamente uno scherzo di questi tempi. Dietro ogni decimale ci sono, da parte dello Stato, sforzi non di poco conto, perché ogni decimale ‘funziona’ a suon di miliardi.

Bisogna anche dire che l’Italia non è tra i paesi meno virtuosi in termini di superamento della soglia del deficit, ha superato il 3% solo nel 2006. E tuttavia nel 2012 è stato rivisto il Patto di Stabilità e Crescita, il quale chiede agli Stati membri di portare il rapporto deficit/Pil il più vicino possibile allo 0, il che significa perseguire una politica economica che consenta il pareggio di bilancio.

Il premier Giuseppe Conte è a Bruxelles per rassicurare l’Ue e certificare che il deficit non sarà del 2,5% come previsto dalla Commissione, ma sarà ridotto al 2,1%. Ebbene non basta, dicono senza mezzi termini le Autorità che si occupano della ‘questione’ italiana.

Permangono delle divergenze tra il Governo e le Istituzioni europee, scrive l’Ansa nelle ultime ore. Moscovici dichiara che la Commissione prenderà in considerazione le affermazioni e rassicurazioni di Conte, “ma non si accettano commenti arbitrari sulle regole, si discute in base alle regole, che sono intelligenti e favoriscono la crescita”.

Tutto il lavoro di recupero risorse da parte del Mef, non incontra del tutto la soddisfazione degli interlocutori a Bruxelles,  sembravano sufficienti  4 miliardi di tagli strutturali (ma non c’è proprio certezza su questo punto, potrebbero essere anche 5), ossia 3 miliardi di maggiori entrate e 2 di tagli alla spesa, per riportare indietro il deficit fino al 2,1%.

Come già accennato, i miliardi recuperati non basterebbero, e per non indispettire i rappresentanti della Commissione ecco spiegata la ragione per cui il dipartimento al Tesoro del Mef è ricorso al nuovo maxi dividendo di Cassa Depositi e Prestiti, che si è conformata all’esigenza del momento, ma non ritiene la richiesta propriamente ‘canonica’.

Dietro tutto questo tumulto c’è sempre la voce fuori dal coro, il ribelle ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che in un’intervista al Corriere insiste sull’esigenza di portare giù le tasse di almeno 10 miliardi. “Altrimenti lascio il Governo”, minaccia. Un ultimatum, che in queste ore, per la verità, quando il ministro  Tria e il premier Conte stanno facendo il diavolo a quattro per salvare il Paese dalle ire di Bruxelles, non sarebbe un incentivo per superare le ostilità.

Mentre l’Istat prospetta l’ipotesi di un calo del Pil nel secondo semestre, stime che non vanno a favore dell’ottimismo.

Dei 5 miliardi resisi necessari,  3 miliardi dovrebbero arrivare dalle maggiori entrate fiscali, in virtù della fatturazione elettronica, andata a regime a gennaio di quest’anno, che dovrebbe contenere peraltro l’evasione. Una parte dai dividendi versati allo Stato da Bankitalia, e società pubbliche (come  Cdp).

Ci sono ancora 2 miliardi di tagli ‘congelati’ dal 2018 nella Legge di Bilancio, ai quali si è spesso riferito il ministro Tria (si è già fatto menzione di queste risorse), tenuti da parte per eventuali emergenze, e finora ancora disponibili. Sono risorse che costerebbero lacrime e sangue, per dirla con un luogo comune, in quanto sottratti a settori che invece avrebbero necessità di sostegno, ma in questo momento si deve ‘tacere’ per il bene della Nazione.

C’è da precisare che si tratta di risorse che saranno incassate a breve, il problema è che Bruxelles esige dati certi, non si fida più di quelli presunti. Al momento Giovanni Tria esclude ancora una volta il ricorso alla patrimoniale.

Il cosiddetto ‘tesoretto’ di circa 5 miliardi potrebbe quindi non convincere del tutto l’Unione europea, in attesa, come scrive il ‘Sole 24 Ore’,  “che sia tradotto in atto d’intervento vero e proprio, l’intento d’impiegare anche ‘i risparmi’ legati al minore utilizzo dei fondi su Reddito di Cittadinanza e Quota 100, sempre al fine di limitare il disavanzo relativo al corrente anno, e portarlo al 2-2,1% del Pil”.