LA SARDEGNA E’ UNA MERAVIGLIA, SALVIAMO LE SUE COSTE

DI VIRGINIA MURRU

 

L’iter di approvazione del Piano Paesaggistico regionale in Sardegna non ha mai percorso strade semplici  da superare, a volte è stato un tracciato irto di ostacoli, con autentici ‘massi’ che ne hanno bloccato il transito. Soprattutto quando si è trattato di approvare un Piano  che ha inteso imporre vincoli precisi allo sviluppo edilizio scellerato nelle coste, il cui ecosistema e assetto ambientale ha richiesto interventi che ne preservassero l’equilibrio, evitando la moltiplicazione di cubature edilizie anche oltre i 300 metri dalla battigia.

L’iter più tormentato del Ppr in Sardegna allunga le sue ombre negli anni della Giunta presieduta dall’imprenditore Renato Soru (2004/08), personaggio piuttosto noto perché fondatore di Tiscali.

Ora ad amministrare la Regione Sardegna c’è una giunta di destra, guidata da un esponente della Lega, Christian Solinas, che già in campagna elettorale aveva reso noto il suo programma, nel quale era stato inserito un elemento chiave concernente lo svincolo dei limiti stabiliti sull’edilizia nelle coste dell’isola. In attuazione degli obiettivi programmatici, il 23 dicembre scorso è stato approvato dalla Giunta Solinas un disegno di legge che mira a demolire gli attuali vincoli finalizzati alla tutela delle bellezze paesaggistiche e l’equilibrio ambientale.

Si vuole quindi aprire una ‘breccia’ per altre disposizioni, attraverso concessioni più ampie, al fine di favorire e sbloccare il settore edilizio. Secondo il Presidente Solinas “saranno consentiti miglioramenti ed ampliamenti volumetrici del patrimonio esistente; sulle strutture ricettive ubicate in zone urbanistiche saranno consentiti aumenti di volume anche entro i 300 metri dalla battigia”.

Il disegno di legge che dovrebbe approdare in Consiglio regionale, è così titolato:

“Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente e di materia di governo del territorio”.

Ed è  battaglia, una guerra dichiarata già all’indomani dell’approvazione della Giunta del cosiddetto ‘nuovo Piano Casa’, avvenuto, come già accennato, lo scorso dicembre. Ecologisti, associazioni ambientaliste, ma soprattutto le opposizioni in Consiglio regionale, promettono di ostacolare il provvedimento dell’esecutivo regionale con tutti i mezzi possibili.

Lo sdegno è andato oltre l’isola, e ha superato anche i confini della penisola, perché la Sardegna con le sue meraviglie è amata ovunque nel mondo. Chi si è avvicinato a questa terra ne è rimasto certamente affascinato, proprio per le atmosfere che sanno evocare le coste con i litorali liberi dall’assedio del cemento, che ne avrebbe altrimenti deturpato il delicato equilibrio.

Secondo esperti di diritto, in questo ambito non dovrebbe neppure essere possibile l’attuazione del Piano Casa, dato che il disegno di legge volto a riscrivere le norme di tutela dell’ambiente, approvate durante l’amministrazione Soru, non risulta ‘praticabile’. Il fatto è che “i piani paesaggistici regionali sono uno strumento di attuazione di una Legge dello Stato, il cosiddetto Codice Urbani, il quale è poi uno strumento di attuazione dell’articolo 9 della Carta Costituzionale.”

Lo spiega in un’intervista concessa a Il Manifesto il prof. Salvatore Settis, presidente dal 2007 al 2009 del Consiglio superiore dei Beni culturali. Egli parte da lontano circa gli interventi dello Stato volti alla tutela del paesaggio. Il primo organico risale al 1985 – afferma il prof. Settis – quando fu approvata la legge Galasso, con la quale gran parte del territorio nazionale veniva sottoposta a ‘vincolo paesistico’, ma non vi furono sostanziali cambiamenti”.

L’altro intervento, diretto ad attuale l’art. 9 della Carta costituzionale – afferma  Settis – si verificò nel 2004. Fu nel corso della XIV legislatura, l’allora ministro per i Beni Culturali, Giuliano Urbani, elaborò il ‘Codice dei Beni culturali e del paesaggio’, mediante decreto legislativo approvato dall’esecutivo, il quale fissava norme di tutela e valorizzazione, in un contesto di collaborazione tra il potere centrale e le autonomie locali. Ma nemmeno in quella circostanza vi fu piena aderenza e applicazione delle norme. Intanto solo 4 regioni aderirono, seguendo le indicazioni del Codice Urbani, e furono la Toscana, la Puglia, il Piemonte e la Sardegna.

Proprio quest’ultima, nel 2004, in ottemperanza a queste norme, mentre alla guida della Regione c’era una Giunta di sinistra con Renato Soru presidente, si dotò di un Piano paesaggistico regionale che divenne un autentico modello anche per alcuni paesi esteri. I tempi non furono lunghi perché il provvedimento fu attuato tra il 2004-2006.

Ora con l’attuale Giunta questo modello di Piano paesaggistico viene messo in discussione, ma è praticamente un obbligo mantenerne l’integrità, valore che non è solo dei sardi, ma di tutta la nazione. Questi Piani regionali sono uno strumento di attuazione di una legge dello Stato: il Codice Urbani.

Il prof. Settis sottolinea che si tratta di presupposti legislativi i cui fondamenti giuridico-istituzionali non prevedono interventi che escludano le norme di tutela concordate dalle Regioni con lo Stato, pertanto non è praticabile la loro ‘demolizione’ per sostituirla con altre norme.

Non sarà semplice rimuovere questi capisaldi, e non avrà un percorso facile il cosiddetto nuovo Piano Case che intende realizzare la Giunta Solinas in Sardegna. C’è un fronte ostico, con i suoi schieramenti, e sono gli ambientalisti piuttosto agguerriti, ma c’è anche la gente comune, i sardi, che non vogliono insidie all’immenso patrimonio paesaggistico e naturalistico che tutto il mondo riconosce.

E infine ‘last but not least’, direbbero gli inglesi, c’è lo Stato, il quale, nonostante la Sardegna sia una Regione a Statuto Speciale, non permetterà variazioni di questa portata quando i vincoli prima di tutto sono con le leggi emanate dal potere centrale, in quanto non può un Ente locale approvare norme in contrasto.

Il presidente Solinas tuttavia difende il provvedimento della Giunta, e afferma al riguardo:

 

“Con questo testo pensiamo di restituire ai Sardi un sistema di regole certe e uguali per tutti. Sarà così possibile migliorare il sistema edilizio, in una logica di rispetto dell’ambiente. Allo stesso tempo l’obiettivo è anche quello di mantenere gli impegni presi con gli elettori, con il programma  presentato un anno fa. Con l’iniziativa tuteliamo anche i legittimi interessi dei cittadini, dando impulso ad un settore di vitale importanza per l’isola, quello edilizio appunto, che ha perso 30 mila addetti in una decina d’anni.”

 

Gli fa eco l’Assessore all’Urbanistica, Quirico Sanna: “Il provvedimento sarà utile alle famiglie e agli imprenditori sardi, dato che sono state previste ‘premialità’ volumetriche e l’impiego di tecniche costruttive che permetteranno, qualora si tratti di demolizioni o ristrutturazioni, il recupero e reimpiego di componenti costituenti la struttura, uso di materiali locali e fonti di energia rinnovabili. Si mira al recupero di edifici esistenti ubicati in aree ritenute ad alta pericolosità idraulica. In tal modo si potrà coniugare l’esigenza di tutela e la valorizzazione delle caratteristiche paesaggistiche e naturalistiche, culturali e storiche del territorio, in sinergia con i criteri di sviluppo sostenibile.”

 

Sono giustificazioni che non convincono, l’avere fatto quadrato intorno al provvedimento, per difenderne l’opportunità, ha persuaso solo coloro che hanno interessi diretti nel settore, non la gente dell’isola che ha a cuore la difesa dell’ambiente, e che è consapevole dei danni che simili scellerate iniziative potrebbero arrecare al settore turistico. Altro che incentivare le presenze con maggiori ampiezze volumetriche con strutture che offrono spettacolari viste sullo splendido mare  dell’isola..

 

Il settore turistico è trainante in Sardegna proprio perché i viaggiatori sono attratti dagli spettacoli naturali che anche nel terzo millennio l’isola può ancora offrire. Il territorio, sia pure dopo innumerevoli conflitti, spesso a suon di vertenze e sentenze dei Tar, vigilanza e battaglie da parte delle Associazioni ambientaliste e semplici cittadini interessati semplicemente alla tutela dell’ambiente, è stato preservato. Ovunque la Sardegna offre autentici spettacoli paesaggistici e naturalistici che difficilmente si possono trovare altrove nel Mediterraneo. Questa è la ragione per la quale il turismo è in grado di trainare tutte le attività ad esso connesso.

 

La sola ragione che porta i turisti a dimenticare i disagi e i costi dovuti ai mezzi di collegamento – sia se provenienti dalla penisola che dall’estero – è perché poi si è premiati con visioni che incantano. La vacanza diventa rapporto diretto e stretto con una natura integra, in molte aree quasi selvaggia, questo è il senso della pace e del relax a lungo cercatati.

 

Se assaltando le coste con colate di cemento ci conformassimo e omologassimo al ‘regime’ urbanistico in vigore in altre località considerate di pregio ambientale, cesserebbe l’attenzione del turista nei confronti dell’isola, perderebbe il suo fascino, e ci scorderemmo tutti i riconoscimenti delle Associazioni ambientaliste, le innumerevoli ‘bandierine blu’, che sono poi le stelle attribuite alla qualità delle coste e alla limpidezza del mare.

Con questi intenti, e magari successive ‘deroghe’ in barba all’assetto naturalistico del territorio, il degrado delle coste è servito, ma anche l’interesse del mondo verso questa meravigliosa isola, che abbiamo il dovere di consegnare ai nostri figli integra sul piano naturalistico, così come ce l’hanno lasciata in dote le precedenti generazioni.

 

Il nuovo ‘indirizzo’ urbanistico che intende seguire la giunta regionale della Sardegna, rischia fortemente di agevolare la speculazione edilizia, si permetterà, per esempio, la costruzione di fabbricati per fini residenziali in aree agricole adiacenti le coste, anche ai non addetti al settore, ai non imprenditori agricoli o coltivatori diretti.

 

E così possedere anche una piccola proprietà a destinazione agricola, potrebbe favorire la costruzione di immobili e il consumo del suolo, addebitandone alla collettività le spese per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, ma soprattutto sconvolgendo la pianificazione urbanistica esistente. A preoccupare sarebbero le grandi strutture ricettive, il loro ampliamento e dunque gli sviluppi volumetrici, con incentivazione di cubature, che congestionerebbe per ovvie ragioni la costa e gli accessi al mare, fino alla linea più prossima ai litorali anche nelle aree di pertinenza agricola. Non è una minaccia di poco conto, e non deve stupire l’allarme che un simile provvedimento ha provocato.

 

Le disposizioni sul Piano casa, prima che ottengano l’approvazione del Consiglio Regionale rischiano d’essere dichiarati incostituzionali. Il dibattito si è già allungato in parlamento, con un’interrogazione del deputato  pentastellato Mario Perantoni, il quale in un suo intervento al riguardo, afferma:

“in Sardegna c’è una Giunta di centro destra guidata dalla Lega, la quale ha fino ad ora dimostrato di non avere una visione innovativa di sviluppo. Ora si vorrebbe introdurre una modifica della Legge urbanistica, che prevede ampie concessioni anche all’interno della fascia costiera dei 300 metri dalla battigia, in deroga ai vincoli di inedificabilità di queste aree sotto tutela.”

Sul piede di guerra ci sono anche gli ecologisti del Gruppo d’intervento giuridico (Grig), che ha promosso la petizione popolare delle ’10 mila firme’ per bloccare il provvedimento della Giunta Solinas, volta alla salvaguardia delle coste dell’isola, rivolta al Ministero per i Beni e Attività Culturali, al Governatore stesso e al presidente del Consiglio regionale sardo, affinché non si sfiorino i vincoli di inedificabilità al di là dei 300 metri dalla linea di costa. Tante le firme di personalità di spicco, non solo in Italia: l’interesse su questi interventi nel settore urbanistico rivolto alle coste, è rilevante anche all’estero.

Dichiara il Grig: “Con la crisi economico-sociale che riguarda l’isola, e le emergenze  in ambito occupazionale, con un dissesto idrogeologico che mette a rischio tante zone della Sardegna, con calamità al seguito, e un contesto nel settore trasporti da terzo mondo, i politici che guidano l’amministrazione dell’isola sanno dare solo queste risposte, che poi sono le stesse da decenni, ossia favorire le opere che incrementano il livello di cemento nelle coste, giustificando il provvedimento come mezzo di stimolo per l’aumento dei flussi turistici.”

Secondo il responsabile del Grig, Stefano Diliperi, si tratta semplicemente di un programma politico ottuso e autolesionista. Bisogna prendere atto che si va ad insidiare la fascia più privilegiata, ossia le coste, favorendo la speculazione immobiliare. Il disegno di legge sul Piano Casa, approvato alla fine dello scorso anno, è soprattutto ‘misterioso’, non si conosce ancora e non è stato presentato al Consiglio regionale.

Gli ecologisti e tutti coloro che avversano il provvedimento, ritengono che sia una follia,  gli effetti in futuro potrebbero essere veramente deleteri, proprio per un certo tipo di turismo, quello che sceglie, nonostante le traversie per raggiungerla, questa meravigliosa isola.

E poi ci sono coloro che ritengono un limite allo sviluppo gli attuali vincoli, che hanno votato la destra nell’isola anche per vedere realizzata questa linea di cambiamenti. Per loro la Sardegna è la regione più tempestata di vincoli in Italia, ‘un’autentica riserva indiana’, ed è quindi il momento propizio per cambiare.

Quando l’ex presidente Renato Soru, nel 2006, con delibera n° 36/7 del 5/09/2006, decise l’adozione del Ppr, che fu poi approvato più avanti dal Consiglio Regionale, ebbe un’ampia cerchia  di approvazione e assenso, anche all’estero, dato che Spagna e Croazia, per esempio, adottarono il Ppr come modello per la tutela del territorio e veicolo di sviluppo turistico ed economico.

Soru fu anche nominato dall’Onu “Ambasciatore della costa”, per via dell’impegno nella difesa delle aree costiere. E tuttavia sappiamo che il Ppr non ebbe vita facile. Perfino il Governo Berlusconi fece ricorso, e all’epoca lo ostacolò, e non poco, anche se poi Soru non è personaggio arrendevole, e riuscì a suon di sentenze del Tar a farlo approvare, respingendo anche i tentativi di referendum indetti proprio con lo scopo di fermare la Legge n° 8 del 2004. Insomma, una traversia dietro l’altra.

I primi interventi di tutela risalgono al 1976, con legge regionale n° 10/1976, che ha sancito il vincolo di inedificabilità in una fascia costiera di 150 metri dal mare, norma che mirava alla tutela delle coste, a preservarle dal dissennato tentativo di trasformazione immobiliare. Dal ’93 il vincolo difende una fascia di 300 metri dalla battigia, sempre con legge regionale n° 23/1993.

Il Ppr approvato dalla Giunta Soru ha meglio definito i limiti e disciplinato il contesto di salvaguardia delle coste, confermando i criteri d’inedificabilità sui 300 metri dalla battigia marina (tramite gli art. 19-20 delle Norme di attuazione del Ppr), interventi riconosciuti dalla giurisprudenza che fa riferimento alla Costituzione.

E da qui non sarà semplice ripartire e cambiare rotta di marcia, quando c’è un ostacolo che si chiama, appunto, Costituzione.