DI NELLO BALZANO
Dopo appena due giorni dal licenziamento della dipendente della filiale di Corsico (MI) della multinazionale svedese IKEA, anche nella sede di Bari si è deciso di attuare lo stesso drastico provvedimento per un altro lavoratore.
Non si parla di precari, ma in entrambi i casi di persone assunte da diversi anni, ai quali non era applicato il Jobs Act, ma la precedente modalità di assunzione a tempo indeterminato, quindi con la tutela dell’articolo 18, seppur completamente modificato dalla ministro Fornero, per favorire le aziende nei licenziamenti individuali, le motivazioni applicate riguardano gli orari di turno per la prima ed una pausa prolungata di 5 minuti per il dipendente pugliese.
Il rapporto di lavoro termina quindi perché con il loro atteggiamento si alterano le disposizioni dettate da un algoritmo che decide le presenze in quantità ed orari, sulla base di statistiche di vendita, insomma non ci sono tabelle prestabilite, non si cerca di andare incontro alle legittime esigenze dei lavoratori, come nel caso della dipendente di Corsico, tutelata dalla legge 104 per assistere uno dei due figli, bisogna attenersi ai rigidi calcoli del computer, anche nei tempi per andare in bagno.
Ma un altro aspetto dovrebbe far riflettere, riguarda la responsabilità di questi provvedimenti, queste aziende hanno decine di migliaia di lavoratori in Europa e ne l mondo, in Italia si superano i 1500, logica vorrebbe che ci dovrebbe essere un unico ufficio in ogni nazione per la gestione dei rapporti con il personale, come tutte le imprese di queste dimensioni sul territorio, non dovrebbe essere demandata la responsabilità al direttore di zona locale, perché potrebbe essere viziata da pregiudizi o da eccessi di zelo, queste decisioni dovrebbero essere ben ponderate sulla base degli elementi di ambo le parti, capo filiale e dipendente della sede locale, si dovrebbe aprire inoltre un confronto con il sindacato, prima di prendere decisioni così drastiche.
Niente di tutto questo, la direzione scandinava, dopo le legittime proteste dei lavoratori e dei clienti indignati, fa finta di cadere dalle nuvole e si comunica ai media un’analisi più approfondita dei casi, il paradosso potrebbe essere un gesto di clemenza utile come spot pubblicitario, insomma un’assenza di regole chiare, che dovrebbero essere disciplinate anche da leggi ad hoc, un contesto che favorisce una parte sola, ovviamente la più forte, la politica ha le sue responsabilità anche di questo far west, dove le imprese che arrivano da altri Paesi pensano di agire in completa libertà, mentre a casa loro non se lo potrebbero permettere, un atteggiamento che stride proprio perché IKEA è nata in Svezia, dove la tutela delle esigenze familiari, sono armonizzate con il mondo del lavoro, anche grazie ad un welfare quasi perfetto.
Un altro mito che crolla.