EMBRACO CONFERMA 497 LICENZIAMENTI

DI PIERLUIGI PENNATI

Tanto tuonò che piovve: Embraco, la società di Whirpool che produce motori per frigoriferi, non cambia direzione e licenzia 497 dipendenti a Riva di Chieri, mettendo in ginocchio l’economia dell’intera cittadina e creando un altro problema sociale per il Governo.

A nulla sono valsi gli incontri con i sindacatati e le pressioni dei ministri del Lavoro, Giuliano Poletti, e dello Sviluppo, Carlo Calenda, sull’impresa per presentare almeno un piano di reindustrializzazione che permettesse di attivare qualche mese di cassa integrazione per gli operai, misura anche questa comunque insufficiente, se le imprese se ne vanno e la colpa è dello stesso governo che le esorta a restare.

Come in una sorta di realtà schizofrenica i governi degli ultimi anni hanno lavorato per rendere più facile licenziare invece che sostenere i consumi, con il risultato che il precariato si è diffuso e l’economia ridotta, facendo si che le esortazioni dei rappresentanti di governo verso imprese, che altro non fanno se non utilizzare gli strumenti messi a disposizione dalle leggi da essi voluta, hanno più il sapore delle lacrime di coccodrillo che di reali interventi.

Dopo l’ennesima conferma dei licenziamenti arrivata a seguito dell’incontro tra sindacati ed azienda il ministro Calenda afferma furioso: “Considero l’atteggiamento di Embraco irresponsabile, inaccettabile e contrario agli impegni assunti nel corso di vari incontri al Ministero. Ho riconvocato urgentemente l’azienda e mi aspetto che tenga fede agli impegni assunti”.

Dal canto loro CGIL e UIL se la prendono con il governo che non è stato in grado di aprire un tavolo costruttivo: “Di nuovo oggi non abbiamo avuto davanti un interlocutore, – dicono dopo la riunione – Il Governo deve avere un ruolo più incisivo e chiamare al tavolo chi decide, cioè i vertici della Whirpool.”

Ma i vertici della Whirpool sembra abbiano già deciso inderogabilmente: “Oggi ci hanno confermato il fatto che tra 56 giorni scade la procedura – dicono ancora i sindacati – e ci troveremo di fronte a un massacro sociale”, così il corteo formato a Torino per lo sciopero dei dipendenti si è spostato da piazza Castello fino in via Fanti, sede del tavolo di confronto concluso con un nulla di fatto, e se nulla accadrà in questi due mesi partiranno le lettere di licenziamento.

Si potrebbe affermare ancora una volta che questa situazione è il prodotto di politiche miopi che vedono il lavoratore non più come persona da rispettare e tutelare, ma solo come “risorsa” economica da sfruttare al massimo nelle imprese fino a quando non serve più e si getta via impunemente, ma sarebbe inutile ribadirlo, dato che è l’ovvio amarissimo frutto della totale cecità dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni che, dimenticandosi dei principi costituzionali di tutela del lavoro, rincorrono un’economia globale fatta di numeri virtuali e senza la minima sensibilità reale o rispetto per la persona umana, comprimendo in questo modo sempre più i diritti e la dignità dei lavoratori.

Serve un rapido e deciso cambio di rotta dei governi e non richieste alle aziende di restare in un paese nel quale le persone ormai non contano più nulla: le imprese non hanno un’anima se non quella dei loro dirigenti, ormai tutti stranieri o residenti in paesi così lontani dal nostro cuore che sono insensibili a qualsiasi stimolo.

Dirigenti probabilmente capaci di commuoversi per un cucciolo maltrattato, ma totalmente estranei a sentimenti nei confronti dei propri simili, una società che nemmeno gli animali sarebbero capaci di immaginare.