PER I LAVORATORI GIUSTIZIA E’ FATTA

DI NELLO BALZANO

Più volte su questa testata si è evidenziato il paradosso di una modifica dell’art. 92 del Codice di procedura civile, nel mese di settembre del 2014 il ministro della giustizia Orlando con un decreto aveva abolito la possibilità della compensazione delle spese, qualora un dipendente subisse una sentenza negativa davanti al giudice del lavoro.
In breve per il governo dell’epoca presieduto da Matteo Renzi, dopo aver cancellato diritti per i lavoratori con il Jobs Act, ad esempio l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori del 1970, con il decreto in questione indeboliva ulteriormente la possibilità del lavoratore colpito da un licenziamento, a suo vedere, illegittimo, se non riconosciuto subiva la condanna del pagamento obbligatorio delle spese legali sostenute dal datore di lavoro.
Prima di quel momento il giudice poteva disporre a sua discrezionalità, seguendo un principio di equità tra le parti, ovvero riconoscere alla parte più debole di verificare la legittimità di un provvedimento, senza per questo subirne ulteriori salassi economici in caso di sconfitta ovvero ognuno si pagava le proprie spese.
Non è un caso infatti se dall’entrata in vigore del decreto del 12 settembre 2014 sono calati drasticamente i ricorsi dei lavoratori in tribunale, praticamente gli avvocati spesso convenzionati con le strutture sindacali dovevano studiare approfonditamente i ricorsi, avviando le pratiche in tribunale solo se ci fossero state possibilità di vittoria vicine al 100%.
Finalmente il 19 aprile scorso la Corte Costituzionale ha riconosciuto l’illegittimità di quel provvedimento, motivandolo semplicemente nel diritto di un lavoratore di intentare un ricorso senza necessariamente essere a conoscenza dei minimi particolari che giustificassero il provvedimento a suo sfavore.
Un atto di giustizia che dà la possibilità a tutti i lavoratori, quindi, anche di vedere riconosciute le indennità di licenziamento del Jobs Act nella sua interezza, senza subire l’ulteriore umiliazione di vedersi decurtare cifre considerevoli se si decidesse di non ricorrere, così come previsto dalla legge più controversa del governo Renzi.
Ristabilita quindi l’uguaglianza davanti alla legge, in questo caso, tra le parti in causa, ovvero la possibilità di poter usufruire di un fondamentale strumento previsto dalla nostra Costituzione, privilegiarsi del giudizio di un tribunale, senza incorrere in ulteriori pesanti penalizzazioni per la parte più debole, rispetto a chi ha notevoli capacità economiche.