1 MAGGIO 1947: PORTELLA DELLA GINESTRA, 2 GIUGNO 2018: SAN FERDINANDO DI VIBO VALENTIA

DI NELLO BALZANO

Due date simboliche, la prima, la festa del Lavoro ripristinata dopo la cancellazione nel periodo fascista, nella memoria storica del Paese per la strage di lavoratori, in prevalenza contadini e i loro congiunti, mogli e bambini, ad opera del bandito Salvatore Giuliano assoldato dai latifondisti siciliani che con quel gesto intendevano reprimere una  stagione di conquista di diritti che si stava finalmente aprendo.
2 giugno 2018 l’omicidio a freddo di un bracciante proveniente dal Mali, impegnato anche sindacalmente in  USB, che insieme a due suoi compagni di lavoro, uno ferito l’altro fortunatamente illeso cercavano lamiere per le loro baracche  all’interno di una fabbrica abbandonato in regime di pieno degrado.
A sparare ed uccidere Soumayla Sacko di 29 anni un ignoto, che sulla base di testimonianze dei sopravvissuti era giunto su una vecchia Panda bianca.
Non è un azzardo fare un parallelo, perché in questi due fatti c’è tutto il non realizzato dal 1947 ad oggi per quanto riguarda il lavoro nei campi in meridione.
La strage di Portella delle Ginestre con la dovuta risposta sindacale che sarebbe dovuta servire a distanza di 71 anni ad una conquista di un minimo di civiltà e rispetto dei diritti, ci racconta invece di un mondo ancora fermo in quel contesto, se non addirittura arretrato.
Persone, uomini e donne, in questi giorni descritti da un’alta carica dello Stato come privilegiati, che animati da una speranza di vita migliore piegano le loro schiene per 2 euro all’ora, vivono in baracche e diventano, come è successo il giorno del festeggiamento della ricorrenza della nascita della Repubblica, bersaglio di cecchini che non hanno nessuna giustificazione, non devono rispondere a nessun ordine di regole d’ingaggio, come in regime di guerra.
Di quelle stesse arance raccolte da questi schiavi e talvolta difese nel Parlamento europeo in nome di una difesa dell’italianità dall’autorità suddetta, cosi come i pomodori ed altri prodotti, poco sappiamo come arrivano sulle nostre tavole, se non per sentito dire, se non per qualche inchiesta che dura l’emozione e la commozione di un giorno.

Sacko era una di quelle schiene, di quelle mani, aveva trovato il coraggio di provare a difendere i diritti minimi di persone che meritano rispetto, non di vivere in baracche ed essere umiliati nella schiavitù, è morto per cercare di costruirsi un tetto migliore che non bruciasse nelle fiamme di frequenti incendi.
Dal 1947 ad oggi avremmo dovuto veder crescere la sensibilità di tutti noi nel veder migliorare condizioni assurde di lavoro, ci indignano le notizie e le immagini dei robot che “rubano” il lavoro e non reagiamo di fronte a realtà ferme ai primi del ‘900, soprattutto si consente che la Politica non dia adeguate risposte, anzi consideri le vittime, parte di un problema generale di immigrazione più o meno regolare.
A quanto pare nemmeno la legge sul caporalato del precedente Ministro Martina non sembra dare risultati sperati, resta a questo punto un’unica speranza: le autorità mettano in campo il massimo delle risorse disponibili per la cattura dell’assassino del 2 giugno e si applichi nei suoi confronti il massimo delle pene.