DIGNITÀ

DI NELLO BALZANO

Era l’estate del 1977 avevo 14 anni, era appena terminato il primo anno di scuola superiore, vivevo vicino ad una località turistica della riviera ligure, come tanti studenti figli di operai all’epoca scelsi di andare a lavorare in un piccolo albergo come cameriere di sala.
Un lavoro pesante soprattutto per gli orari distribuiti lungo tutta la giornata e la totale assenza di giornate di riposo.
Ho avuto il privilegio di conoscere Giuseppe, un cameriere professionista, che mi ha insegnato con pazienza subito nei primi giorni le operazioni da svolgere prima, durante e dopo il servizio, senza sottovalutare l’atteggiamento da tenere con i clienti. Tutto sembrava procedere bene, i giorni del periodo di prova previsti nell’unico contratto d’assunzione dell’epoca, quello a tempo indeterminato, passavano e cresceva la stima per colui che consideravo il mio capo, Giuseppe, per la pazienza e la cortesia tenute nei miei confronti e tutti gli altri colleghi.
Purtroppo nell’ultimo giorno la titolare mi comunicò che non poteva confermare l’assunzione definitiva, non era abbastanza soddisfatta del mio lavoro ed era già pronta una sostituzione con un altro ragazzo.
Giuseppe non comprese, cercò di spiegare alla titolare che, sulla base della sua esperienza, stavo procedendo bene, avevo acquisito autonomia nelle diverse mansioni, i clienti apprezzavano la presenza di un ragazzino così volenteroso e serio, ma niente da fare la decisione era presa.
Mi sorprese, però, il suo comportamento a quel punto: “se licenzia Nello, me ne vado anche io!”, la sfida fu raccolta e Giuseppe decise a quel punto di lasciarli all’inizio della stagione. Nonostante la mia giovane età rimasi profondamente colpito e gli chiesi una spiegazione, la sua risposta fu: “non ti preoccupare, posso permettermi di farlo, non avrei mai potuto accettare di continuare a lavorare in un ambiente così, che senza motivo spegne l’entusiasmo di un ragazzo al suo primo lavoro, in un prossimo futuro comprenderai l’importanza della solidarietà nel lavoro”.
E superfluo dire che da lì a breve trovò subito un altro posto, ma ciò che più mi sorprese, nonostante la stagione fosse iniziata, riuscì a farmi assumere in un altro albergo, nel quale conclusi la stagione.
La mia prima lezione di vita lavorativa che negli anni a seguire misi a frutto, sino ad apprezzare l’attività di rappresentante sindacale, tanti anni e tante altre dimostrazioni, nel grande valore della solidarietà, la consapevolezza che non esisteva legge, non esisteva datore di lavoro che potesse piegare l’unità nelle lotte, per qualsiasi vertenza in atto.
È vero negli ultimi anni le ferite inferte ai diritti dei lavoratori sono state tante e sempre più profonde, sino a stravolgere i rapporti umani, sino a spingere in tristi competizioni tra simili, tra ultimi.
Ora ben venga un decreto che cerca di ripristinare piccole storture, ma per piacere non diamogli nomi che nulla hanno a che vedere, la dignità non si dà per legge, la dignità è un valore intrinseco dentro ognuno di noi e merita sempre rispetto.
Siamo passati dai nomi degli estensori a definirle con titoli altisonanti, come se fosse qualcosa che deve rimanere scolpito nella pietra ad elevarne i suoi aspetti positivi, e dimentichiamo che fino al 2015 i lavoratori riconoscevano un’unica legge a tutela dei loro diritti: lo statuto dei lavoratori, che nei tribunali o negli accordi diventava semplicemente legge 300 del 20 maggio 1970, scritta da un ministro socialista, promulgata da un parlamento a maggioranza relativa democristiana, con l’astensione del partito comunista.
Già perché i provvedimenti importanti non avevano nome, non avevano colore, riguardavano tutti, più o meno consci che si poteva anche ingoiare un boccone amaro, ma sempre nella ricerca estrema di una sintesi nell’interesse di tutti.
La dignità è qualcosa di speciale è in tutti non esistono confini, la dignità è quel valore che spinge tante persone a cercare fortuna, a scappare dalle guerre consapevoli di affrontare percorsi con alte possibilità di morire, ma la conquista della libertà, che è l’unica condizione che ti fa riconoscere il possesso della dignità è più forte e cancella ogni paura, non esistono ostacoli persino nel portare con sé piccoli bambini inermi, convinti che se riusciranno nell’impresa il loro sarà un futuro certamente migliore.
Ecco un’altra lezione che dovremmo imparare tutti, altro che dividerci in buonisti o altro, ciò che ci stanno mostrando oggi era la nostra storia, seppur con meno ostacoli, meno difficoltà per la nostra incolumità, era quella forza che ci rendeva invincibili, oggi siamo i perdenti a applaudire per un qualcosa che esisteva in modo migliore e abbiamo permesso ad altri di cancellare senza colpo ferire, altro che decreto della dignità.