IL DANNO NON É SOLO IL JOBS ACT

DI NELLO BALZANO

L’indennizzo come descritto dall’art.3 all’interno della legge punta di diamante del governo Renzi (Jobs Act), calcolato sulla semplice anzianità moltiplicando gli anni di lavoro per 2 mensilità, che non doveva essere inferiore a 6 e superiore a 36, così come modificato dal “decreto dignità” rispetto al precedente minimo 4, massimo 24, è stato ritenuto incostituzionale dall’Alta Corte rispetto agli artt. 4 e 35.
Anche la norma della legge Orlando che aboliva la compensazione secondo la discrezionalità del giudice, obbligando al pagamento delle spese chi veniva condannato o si vedeva respinto il ricorso, era stata giudicata anticostituzionale, in quanto creava una forte disparità tra la parte debole, il lavoratore e la controparte rappresentata dal datore, quest’ultima senza dubbio avvantaggiata economicamente nel dover rifondere le spese in caso di condanna.
Questi due dispositivi erano quindi le motivazioni principali che stimolavano l’assunzione con quello che cinicamente chiamano: contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti; con pochi soldi ti potevi liberare di una risorsa, addirittura con lo sconto del 25%, se non si ricorreva al giudice visto che se una tale eventualità con la vecchia norma Orlando si sarebbe al 99% perso, quindi trovarsi costretti a risarcire un danno consistente.
Il problema che si crea adesso è la cancellazione del maggior stimolo, in quanto dopo la sentenza odierna si crea un vuoto normativo, dovuto all’incognita dell’indennizzo riconosciuto incostituzionale.
A questo punto quanto è stato utile abolire l’art.18 per i nuovi assunti?
Praticamente “0” (zero). L’art.18 rappresenta l’argine contro la superbia del datore, ma contemporaneamente un invito per quest’ultimo ad investire sulla crescita in termini qualitativi del lavoratore, insomma quel principio che aveva creato dal 1970 in poi una forza lavoro nel Paese altamente professionale, che grazie alle leggi sulla prevenzione infortuni ha visto fino al 2008 anche calare drasticamente gli incidenti sul lavoro.
Da quando si è pensato di risolvere i problemi occupazionali solo guardando alle necessità economiche delle imprese, creando quindi modalità di assunzioni precarie, tutto è peggiorato, siamo drasticamente crollati in termini di produzione e qualità, ma soprattutto sono aumentati gli infortuni mortali, tanto che ad oggi si è raggiuntavla drammatica cifra di 711 vittime ben superiori al decennio scorso, se si prende in considerazione il calo di 1,5 milioni di occupati rispetto al 2008.
RItornando quindi alla sentenza odierna, si può tranquillamente sostenere che dagli inizi degli anni 2000 ad oggi non si è stato in grado di agire coerentemente nel merito dell’innovazione tecnologica, ma soprattutto ad una competizione qualitativa che era il nostro forte, in breve si è tradita la Costituzione che all’art. 1 fonda la nostra Repubblica sul lavoro, non è quindi un caso se assistiamo a sentenze che hanno nelle intenzioni ribadire questo sacrosanto principio.