LA GIUSTIZIA PER CUCCHI SEMBRA ESSERE ANCORA LONTANA

DI PIERLUIGI PENNATI

Finalmente, dopo anni da lui definiti di silenzi e paure, Francesco Tedesco può parlare e dopo aver detto “Chiedo scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria, imputati al primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile” diventa un fiume in piena: accusa Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, con lui coimputati di omicidio preterintenzionale, affermando di essere stato praticamente l’unico in caserma quella notte a tentare di proteggere Stefano Cucchi mentre gli altri lo prestavano a morte e dopo nove anni di presunta omertà e depistaggi la verità sembra venire finalmente a galla.

Addirittura il generale dei Carabinieri Nistri scrive una lettera senza precedenti alla famiglia Cucchi dichiarando una enorme vicinanza ad essa ed affermando che l’Arma sarebbe persino pronta a costituirsi parte civile nel processo contro i suoi sottoposti, così vicina a loro da essere con loro stata profondamente danneggiata dai fatti.

Così, dopo anni di difficili indagini, all’approssimarsi di una verità scomoda i vertici che dovevano vigilare sugli imputati li lasciano soli a doversi difendere da un’accusa grave ed infamante, permettendo che la colpa della morte in una caserma dello Stato di una persona che tra quelle mura doveva essere al sicuro ricada per intero solo su due, massimo tre, pazzi Carabinieri che sarebbero gli unici responsabili materiali di una morte avvenuta per troppe percosse.

Quando e se la verità sarà certificata qualcuno sarà certamente riconosciuto responsabile materiale dei fatti, ma non può finire lì, la responsabilità di quanto accaduto non può essere di un gruppetto di scellerati: abbiamo in Italia un corpo militare che vanta da sempre di avere una grande e diffusa moralità integerrima e di essere per eccellenza al servizio dei cittadini, la migliore arma dello stato, la Fedelissima nei secoli che nulla scalfisce e nulla offusca e che di colpo si scopre vulnerabile come tutti e forse persino di più ed invece di ammettere gli errori per poterli correggere si difende accusando i propri sottoposti.

Se dei carabinieri in divisa ed al servizio dello stato nel pieno delle loro funzioni all’interno di una caserma si sono potuti comportare come hanno fatto, non si possono formulare accuse solo su di loro tentando di lavarsi la faccia come se fossero teppisti comuni che usciti per caso in strada per una bravata avessero sequestrato ed ucciso a botte il primo passante, ci si deve anche interrogare su come sia stato possibile per costoro agire quasi indisturbati in quel modo.

Al contrario, la costituzione di parte civile, indicata dal generale Nistri, è un segnale chiaro, non solo un atto di grande apparente solidarietà con la famiglia di Cucchi, ma una vera e propria richiesta formale di risarcimento in un processo penale che, come previsto dalla legge, chiede al giudice la riparazione di un danno subito a causa di un reato, trasformando la propria posizione in quello stesso procedimento da soggetto corresponsabile, in quanto datore di lavoro e mandante, a danneggiato, al pari dei familiari della persona deceduta.

In questo modo però non perde solo Stefano Cucchi e la sua famiglia, in questa vicenda è tutto lo stato e la collettività che perde qualcosa, facendo sentire noi cittadini ancora meno tutelati da quelle istituzioni che dovrebbero proteggerci e che sono invece pronte all’occorrenza a lavarsi mani, faccia e coscienza al solo scopo di salvare il salvabile, tentando addirittura di uscire a testa alta da una vicenda per la quale molti si dovrebbero vergognare.

Se l’Arma dei Carabinieri ha davvero la dignità che dice da sempre e propaganda nelle parate, i suoi vertici dovrebbero dimettersi per permettere una serena ammissione di colpe ed alla giustizia di fare il suo corso, questo è l’unico risarcimento che deve essere fornito, senza di esso ingiustizia sarà fatta ancora una volta e molti responsabili non saranno puniti.

I Carabinieri coinvolti forse non sono innocenti, ma nemmeno il sistema che gli ha consentito di fare quello che hanno fatto e persino inizialmente protetti lo è, se non estirpiamo tutto il male presente nelle istituzioni esso si ripresenterà ancora più forte, consapevole di averla già in precedenza fatta franca.

Giustizia non solo per Cucchi e la sua famiglia, ma anche per tutti noi che vogliamo sentirci protetti e tutelati dallo stato e non vogliamo doverlo un giorno temere, se così non sarà Stefano sarà solo un’altra persona morta invano.