L’INGOMBRANTE ASSENZA DEL PARTITO DEMOCRATICO

Se c’è una cosa che salta subito all’occhio in questa campagna referendaria è la quasi esclusiva presenza del Governo sulla scena del fronte del SI, nella quale il PD è il solo grande partito e sembra che tutti, ma proprio tutti, gli altri partiti e movimenti politici e d’opinione italiani siano schierati contro.

In questa limitata visione, non è un caso che il premier abbia definito accozzaglia chi si oppone, dato che mancando totalmente altre voci che confermino come questa riforma costituzionale sia veramente nella direzione del risparmio e della governabilità, il governo è solo contro tutti.

Non conosco altri nostri precedenti se non quello del 2006, quando l’allora premier Berlusconi promosse quasi da solo una riforma costituzionale dai contenuti curiosamente simili a quanto voteremo il 4 dicembre.

Anche la riforma Berlusconi prevedeva la riduzione del numero di deputati, da 630 a 518 e dei senatori da 315 a 252, per un totale di 770 contro i 730 proposti oggi.

Lo stesso Berlusconi dichiarava nei suoi comizi “Con questa nostra riforma noi abbiamo dato il vita ad una sola camera, le leggi dello stato non dovranno più passare da due camere ma saranno approvate soltanto da una camera”.

La fine del bicameralismo perfetto era quindi un altro punto forte ed il Presidente della Repubblica sarebbe divenuto “garante dell’unità federale della Repubblica, con aumento dei poteri del Primo Ministro”, il cosiddetto “Premierato”, che unito ad una clausola contro i cambi parlamentari di maggioranza ed obbligo di nuove consultazioni popolari in caso di caduta del governo avrebbe dato al paese quella governabilità che gli mancava da sempre.

L’autonomia di Roma e la clausola di supremazia, nella quale lo Stato avrebbe potuto sostituirsi alle Regioni, e la clausola di Interesse nazionale completavano il panorama.

Davanti a queste proposte referendarie Veltroni ai tempi dichiarava: “Il tentativo di Berlusconi di mettere in discussione la costituzione di revocarne in dubbio le radici fondamentali, il tentativo di trasformare la nostra democrazia in un potere sostanzialmente conferito nelle mani di uno solo come Berlusconi ha detto di voler fare, questo è estraneo alla logica alle tradizioni al senso di una grande democrazia come quella italiana”.

Dario Franceschini non era da meno: “Il presidente del consiglio ha in mente un paese dove il potere viene sempre di più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona, questo è contro la costituzione a cui lui ha giurato fedeltà” ed ancora “abbiamo un presidente del consiglio che disprezza i principi della nostra democrazia ed offende la costituzione, Berlusconi ha in mente una forma moderna di autoritarismo”.

Anna Finocchiaro si lasciava andare durante la grande manifestazione contro il referendum alla dichiarazione pubblica: “Siamo qui per difendere la costituzione, per difendere quel patto che nasce dalla resistenza e che io credo ancora oggi uno degli esempi più straordinari e moderni di costituzione nel mondo intero”

Nel mondo dello spettacolo Benigni sosteneva che la nostra Costituzione fosse la più bella del mondo e nei suoi spettacoli dichiarava: “La democrazia ed il fatto che sia pubblica è il primo comandamento, nessuno si può appropriare del bene pubblico, un politico od un partito che si fa una legge solo per sé la usa solo per se o per un gruppo una parte”. Citando i costituenti: “loro hanno detto: noi non vogliamo che si ripeta, Hitler è stato eletto dal popolo.

Allora hanno avuto un’idea che ci salva, salva le nostre vite e quelle dei nostri figli per la pace e la libertà”, “questo testo è scritto da persone sobrie da andare a rileggere quando si ubriacano”, e citando Ulisse che davanti alle sirene si fa legare pur essendo il comandante “noi siamo legati alla costituzione arrivano le sirene, questi che fanno la politica della paura, che vanno a toccare le nostre parti più rozze, che ci vogliono far tornare nel buio della storia indietro da questi principi che leggeremo e ci fanno macché libertà, vieni da me, te la do io, macché democrazia, lo vedi la libertà è tremenda, fanno una confusione, un casino, dammi il potere a me, ci vuole un uomo forte che rimetta a posto le cose, slegatemi!!”, “ma nessuno lo può slegare, La democrazia non è la sovranità del popolo che va in piazza con al violenza, la vera democrazia sono questi principi che il popolo si è dato quando era sobrio splendido e bello, si è incoronato imperatore di se stesso e siccome anche noi siamo sovrani questi principi sono il sovrano del sovrano, il re dei re”.

Dichiarazioni chiare, coerenti e condivisibili, lezioni di vita e di democrazia di fronte al tentativo di minare le fondamenta della nostra costituzione redatta nel 1948 alla fine di un’esperienza traumatica di governo che aveva messo in ginocchio l’Italia e che aveva seminato paura e discriminazione per un ventennio: il fascismo.

Fu allora che, nello scrivere il nostro attuale sistema costituzionale, i padri fondatori, seguendo non solo la linea dei diritti e del miglior governo, ma, certamente e soprattutto, l’istinto naturale di rifuggire il fascismo appena destituito ed impedire che potesse ritornare, scrissero una costituzione repubblicana nella quale la democrazia rendeva forse difficile il governo ma garantiva libertà, pace e giustizia.

Oggi, nell’osservare il governo di turno riproporre un testo già rifiutato nei principi prima dai padri fondatori e dopo da un primo referendum costituzionale, quello che stupisce di più non è il tentativo di limitazione della democrazia, ma il fatto che chi lo promuove è al tempo stesso il capo del Governo ed il Segretario di un partito che possiede un “Manifesto dei Valori” che all’articolo 3 cita testualmente: «La sicurezza dei diritti e delle libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella certezza che essa non è alla mercé della maggioranza del momento, e resta la fonte di legittimazione e di limitazione di tutti i poteri. Il Partito Democratico si impegna perciò a ristabilire la supremazia della Costituzione e a difenderne la stabilità, a metter fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a colpi di maggioranza, anche promuovendo le necessarie modifiche al procedimento di revisione costituzionale.

La Costituzione può e deve essere aggiornata, nel solco dell’esperienza delle grandi democrazie europee, con riforme condivise, coerenti con i principi e i valori della Carta del 1948, confermati a larga maggioranza dal referendum del 2006.»

Se una persona può cambiare idea, se un politico può rinnegare le promesse fatte in campagna elettorale tradendo i suoi elettori, un manifesto dei valori alla base dell’azione di un movimento politico non può essere strumentalizzato a piacimento, esso è, e deve rimanere, un punto fisso in tutta l’azione del partito pena l’esclusione di chi non lo condivide.

In questa campagna referendaria, quindi, quello che stupisce di più non è la presenza del Governo come unico attore ad esso favorevole, ma l’ingombrante assenza del Partito Democratico che fin dal principio di essa tace, senza prendere provvedimenti, di fronte alla palese violazione dei suoi principi costituenti, tanto più se ad infrangerli è addirittura il suo segretario, custode e garante.

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