VIETATO ANDARE IN BAGNO ALLA FIAT CHRYSLER

DI PIERLUIGI PENNATI
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La Sevel di Atessa è in provincia di Chieti, non in India o Cina, in Italia, dove democrazia e rispetto dei diritti umani sono scritti nella costituzione e sono una bandiera da sventolare con orgoglio ai quattro venti, eppure in un’azienda che dovrebbe essere “nostrana”, dato che fa parte del gruppo Fiat Chrysler nato proprio nella nostra nazione, un operaio è stato costretto ad orinarsi addosso per il divieto persino di andare in bagno.
Inutile dire che il diritto di andare in bagno non è scritto così nella legge, però la Cassazione lo aveva più volte sancito, anzi, la Cassazione ha persino autorizzato la “pausa caffè”, purchè durasse non più di cinque minuti.
Ma la legge italiana è una cosa meravigliosa, perché è “interpretata” e non applicata dai giudici, che piano, piano, possono stravolgerla.
Adesso l’azienda dirà che l’operaio doveva imporsi e che il fatto ha creato un danno di immagine per l’azienda, il che rompe il rapporto fiduciario con lo stesso, risultato: potrebbe essere licenziato.
Alla fine sarà colpa sua.
L’episodio, sembra cronaca di oltre un secolo fa, di quando si moriva nelle fabbriche ed i lavoratori erano quasi degli schiavi, invece il fatto è avvenuto in un moderno stabilimento, il  più grande d’Italia e tra i primi in Europa per dimensioni, ed è stato denunciato dal sindacato USB, ma anche le altre sigle sindacali hanno chiesto chiarimenti all’azienda coinvolgendo tutto il gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles).
La risposta aziendale arriverà dopo le verifiche, ma l’episodio è già stato confermato da alcuni colleghi presenti al fatto.
Dalle testimonianze, l’operaio avrebbe chiesto più volte di poter andare in bagno senza ottenerne il permesso ed alla fine non ha potuto trattenersi più facendosela addosso.
Il comunicato stampa diramato dal sindacato USB di Chieti dice che “inascoltato, non gli è rimasto che urinarsi dentro i pantaloni. L’episodio varca ogni limite della decenza. Un fatto gravissimo che lede la dignità del lavoratore vittima dell’episodio e quella di tutti i lavoratori in generale. Pretendiamo che situazioni simili non si ripetano mai più”.
Gli fa eco Rifondazione Comunista,  Marco Fars, segretario abruzzese, e Maurizio Acerbo, della segreteria nazionale fanno sapere: “Spremere i lavoratori fino al divieto, ripetuto e continuato, di poter andare in bagno, è un fatto di una gravità inaudita, da condannare senza mezzi termini. Da molti anni nel gruppo FCA si assiste all’incremento di ritmi e carichi di lavoro al limite del sostenibile. Troppo spesso gli aumenti di produttività sono stati salutati come un fatto positivo, senza chiedersi come fossero possibili, ogni anno, aumenti produttivi da record. Nei giorni scorsi la risposta è arrivata, di nuovo, dalla palese manifestazione delle condizioni che i lavoratori, loro malgrado, sono troppo spesso costretti a subire. L’arroganza aziendale si è spinta fino a costringere un lavoratore ad urinarsi addosso, dopo che per troppo tempo gli è stato vietato di recarsi in bagno. La produzione viene prima di tutto e perciò i lavoratori non possono permettersi nemmeno il “lusso” di espletare bisogni fisiologici normali per qualsiasi essere umano. Ai lavoratori, costretti a carichi e ritmi di lavoro insostenibili, non viene riconosciuta nemmeno la dignità umana”. I due esponenti politici chiamano in causa anche le recenti riforme del lavoro e le ristrutturazioni aziendali frutto della globalizzazione post-crisi: “La vicenda Sevel ci ricorda l’importanza e la necessità di riportare la democrazia reale dentro e fuori le fabbriche. Questo totalitarismo aziendale è il prodotto di anni di “riforme” del lavoro che hanno sottratto ai lavoratori diritti e tutele e accordi sindacali capestro accettati da sindacati “firma tutto”. Questi sono i risultati della cancellazione dell’art.18”.

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