ILVA: 3.300 IN CIGS E VENDITA ENTRO APRILE MA NON TUTTI SONO D’ACCORDO

DI PIERLUIGI PENNATI
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È stato sottoscritto ieri al MiSE tra ILVA e sindacati l’accordo per il futuro della società e dei suoi dipendenti, al posto della solidarietà, che sarebbe scaduta giovedì, entrerà in funzione la cassa integrazione straordinaria per 3.300 persone delle quali 3.240 a Taranto e 60 a Marghera, riducendo di 1684 persone la richiesta iniziale dell’azienda.
Il provvedimento coinvolgerà in media 2500 lavoratori a Taranto e 35 a Marghera attraverso il sistema della rotazione bisettimanale che ridurrà anche gli esuberi temporanei e di una settimana ogni sei di CIGS per gli 800 operai dei reparti fermi o chiusi dove i lavoratori saranno impegnati in corsi di riqualificazione e formazione.
Per effetto del Decreto Sud, appena convertito in legge e che stanzia 24 milioni di euro nel 2017, il passaggio dalla solidarietà alla CIGS non avrà effetti sui livelli di reddito portando gli assegni CIGS al 70% della retribuzione, oltre alla maturazione dei ratei ai fini della pensione. Nessuna integrazione è prevista a carico della Regione Puglia per il sostegno al reddito, mentre potrebbero essere stanziati fondi per la formazione.
La viceministro Teresa Bellanova si dichiara soddisfatta affermando che la trattativa è stata «complessa» e che sia stato un «risultato importante e per nulla scontato» aggiungendo che il Governo «continuerà a monitorare la situazione con incontri bimestrali dedicati che io stessa presiederò, come ho proposto alle parti».
Anche i sindacati che hanno firmato l’accordo sono soddisfatti: «Abbiamo trovato il modo per alleviare l‘impatto su tutti i lavoratori e in particolare su quelli che in questi anni hanno maggiormente pagato la crisi in prima persona, con la definizione di un sistema di rotazione certo ed esigibile, sostenuto dalla formazione professionale» è il commento della FIM-CISL che ritiene che il documento protegga il reddito dei lavoratori durante tutta la prossima fase di vendita ai privati e del necessario nuovo piano industriale.
Per la UILM-UIL «è necessario non perdere altro tempo per il rilancio dell’azienda e verificare le prospettive del più grande gruppo siderurgico italiano».
Ma non tutti i sindacati sono d’accordo, USB non ha firmato ritenendo che «Serve una grande mobilitazione dei lavoratori delle aziende in crisi.» e critica anche i contenuti sociali dell’intesa affermando che «Sebbene sia stata confermata l’integrazione salariale al trattamento di Cigs, non è stato definito nessun percorso che salvaguardi davvero i livelli occupazionali.  Le pressanti rassicurazioni da parte del viceministro e dell’azienda sul fatto che non vi sono esuberi è contraddetta da un accordo che identifica aree e lavoratori in eccesso. La stessa volontà di ricorrere alla formazione, anche con il finanziamento della Regione Puglia, non rappresenta in alcun modo una garanzia di ricollocazione per i lavoratori interessati.»
Per il sindacato autonomo, maggioritario in azienda, la soluzione sarebbe quindi «Nazionalizzare l’ILVA» perché «i lavoratori, i tarantini e la città rischiano di tornare ad essere oggetto di nuovi profitti privati e di nuove speculazioni. Come insegna la vicenda di Piombino» ed annunciano nuove mobilitazioni.

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