QUELLA FRETTA DI BANNARE DEL PRESIDENTE TRUMP

DI PIERLUIGI PENNATI
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Negli Stati Uniti tutto va molto in fretta, Trump incalza e la giustizia non resta al palo.
Dopo il primo bando per lo stop all’immigrazione da alcuni paesi mussulmani del 27 gennaio ecco ieri il secondo: non sono passati 100 giorni dall’insediamento del nuovo presidente che già ci sono stati corsi e ricorsi, ed ecco che appena preparato il nuovo decreto, un altro giudice spunta dal nulla per fermarlo.
Secondo i procuratori dello Stato delle Hawaii, che ha dato i natali a Barack Obama, «Il provvedimento sui migranti ha gli stessi difetti costituzionali di quello precedente» e ricorrendo ad un giudice federale vogliono ottenere un ordine temporaneo che blocchi l’attuazione del nuovo decreto esecutivo, come ha detto Neal Katyal, uno dei procuratori, alla CNN il bando «sconta ancora gli stessi difetti costituzionali e regolamentari» del precedente.
Secondo il dipartimento di Giustizia il nuovo ordine si trova al di fuori delle ingiunzioni che avevano bloccato il primo chiedendo al giudice di pronunciarsi prima dell’entrata in vigore del provvedimento, fissata per il prossimo 16 marzo.
Così il “muslim ban-bis”, ovvero la nuova versione del primo “travel ban” per mantenere il divieto di ingresso di 90 giorni negli Usa per i cittadini di alcuni Paesi a maggioranza musulmana, pur scendendo da sette a sei escludendo l’Iraq, potrebbe avere vita anche più breve della precedente, meno di una settimana.
La giustizia è veloce negli stati uniti, veloce, ma non “sommaria”.

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