UE. L’ECONOMIA ITALIANA HA ESPRESSO OTTIME PERFORMANCE, MA E’ ANCORA IN CODA

DI VIRGINIA MURRU
La Commissione Europea riconosce il movimento in positivo dell’economia italiana, sottolinea i progressi compiuti in termini di finanze pubbliche, in particolare del deficit, che nell’anno in corso si è sostanzialmente contratto, sia pure di poco (2,1%), ma nel contesto degli altri paesi membri è ancora tra gli ultimi ‘della classe’.
Un giudizio che conta quello della Commissione, un outlook sull’Italia che certamente suona come un riscatto, dopo gli anni di buio pesto, durati dal 2008 al 2014. Ma sono anche ‘istantanee ad alta risoluzione’ che non trascurano il ‘contesto’, ossia il panorama economico dell’Unione nel suo insieme, e dell’Eurozona – della quale facciamo parte – in particolare.
In questa prospettiva il passo diventa breve, l’espansione in termini macroeconomici contenuta, poiché si confronta con una crescita media europea del Pil pari al 2,3% nel 2017, a fronte di quello italiano, che ha raggiunto l’1,5% (sempre nell’anno in corso).
Certamente si tratta di progressi riconosciuti sul piano internazionale, anche al di là dei cancelli dell’Ue: dalle Agenzie di rating, all’Ocse, al Fmi, un po’ ovunque dalle Organizzazioni che monitorano l’economia sul piano globale. Promossi, dunque, ma con gli opportuni distinguo, e con la riserva dell’inevitabile, impietoso confronto con i paesi, la maggior parte, che hanno compiuto passi più lunghi.
La Spagna è un esempio davvero eloquente. Il suo Pil nel 2017 si è rivelato quasi dirompente, con +3,1%.
Il paese che ha espresso la crescita più consistente è Malta: +5,6% nel 2017 (quasi al ritmo del dragone cinese), certamente mette in rilievo un’espansione veramente eccezionale, destinata, secondo i forecast dell’esecutivo europeo, a contrarsi negli anni a venire, con un calo già a partire dal 2018, il Pil assumerà infatti un valore pari al 4,9%, e 4,1% nel 2019.
Ma siamo in un gap di valori che superano in ogni caso la crescita media Ue, che è attualmente al 2,3%.
L’Italia potrebbe trarre ‘conforto’ dall’andamento dell’economia del Regno Unito, che soffre già da più di un anno del sintomo Brexit, ma sono tuttavia, proprio per questa ragione, stime estrapolate del contesto dei 27, essendo in corso la trattativa per l’uscita dall’Ue.
Secondo le analisi della Commissione europea, la ripresa economica in Italia è da attribuire al positivo riscontro nell’export e alla domanda interna; le previsioni restano stabili nel breve periodo, ma nel medio e nel lungo sono destinate a subire un rallentamento, fino al 2019. Per l’anno di pertinenza, ossia il 2017, la Commissione ha dovuto rivedere le previsioni di crescita del Pil espresse a maggio (0,9%), adeguandole agli ultimi riscontri, che hanno rivelato un’accelerazione dell’ordine dell’1,5%. La fase di contrazione del Pil in Italia raggiungerà l’1% nel 2019.
Dal ministero dell’Economia sottolineano che “la Commissione conferma la ripresa sostenuta e il miglioramento dello stato della finanza pubblica, deficit compreso, dati già comunicati dal Governo italiano, anche con il documento relativo alla legge di Bilancio 2018. Il ministro Pier Carlo Padoan non concorda con le previsioni del Pil relative al 2018, secondo il Governo, le stime sul Pil il prossimo anno, confermeranno quelle del 2017, ossia l’1,5%.
Una ‘sfida’ in termini percentuali che ha visto prevalere, negli ultimi anni, i dati espressi dal Governo italiano, in opposizione a quelli più prudenti della Commissione europea.
Contrasto, se vogliamo, sostanziale, anche per quel che attiene alle finanze pubbliche. Il ministro mette in rilievo il fatto che la Commissione riconosce il calo del deficit per il corrente anno, a 2,1%, ma non concorda sulle previsioni relative al 2018, il cui calo arriverebbe all’1,8%, mentre secondo le prospettive del Governo il calo del deficit sarebbe più marcato, ossia l’1,6%. Vi sono poi discordanze sulle stime del debito. Secondo il ministero dell’Economia è dovuto alla differenza nella valutazione della crescita del Pil reale e dalle divergenze di stima dell’inflazione.
L’Ue riconosce anche la riduzione della disoccupazione, che nel 2017 si attesta all’11,3%, rivisti anche in questo caso i valori definiti a maggio (era attesa all’11,5%), si prevede poi che nei prossimi anni sarà ulteriormente ridotta, nel 2018 e 2019, rispettivamente andranno al 10,9% e 10,5%.
I dati sull’occupazione invece, dopo gli effetti positivi degli sgravi sulle assunzioni, subiranno una contrazione dell’ordine dell’1% nell’anno in corso, con una fase intermedia (di rallentamento) nel prossimo, fino ad attestarsi allo 0,5% nel 2019. Certamente, l’andamento dei dati macro, risente dell’ interdipendenza dei valori, che, per quel che riguarda l’Italia, sono destinati a contrarsi nel breve periodo, secondo le stime attuali.
La Commissione Ue riconosce gli interventi incisivi volti a ridurre i rischi di default degli istituti bancari più vulnerabili, interventi che contribuiranno a controllare i rischi e a sbloccare il credito. L’accento cade anche sulle riforme strutturali, importantissime, secondo il parere della Commissione, per incentivare la crescita potenziale.
Per quel che riguarda la zona euro, la disoccupazione ha assunto i valori più bassi dal 2009, con ‘picchi record’ di occupati, e un rilievo in positivo di crescita pari all’1,5%. Dati che miglioreranno nei prossimi due anni, fino ad attestarsi, nel 2019, al 7%.
Il Commissario agli Affari Economici, Pierre Moscovici, dichiara nelle ‘previsioni d’autunno’:
“Ci sono buone prospettive, molto positivi i rilievi sull’occupazione, indubbiamente l’economia europea è in grado di creare più occasioni di lavoro, buoni i dati sugli investimenti, i parametri relativi alle finanze pubbliche migliorano. Ma a fronte di queste ottime premesse, resta ancora da fare sul piano dei conti pubblici, sul grado d’indebitamento in particolare, e sull’aumento dei salari, che stenta a decollare.
Aggiunge Moscovici:
“Rafforzare la zona euro è fondamentale, in sintonia con la convergenza strutturale, affinché l’area dimostri maggiore resilienza verso i possibili shock futuri. L’Ue deve essere un autentico centro propulsore di prosperità condivisa. C’è stata una forte riscossa nel volgere di un anno nell’Eurozona, si tratta del più alto tasso di crescita riscontrato da 10 anni a questa parte”.
E non si tratta di inezie.