FCA. LE RAGIONI CHE HANNO PORTATO ALLA CESSIONE DI MAGNETI MARELLI

DI VIRGINIA MURRU
 
Fca decide di cedere alla giapponese Calsonic Kansei Holdings Corporation, la controllata Magneti Marelli S.p.A., un gioiello tutto italiano, contribuendo ad aumentare il paniere di vendite che sta tristemente caratterizzando il panorama dell’industria nel Paese. Il gruppo giapponese di automotive è più piccolo della multinazionale italiana.
 
Qualcuno osserva che il capitalismo italiano sia in pieno declino, e che meglio sarebbe stato se l’operazione fosse stata “invertita”, scambiando i ruoli: ossia avrebbe dovuto essere Magneti Marelli ad acquisire il gruppo giapponese Calsonic K. Ma, sempre sulla base di queste considerazioni, l’industria italiana non ha più le carte in regola per giocare in attacco, può solo difendersi, ove possibile.
 
Dietro vi sono quasi sempre ragioni di carattere finanziario, esigenze di mezzi per favorire gli investimenti e reggere la competitività.
Nemmeno Fca è propriamente italiana: è una società italo-americano di diritto olandese, con sede legale a Londra, e stabilimenti presenti in America e altri stati europei. La Fiat, simbolo dell’industria italiana nel mondo è un lontano ricordo.
Effetti della globalizzazione? Certamente, ma anche della profonda crisi dell’economia e industria del nostro Paese.
 
I sindacati definiscono positiva l’operazione di cessione di Magneti Marelli, ma nel contempo dichiarano che ‘vigileranno’ affinché l’occupazione sia garantita. Del resto, a Sesto S. Giovanni, Magneti Marelli dà lavoro a circa 43 mila dipendenti (il suo fatturato è di oltre 8 miliardi).
 
Ma non c’è spazio per i patriottismi, i mercati hanno salutato l’operazione – che ha portato nelle casse di Fca un controvalore pari a 6,2 miliardi di Euro – con entusiasmo, contribuendo peraltro a diffondere un po’ di ottimismo a Piazza Affari, in questo periodo di turbolenze. Il Sole 24 Ore definisce in modo eloquente l’accordo: “l’operazione migliore nel tempo peggiore”. Piazza Affari ha esultato e ‘premiato’ Fca, dando notevole impulso al titolo: +5%.
 
Sergio Marchionne stava già valutando l’opportunità della vendita con gli americani di Kkr, e con il suo “sguardo lungo”, ne aveva già fissato il valore: non meno di 6 miliardi di euro. La multinazionale italiana è stata infatti acquistata da KKR tramite la giapponese Calsonic Kansei. Kkr è uno dei principali operatori internazionali di private equity del mondo, trattandosi di Fondi d’investimento, il suo obiettivo è quello d’incrementare il valore delle sue operazioni, per poi rivendere ad un prezzo maggiore, determinando una plusvalenza. Più che l’aspetto industriale, il fine primario è quello finanziario. Strategie che si spera non possano nuocere in futuro a Magneti Marelli.
 
Con questa operazione, Fca ha ceduto il business della componentistica per autoveicoli di Magneti Marelli, ad uno dei migliori fornitori giapponesi che opera nello stesso ambito. Ad accordi conclusi, si pensa nei primi mesi del prossimo anno, il nome diventerà “Magneti Marelli CK Holdings”, e rappresenterà, ad attività congiunte, il settimo gruppo indipendente più importante al mondo, in termini di fatturato (oltre 15 miliardi).
 
Prima della conclusione definitiva degli accordi, l’operazione dovrà essere sottoposta all’approvazione delle autorità regolatorie e all’iter completo previsto dalle condizioni di chiusura. Fca e la Corporation giapponese esultano, con il beneplacito dei mercati, perché la sigla di questo accordo rappresenta un’opportunità di combinazione di business, ad altissimi livelli. Come si è già accennato, si parla dei migliori fornitori indipendenti nel pianeta in questo settore. Il fatturato espresso in yen sarà di 1,975 miliardi.
 
Ma le prospettive, e le ambizioni di entrambe le aziende, sono quelle di avanzare e puntare oltre, diventando in futuro un fornitore di primissima importanza sul piano globale. A determinare questi risultati, e gli obiettivi, saranno la forza finanziaria, la natura complementare nella linea di produzione, e la presenza geografica strategica. Si prevede di operare su circa 200 impianti, associati a centri di ricerca e sviluppo in diversi continenti.
 
Il Ceo Beda Bolsenius (attuale amministratore delegato di Calsonic K.), guiderà il sodalizio che darà vita alla nuova azienda ‘combinata’, mentre l’attuale Ceo di Magneti Marelli, Ermanno Ferrari, entrerà nel board. Soddisfatto tutto il management di Fca, il nuovo Ceo Mike Manley, che ha sostituito Sergio Marchionne, dichiara:
 
“Si tratta di un’opportunità ideale per Magneti Marelli, è un’operazione che permetterà all’azienda di esprimere tutto il suo potenziale nella prossima fase di sviluppo, ci sono le condizioni per l’accelerazione della crescita in futuro. Sarà preservato l’aspetto occupazionale, e l’azienda resterà un partner commerciale di primaria importanza per Fca. L’operazione segue un obiettivo di crescita e valorizza il focus diretto alla creazione di valore.”
 
Su questi valori, e sulla competitività nel settore, dovuta alla posizione estremamente favorevole in qualità di fornitore automobilistico, concorda pienamente anche Beda Bolzenius, Ceo dell’azienda ‘combinata’ “Magneti Marelli CK Holdings”.
Del medesimo avviso anche l’Amministratore delegato di Magneti Marelli, Ermanno Ferrari.
 
Le attività congiunte, si legge in un comunicato stampa del sito ufficiale Magneti Marelli, opereranno sotto il nome Magneti Marelli CK Holdings*, e il suo fatturato totale ammonterà a 15,2 miliardi di euro, il risultato sarà la creazione di uno dei maggiori fornitori indipendenti nella componentistica per automotive a livello globale. L’accordo prevede una fornitura pluriennale con Magneti Marelli CK Holdings, in pieno accordo per quel che concerne il mantenimento della sede in Italia, e il consolidamento dei livelli occupazionali.
 
La Magneti Marelli è una società per azioni ‘storica’ fondata un secolo fa, che ha sede a Sesto S. Giovanni, nei dintorni di Milano, e si occupa di sistemi e prodotti ad alta tecnologia (tutto il know how finirà ora in Giappone, con qualche interrogativo in merito..), una multinazionale solida, che era peraltro strategica per la corsa all’auto elettrica.
 
E soprattutto per questo i giapponesi sono fieri e soddisfatti dell’acquisizione. Era strategica anche per Fca, ma allora perché hanno deciso di cederla? Che dietro ci fossero pressioni e spinte da parte del presidente di Fca, John Elkann, non è un mistero, ma le ragioni sono in fondo piuttosto semplici: Fca intendeva dare impulso alle proprie casse, in primis, e puntare ad un programma di sviluppo e consolidamento del gruppo.
 
Il piano industriale messo a punto lo scorso giugno, approvato da Marchionne (ultimo suo intervento prima della scomparsa), è lungimirante in questo senso, e mira al miglioramento dell’aspetto tecnologico, con l’occhio fisso alle orme dei mercati nell’ambito dell’elettrificazione dell’industria automobilistica e guida assistita.
 
Si punta a migliorare l’efficienza nelle vendite, al di là del modello Jeep (per la quale si prevede un’espansione della gamma), il gruppo Fca non brilla nel mercato, è necessario migliorare queste dinamiche, e Sergio Marchionne ne era ben consapevole.
 
Per attuare il piano industriale, e puntare sul prestigio con ritorni di cassa, occorrevano nuove piattaforme modulari (ossia le basi che consentono di realizzare modelli diversi, riducendo gli investimenti in quanto vengono impiegati su gamme differenti) con relativi progetti. Per questi obiettivi sono necessari anche mezzi finanziari adeguati, al fine di portare sul mercati nuovi modelli, più competitivi sul piano globale, nonché il potenziamento dei motori dei modelli esistenti, come quelli a 3 cilindri.
 
Secondo un’analisi del Sole 24 Ore, Fca – anche se può sembrare un controsenso vendere un’azienda così solida – ha deciso l’operazione di cessione perché le nuove strategie di gestione non sono tanto interessate ad avere la proprietà di un costruttore automobilistico, ma è sufficiente “governare” i fornitori. Sulla base della linea strategica tedesca, che seguendo questi criteri, i quali richiedono notevoli investimenti, mette sul mercato le auto più avanzate sul piano tecnologico.