BRUXELLES DI NUOVO RESPINGE LA MANOVRA, IL GOVERNO IRREMOVIBILE

 

DI VIRGINIA MURRU

 

E lo spettro della procedura d’infrazione si fa sempre più possibile, ora la parola definitiva spetta ai Paesi membri dell’Ue, i quali, considerati gli umori che sono circolati nelle ultime settimane, difficilmente saranno ben disposti verso le inadempienze e la mancanza di compliance del governo italiano in materia di legislazione europea sui conti pubblici. Il parere degli altri paesi sulle conclusioni alle quali è pervenuta la Commissione, sarà espresso entro due settimane.

Troppa “disobbedienza” dunque, e toni  irriverenti nei confronti delle autorità di Bruxelles, ma anche una certa dose di arroganza e proclami di autosufficienza in termini di competenza nel campo della politica economica. Dichiarazioni che, per la verità, suonano come presunzione, dato che è prematuro esprimere sicurezza nei confronti di un documento programmatico di bilancio che basa la sua formula sull’eccesso di debito.

Le autorità di Bruxelles avrebbero apprezzato certamente la prudenza, pur tenendo le proprie posizioni sugli azzardi della manovra. Ma tant’è: non sembra una prerogativa della nuova classe di politici al potere; a questo si aggiunge il fatto che si tratta di ragazzi guidati dall’entusiasmo, smania di portare l’Italia in un terreno di efficienza economica, nel quale la crescita sia una semplice conseguenza dell’intraprendenza e della propensione a farsi carico del rischio.

Al momento questo gioco d’azzardo comunque non paga, e non tiene conto del fatto che in ogni caso siamo legati ad un organismo sovranazionale, ad accordi firmati, siamo vincolati alla fedeltà – sempre peraltro dichiarata all’Unione europea e all’euro –  e allora i conti non tornano davvero in termini di ragionamento sensato. E’ tutta qui la ragione del disastro legata ai danni che sta causando lo spread.

Certo, danni, e pure notevoli, visto che nel 2019 avremo oltre 6 mld di euro in più di interessi sul debito, e tutto questo, considerati i proclami sulla ‘manovra del popolo’, arrecherà ulteriori disagi alle famiglie, alle imprese, ai risparmiatori: al “popolo”. Sono rilievi, evidenze, chiare come i numeri, appunto, che esprime il mercato, il quale non vuole saperne proprio di concedere fiducia alla legge di bilancio presentata da questo esecutivo.

E allora non si può dare torto agli esponenti del precedente governo, i quali in queste settimane rimandano al fiume di polemiche scaturite sui 4 istituti di credito falliti: “ ricordate le polemiche sulle quattro banche fallite? Allora le risorse perse dai risparmiatori con i subordinati ammontavano a 300 milioni di euro, da quando è in carica, l’ostinazione di questo governo ci ha fatto perdere, tramite i balzi dello spread, 300 miliardi di euro..”

Ma torniamo al clima aspro e per nulla disteso che si è creato tra Roma e Bruxelles sulla manovra, dobbiamo farcene una ragione: non sono stati rispettate le regole sul debito che riguardano tutti i paesi dell’area euro, e si sono ignorate  le raccomandazioni della Commissione, ogni volta che ha respinto il documento programmatico. Non si è provveduto a correggere il deficit, e di conseguenza la traiettoria del debito, per questo il Commissario agli Affari Economici e Monetari, Pierre Moscovici, sostiene che l’Italia con questa manovra è vulnerabile agli shock.

Ora la manovra approderà al Parlamento europeo, e saranno chiamati in audizione i Commissari, sulla manovra di bilancio italiana, lo ha deciso la Commissione Econ del Parlamento Ue.

“L’Italia è chiaramente isolata – sostiene Moscovici – non si tratta di polemiche tra me e Matteo Salvini, gran parte dei paesi membri ha già espresso dissenso sulla linea di politica economica seguita dal governo italiano.”

Ieri nel corso delle dichiarazioni relative a “European Semester 2019, in riferimento all’Italia, Pierre Moscovici, ha dichiarato:

“L’Italia non ha rispettato le raccomandazioni Ecofin del 13 luglio, circa la riduzione del deficit strutturale del 3,6% di Pil nel 2019, ora invece risulta che dall’analisi del progetto di legge finanziaria, dovrebbe aumentare per l’1% di Pil nel prossimo anno. Con rammarico dobbiamo constatare l’inadempienza, particolarmente grave. Stiamo pensando di avviare la procedura d’infrazione prevista in questi casi, ed è la conseguenza logica dovuta al fatto che Roma ha deciso di non modificare il documento, trasmesso ancora senza variazioni.”

Il Commissario Ue, davanti alla stampa, fa poi una serie di considerazioni sulle conseguenze della ‘disobbedienza’ del governo italiano:

“Chi pagherà il costo di questa maggiore spesa? Noi continuiamo a sostenere che un simile bilancio comporti dei rischi per l’economia italiana, per le sue imprese,  i risparmiatori,  i suoi contribuenti. La Commissione si sta quindi prendendo le sue responsabilità legali e politiche, nell’interesse dei cittadini italiani e dell’Eurozona. Il debito pubblico italiano resta la più grande preoccupazione, non c’è il rispetto delle regole, e pertanto abbiamo risolto di procedere secondo il regolamento. Questo non significa che il provvedimento sarà avviato subito, saranno gli stati membri a decidere, se converranno con le conclusioni della Commissione, allora si potrà procedere con l’iter previsto nei casi d’inadempienza.”

Per dirla tutta, o meglio per consolarci, non saremmo i primi a finire nel mirino della procedura d’infrazione, la Francia ne è appena uscita, la Spagna sta ancora attraversando questo sentiero stretto; ma quasi tutti i paesi membri sono stati soggetti al provvedimento, tranne Svezia ed Estonia. Certo che l’Italia, se potesse risparmiarsi anche questi lacci ai piedi, sarebbe un sollievo, visto che in termini di finanze non siamo messi benissimo.

Continua Moscovici, in riferimento all’Italia:

“La relazione fondata sull’Art. 126-paragrafo 3, dovrebbe ritenere come ‘non ottemperanza’, le risposte fornite dal governo italiano, e pertanto si prospetterebbe un’apertura di procedura per debito eccessivo. C’è anche da considerare che l’Italia sta programmando prestiti integrativi, invece della prudenza fiscale che sarebbe necessaria.

L’impatto del bilancio sulla crescita sarà a nostro parere negativo, non contiene delle misure significative volte a promuovere una crescita sostanziale.  L’incertezza e l’aumento dei tassi d’interesse si stanno facendo sentire nell’economia del Paese, inoltre la manovra ostacola la capacità delle  banche italiane di concedere credito a costi ragionevoli ad imprese e privati.

Negli ultimi anni l’Italia ha compiuto dei progressi in ambito economico, è stato avviato un percorso di crescita, e gli effetti ci sono stati,  con l’aumento dell’occupazione, e dei dati macroeconomici, insomma abbiamo riscontrato un andamento positivo dell’economia, proiettata verso la crescita.  L’incertezza attuale rischia di mettere a repentaglio questo processo.

Il debito dell’Italia dovrebbe restare intorno al 131% del Pil nei prossimi due anni. Si tratta di un gravame di debito non di poco conto, mille euro i costi per ogni singolo abitante all’anno. Per cui non crediamo che l’attuale programma del governo italiano possa portare alla sovranità economica, anzi si può arrivare ad un’austerità aggravata, e si rischia di scivolare nell’instabilità. Noi speriamo che questo rischio possa essere evitato, ma abbiamo il dovere di sottolineare il pericolo di una simile destabilizzazione.”

Inutile trattare le autorità di Bruxelles come ostili, quando non mezzo criminali, semplicemente esistono per vigilare sull’effettiva applicazione delle regole comuni stabilite dai Trattati, in questo caso è in ballo quello di Maastricht, con la Legge di Stabilità e Crescita. Ma i numeri sono impietosi, e non si può dare torto a prescindere alla Commissione europea.

Basterebbe pensare che in Italia la spesa pubblica è al 49,1% del Pil, quindi del 4,5% più alta della media europea, che si ferma al 44,6% ( i dati vengono dall’analisi del Centro studi Impresa-Lavoro).

I numeri sono aridi, ma ci incollano alla realtà. E non si può dimenticare che il denaro finisce poi all’estero, i BTP attualmente hanno una difficile collocazione, perché manca la fiducia degli investitori, in particolare quelli stranieri.

Lo spread a livelli così elevati, non serve girarci intorno, porta sempre danni e fa paura, anche per le passate esperienze (2011/2012), ma poco si parla di un altro ‘tipo’ di spread. Secondo le analisi del Sole 24 Ore, il valore di riferimento che viene preso in considerazione, è generalmente quello che mette in rilievo il differenziale tra Bund tedeschi e Btp italiani. Invece,  analisti ed esperti finanziari, puntano l’attenzione su un altro spread, del quale poco si parla, anche se di fatto è il segnale che lampeggia sui rischi reali del Paese.

Il riferimento è allo spread che rileva la differenza tra i Btp a 10 anni e quelli a 2 anni. Si tratta in definitiva del valore che indica solitamente agli addetti ai lavori una possibile fuga di capitali dall’Italia. Al riguardo bisogna precisare che i due spread vanno quasi sempre in direzioni opposte.

Lo spread al quale i quotidiani economici generalmente si riferiscono, ossia il rapporto Btp/Bund, se va in alta quota, significa rischio. Il secondo tipo di spread (quello sui Btp a 2 e 10 anni), se sfiora lo ‘zero’, segnala che c’è qualcosa di serio che non va. Ed è questo rapporto che mette in evidenza il pericolo di una recessione, o addirittura il default. Tale circostanza si verificò nel 2008 – poco prima delle raffiche dovute ai cosiddetti ‘mutui subprime’, una tempesta che travolse l’economia di mezzo pianeta.  In quell’occasione, in Italia, lo spread dei Btp a 2-10 anni sfiorò lo zero.

Attualmente lo spread del quale si parla, oscilla tra i 200 e 220 punti base, valore che si considera nella norma, dato che il range ideale va dai 200 ai 300 punti base, e se non vi sono gap rilevanti su questo indicatore, la situazione può ritenersi sotto controllo.

Si sa che i titoli tedeschi fungono da “benchmark”, come orientamento di mercato, ed è un riferimento anche per tutta l’area euro, trattandosi dell’economia più solida, conferma che viene dalle Agenzie di rating, che la classificano con tripla ‘A’, quindi il massimo in termini di valutazione.

Nonostante la Commissione europea abbia respinto ancora una volta la manovra, per le ragioni sopra esposte, il governo italiano resta inflessibile, arroccato sulle sue ragioni, mentre il ministro dell’Economia, premier e vice premier, continuano a dichiarare che numeri e percentuali della manovra rientrano in un quadro di spesa sostenibile, e così la situazione è di stallo, perché irremovibili sono gli intenti del governo.

Tutto questo nonostante gli ultimi dati Istat, le cui previsioni sono al ribasso per il 2019, e le dichiarazioni dell’Ocse: “la crescita dell’economia italiana perde slancio, e il debito non subirà riduzioni sostanziali”.

I partiti all’opposizione in Parlamento, ritengono che le risposte date dal Governo a  Bruxelles siano irresponsabili, e che stiano conducendo l’Italia nella direzione del rischio e dell’isolamento in Europa.

C’è infine da considerare la sfiducia degli investitori riguardo ai titoli italiani, qualcuno parla di ‘ecatombe’ dei Btp, che si fatica a collocare sul mercato, le vendite registrate fino ad ora sono quasi irrisorie, certo lontane dai ‘target’ necessari a rasserenare tutti in questo momento.

Qualche settimana fa il vice premier Matteo Salvini, aveva pronosticato un ‘generoso’ sostegno degli italiani, ma in due giorni di asta dei Btp Italia (destinati ai piccoli risparmiatori), sono stati raccolti meno di 1 mld, circa 750 mln ( il 20 e il 21 novembre). La ragione è ovvia secondo gli analisti: il Paese ha perso la sua credibilità.

Non si concede fiducia al documento programmatico di Bilancio presentato dal Governo a ‘conduzione’ Lega- Movimento 5S, si teme per il futuro dell’economia, che sta facendo notevoli passi indietro. L’incasso sui titoli italiani, secondo il dipartimento Tesoro (Mef), aveva un obiettivo: tra i 7 e i 9 mld, alla fine delle operazioni, che dovrebbe chiudersi entro domani. I risultati sono dunque preoccupanti.

I Btp Italia sono titoli indicizzati all’inflazione, la scadenza è a 4 anni, e sono  idonei al mercato dei piccoli risparmiatori.

Titoli destinati, appunto, ai piccoli risparmiatori, o ‘cassettisti’, in quanto non hanno fini speculativi e in genere acquistano titoli a lunga scadenza. La sfiducia deriva dai balzi in negativo dello spread, e a monte c’è la solita questione che rimanda alla manovra, ai rapporti tesi con le autorità di Bruxelles, insomma ad un clima di turbolenza e instabiità in generale. Il rendimento dei decennali italiani, arrivato a 3,86%, non è un buon faro per chi ha necessità di un orientamento sicuro quando si accinge ad investire. Un tasso che va sempre più in alto, e che andrà a pesare  sui contribuenti, risorse in più che il Mef dovrà rendere disponibili per il finanziamento del debito.