De l’Infinito, Universo e Mondi
Proemiale epistola
SCRITTA ALL’ILLUSTRISSIMO SIGNOR MICHEL DE CASTELNOVO
Signor di Mauvissiero, Concressalto e di lonvilla,
Cavallier de l’ordine del Re Cristianissimo,
Conseglier del suo privato Conseglio,
Capitano di 50 uomini d’arme
et Ambasciator alla Serenissima Regina d’Inghilterra.
Se io (o illustrissimo Cavalliero) contrattasse l’aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un vestimento: nessuno mi guardarebbe, pochi m’osservarebono, da rari sarei ripreso, e facilmente potrei piacere a tutti. Ma per essere delineatore del campo de la natura, sollecito circa la pastura de l’alma, vago de la coltura de l’ingegno, e dedalo circa gli abiti de l’intelletto: ecco che chi adocchiato me minaccia, chi osservato m’assale, chi giunto mi morde, chi compreso mi vora; non è uno, non son pochi, son molti, son quasi tutti. Se volete intendere onde sia questo, vi dico che la caggione è l’universitade che mi dispiace, il volgo ch’odio, la moltitudine che non mi contenta, una che m’innamora. Quella per cui son libero in suggezzione, contento in pena, ricco ne la necessitade, e vivo ne la morte; quella per cui non invidio a quei che son servi nella libertà, han pena ne i piaceri, son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita: perché nel corpo han la catena che le stringe, nel spirto l’inferno che le deprime, ne l’alma l’errore che le ammala, ne la mente il letargo che le uccide; non essendo magnanimità che le delibere, non longanimità che le inalze, non splendor che le illustre, non scienza che le avvive. Indi accade che non ritrao come basso il piede da l’arduo camino, né come desidioso dismetto le braccia da l’opra che si presenta; né qual disperato volgo le spalli al nemico che mi contrasta, né come abbagliato diverto gli occhi dal divino oggetto: mentre per il più mi sento riputato sofista, più studioso d’apparir sottile, che di esser verace; ambizioso che più studia di suscitar nova e falsa setta, che di confirmar l’antica e vera; ucellatore che va procacciando splendor di gloria, con porre avanti le tenebre d’errori; spirto inquieto che subverte gli edificii de buone discipline, e si fa fondator di machine di perversitade. Cossì, signor, gli santi numi disperdano da me que’ tutti che ingiustamente m’odiano; cossì mi sia propicio sempre il mio Dio; cossì favorevoli mi sieno tutti governatori del nostro mondo; cossì gli astri mi faccian tale il seme al campo et il campo al seme, ch’appaia al mondo utile e glorioso frutto del mio lavoro, con risvegliar il spirto et aprir il sentimento a quei che son privi di lume: come io certissimamente non fingo, e se erro non credo veramente errare, e parlando e scrivendo non disputo per amor de la vittoria per se stessa (perché ogni riputazione e vittoria stimo nemica a Dio, vilissima e senza punto di onore, dove non è la verità); ma per amor della vera sapienza e studio della vera contemplazione, m’affatico, mi crucio, mi tormento. Questo manifestaranno gli argumenti demostrativi che pendeno da vivaci raggioni, che derivano da regolato senso, che viene informato da non false specie,che come veraci ambasciatrici si spiccano da gli suggetti de la natura: facendosi presenti a quei che le cercano, aperte a quei che le rimirano, chiare a chi le apprende, certe a chi le comprende. Or ecco vi porgo lamia contemplazione circa l’infinito universo e mondi innumerabili.