DISORIENTAMENTO SU APE VOLONTARIA, RIESAME DELLE DOMANDE PER APE SOCIAL

DI VIRGINIA MURRU

 

Il 16 ottobre, l’Inps ha comunicato che le operazioni di verifica sull’idoneità delle domande di ‘riconoscimento delle condizioni di accesso ai benefici dell’Ape social’, o pensione anticipata per lavoratori precoci (la cui prima esperienza di lavoro è avvenuta prima dei 19 anni), si sono concluse regolarmente il 15 ottobre.

L’Ape Social riguarda categorie di lavoratori che hanno diritto a tutele specifiche prima del raggiungimento dei requisiti concernenti il pensionamento.
Tali diritti sono stati introdotti con la legge 11 dicembre 2016, n. 232, Legge di bilancio 2017.

L’Ente di previdenza precisa comunque che, secondo i “nuovi indirizzi interpretativi” espressi dal Ministero del Lavoro su alcune categorie di lavoratori, si ‘procederà al riesame delle istruttorie, e, nei casi in cui l’esito sarà ritenuto positivo, il risultato sarà trasmesso d’ufficio ai beneficiari interessati al provvedimento, la cui domanda, dopo il riesame, è stata accolta.”
Priorità e attenzione verso i lavoratori che sono più vicini alla pensione di vecchiaia.

Si legge nel comunicato stampa diffuso dall’Inps:

“L’Istituto ha provveduto all’invio agli interessati delle comunicazioni di avvenuta certificazione del diritto alle prestazioni in parola sulla base della maggiore prossimità al requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Si comunica, inoltre, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inviato nuovi indirizzi interpretativi in merito alle istruttorie inerenti all’accesso ai benefici da parte dei richiedenti che si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione, e da parte dei lavoratori dipendenti addetti ai lavori particolarmente difficoltosi e rischiosi.”

L’Ape social è un anticipo pensionistico che viene riconosciuto prima che sia maturata l’età pensionistica (di vecchiaia), ai soggetti che hanno presentato una regolare richiesta all’Inps.
Hanno presentato richiesta circa 66 mila persone, ma due su tre sono state respinte per cause diverse.

Eccesso di reiezioni per scarsità di risorse o per incompatibilità con i requisiti richiesti?

L’esame delle domande è stato rigorosissimo, tanto che il Direttore Generale dell’Istituto di Previdenza, Gabriella Di Michele, e il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, hanno pensato di riesaminare le domande per l’accesso all’Ape Social, le quali, con varie motivazioni, sono state respinte.

Una parte non è stata accettata a causa del particolare tipo di contratto che il richiedente aveva nel momento in cui è cessato il rapporto di lavoro. In questo ambito si sono riscontrate la maggior parte dei ‘vizi’ che hanno indotto i funzionari addetti all’esame delle domande, a respingerle.

Tante sono le istanze Ape Social ritenute non idonee, in quanto, pur essendo i soggetti richiedenti in regola con il requisito anagrafico e contributivo, l’ultima attività lavorativa riguarda un contratto a termine, a tempo determinato, oppure retribuito tramite voucher.

Le condizioni ritenute non compatibili con i requisiti, paradossalmente, hanno indotto l’Inps e il Ministero del Lavoro a richiedere più elasticità nei criteri di valutazione, il rigore è risultato veramente eccessivo. Già si sapeva che la Legge di bilancio è passata su sentieri stretti in termini di risorse, ma quando le richieste risultate in regola, e quindi accettate, sono anche inferiori alle somme stanziate, allora è necessario riprendere in mano le domande e analizzarle secondo criteri più flessibili.

E questo si sta tentando di fare, intervenendo sulla Legge di Bilancio. I sindacati sono già sul piede di guerra. Ma basterebbe dare uno sguardo ai risultati relativi all’esame delle pratiche, per capire che la procedura ha necessità d’essere formulata in maniera tale che risulti più ‘inclusiva’.
Sono state in definitiva respinte il 64,89% delle domande su Ape Social, ovvero 7 su dieci, perché non idonee. Secondo i dati pubblicati dall’Inps risulta che sono state presentate in tutto 39.700 domande, ne sono state accolte 13.600, e bocciate 25.890.

L’Inps stesso trova severa la procedura d’esame delle domande, e chiede pertanto che la valutazione per il riconoscimento del diritto all’Ape social, riguardi tutti i casi di cessazione del rapporto di lavoro, che si tratti di licenziamento o di rapporti a tempo determinato.

Intanto, nei giorni scorsi (il 19 ottobre), il Ministero del lavoro ha comunicato che la platea dei beneficiari di Ape Social o precoci, sarà allargata, con interventi sulla Legge di Bilancio, quest’ultima del resto è stata varata ‘salvo intese’. Il ministero ha altresì informato l’Inps della decisione di rivedere la normativa e di renderla più duttile, affinché sia possibile una più ampia inclusione di domande.

Nel testo del comunicato si legge:

“I dati resi noti oggi dall’INPS riguardo i risultati dell’esame delle domande di accesso all’Ape sociale e al pensionamento anticipato per i lavoratori precoci (ossia i soggetti che hanno iniziato a lavorare prima del compimento del diciannovesimo anno di età), sono riferiti all’esame effettuato dall’Istituto prima delle nuove indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro, in risposta alla richiesta di chiarimenti avanzata dall’Inps.

In quella risposta, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha confermato la volontà del Governo di favorire una piena utilizzazione delle due misure, fornendo indicazioni che permetteranno all’Istituto di applicarle in maniera pienamente coerente con le volontà espresse dal legislatore, anche rivedendo in autotutela le decisioni già assunte.”

Terminata la seconda valutazione, sarà il Ministero stesso ad effettuare un controllo obiettivo sui risultati, al fine di accertare che siano stati rispettati i nuovi requisiti di coerenza. Nella legge di bilancio, che ora prevede una più ampia platea di beneficiari, figurano lavoratrici con figli a carico e lavoratori disoccupati a causa della cessazione del rapporto di lavoro, dovuto a contratti a tempo determinato.

Secondo il Patronato Inca Cgil, si è partiti con una linea rigida di off limits da parte dell’Ente previdenziale, in netta divergenza con le intenzioni del legislatore, quando non in contrasto con la legge stessa. Ancora prima che gli esiti sull’esame Ape Social fossero diffusi, il Patronato ha messo in rilievo i motivi per cui, tante, troppe domande, sono state respinte.

Il requisito riguardante lo stato di disoccupazione, come già si è detto, è uno dei più penalizzanti, perché secondo questa logica, basta un solo giorno di lavoro retribuito con voucher, seguito ad un periodo di disoccupazione, per perdere il diritto all’Ape Social.

Perdono il diritto anche i lavoratori che sono stati licenziati senza ammortizzatori sociali privi dei requisiti, oppure perché non hanno inoltrato richiesta entro il termine stabilito. Infine i lavoratori che hanno svolto attività all’estero, con relativi contributi (l’Inps ritiene invece di avere esteso il diritto all’Ape a questa categoria di lavoratori).

Per il Patronato si tratta di una discriminazione che non può essere accettata. L’Inps si è ritrovata a mantenere un atteggiamento controverso: ha respinto le accuse dei sindacati, e allo stesso tempo ha ammesso, in sintonia col Ministero del Lavoro, che la selezione delle domande è stata troppo severa. Lo sdegno, peraltro legittimo di lavoratori e sindacati, un risultato lo ha raggiunto: un intervento al riguardo nella Legge di bilancio c’è stato, la platea degli aventi diritto è stata ampliata.

Non c’è molta chiarezza nemmeno nel versante degli anticipi pensionistici, su Ape volontaria si è dovuto attendere a lungo prima che il decreto attuativo fosse firmato. In ogni caso i lavoratori prossimi al raggiungimento dei requisiti, non possono accedere all’anticipo pensionistico, dopo mesi di attesa per la firma del decreto, perché non ci sono ancora le convenzioni con l’Abi, nel settore bancario, e Ania, su quello assicurativo, con entrambe le Associazioni il governo non ha ancora fissato un accordo per le relative convenzioni.

Non sono stati determinati dunque i costi per avere accesso ai prestiti tramite banca, né quelli assicurativi tramite polizza, che prevedono la copertura dei rimborsi nel caso in cui il pensionato muoia prima di avere estinto il prestito.

La conseguenza più diretta di questo clima sospeso, è il disorientamento, non si conoscono le condizioni, i tassi, sul prestito, che avrebbe una durata ventennale con l’istituto di credito che finanzia l’anticipo pensionistico. Come del resto quelle riguardanti la polizza assicurativa, che coprirebbe i rimborsi nei casi estremi di scomparsa del pensionato.

Neppure l’Inps ha fornito istruzioni adeguate per la presentazione della regolare richiesta. C’è però la scadenza del 17 novembre, in quanto il decreto ha previsto che le convenzioni tra Abi, Ania e Ministero del Lavoro, siano fissate entro 30 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta.

Per ora il Governo ne ha preso atto nella Legge di bilancio 2018, prorogando di un anno i termini entro i quali sarà possibile inoltrare richiesta. Dunque non sarà più il 31 dicembre 2018, ma slitterà di un anno.

SONDAGGIO SU UN CAMPIONE DI ANALISTI: LA BCE DIMEZZEREBBE GLI ACQUISTI DI ASSET

DI VIRGINIA MURRU

 

 

Secondo il sondaggio condotto da Bloomberg, le misure di tapering sarebbero orientate verso una riduzione dell’importo di acquisto di titoli da parte dell’Eurotower, che verranno presumibilmente ridotti fino a metà degli attuali 60 miliardi al mese.
Le misure di tapering che la Bce dovrebbe annunciare giovedì prossimo, in occasione della riunione del Consiglio direttivo, sono particolarmente attese, nel mondo della finanza c’è anzi un gran fermento per queste importanti decisioni.

Il Qe rispetterà le esigenze del sistema economico, e non renderà traumatica l’interruzione degli acquisti, anche perché, il presidente della Bce, Mario Draghi, ha continuato a ripetere, nel corso delle conferenze stampa mensili, che nonostante la ripresa si stia consolidando, è necessario sostenerne la crescita anche attraverso la politica monetaria espansiva.

Draghi ha sempre ritenuto fondamentale il supporto che lo stimolo monetario ha garantito, e nonostante le pressioni e l’avversione dei più importanti esponenti della finanza tedesca, non si è mai lasciato travolgere da teorie contrarie: le risposte del sistema sono state positive, e pertanto non si può considerare una ‘terapia d’urto’ priva di ponderazione o eccessiva.

Intanto fervono ‘i preparativi’, non mancano supposizioni e ipotesi sull’effettiva entità della prossima manovra della Bce, secondo il sondaggio portato avanti da Bloomberg, le misure di tapering sarebbero ormai dietro la porta, è solo questione di giorni. I tempi sembrano maturi per scalare la ‘terapia’, e rendere il sistema meno dipendente dallo stimolo monetario. In breve, l’intento è quello di portare l’economia dell’area euro ad essere nuovamente autonoma, gradualmente, fino a quando potrà muoversi con le proprie gambe.

Gli acquisti, secondo il parere degli analisti, non dovrebbero comunque essere interrotti fino a settembre del 2018, Draghi ha più volte fatto cenno a questa possibile ‘scadenza’, ma non ha mai neppure escluso il fatto che potrebbe protrarsi anche oltre, qualora il caso ricorresse e se ne riscontrasse la necessità. Insomma, il tempo sarà maestro, le previsioni, in un clima globale di cambiamenti continui, non esprimono certezze.

E’ tuttavia convinzione comune, tra gli analisti interpellati, che il primo rialzo dei tassi avrà luogo nel 2019, non prima. Questi sono i rumors più attendibili, ma ovviamente si dovrà attendere il meeting di metà settimana per conoscere le risoluzioni del direttorio (25/26 ottobre).
In ogni caso i dubbi sulla riduzione degli acquisti di titoli, sono davvero minimi, resta semmai da capire in che modo queste misure saranno portate avanti nei confronti dei paesi dell’Eurozona.

Negli ultimi 5 mesi, la Bce pare abbia acquistato meno bund tedeschi (tra lo 0,5 e l’1% rispetto alla quota), mentre verso altri paesi, come Francia e Italia, ci sarebbero state ‘deroghe’ circa la quantità dei titoli acquistati, che sarebbero maggiori rispetto al piano stabilito dall’Eurotower.

Un’elasticità negli acquisti non propriamente nota a livello ufficiale, ma frutto di un adeguamento alla realtà dei mercati, ossia alla disponibilità di bond. Decisioni non molto gradite ai tedeschi, il confronto su questi temi nell’ambito del board Bce, non è stato certamente facile.

INPS. OSSERVATORIO SUL PRECARIATO AGOSTO 2017

 

DI VIRGINIA MURRU

 

Sono stati pubblicati dall’Inps i dati riguardanti l’Osservatorio sul precariato agosto 2017, certamente in rilievo la notevole crescita dei contratti a chiamata, un autentico boom da gennaio ad agosto: + 129,5%, rapportato al 2016 (sempre i primi 8 mesi dell’anno).

Il mercato del lavoro è in netto miglioramento, lo dicono in modo evidente i numeri.
Dai rilevamenti risulta che il turn-over cresce, in lieve calo i posti di lavoro stabili. Dall’analisi dei dati emerge infatti che solo 24 contratti aperti su 100 sono da considerarsi stabili. La causa va ricercata nella riduzione degli sgravi per l’inserimento fiss, quando questi erano più consistenti il rapporto era 38 su 100.
Gli sgravi tuttavia rientreranno con la nuova legge di bilancio 2018, misura adottata proprio per favorire l’occupazione nel triennio 2018/20, i lavoratori assunti, secondo le stime, aumenteranno di 1 milione.

Il report periodico dell’Istituto previdenziale sul precariato, mette in evidenza il saldo attivo tra nuove assunzioni e cessazioni di rapporti di lavoro nel settore privato, in relazione al periodo gennaio-agosto del corrente anno: + 944mila. Il dato, che rispecchia l’andamento positivo dei dati macro dell’economia italiana, supera i rilevamenti del 2016: +704mila – e del 2015: +805mila.

Per quel che riguarda il lavoro subordinato, l’Inps precisa che il campo di osservazione considera i lavoratori dipendenti del settore privato, pertanto sono esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli.
Sulla Pubblica Amministrazione, il riferimento è esclusivamente ai lavoratori degli Enti pubblici economici. Le rilevazioni hanno per oggetto i flussi, ossia i movimenti effettivi dei rapporti di lavoro, che comprendono le assunzioni, le cessazioni e trasformazioni intervenute nel corso del periodo di riferimento.

L’Ente di previdenza fa anche osservare che la contabilità dei flussi non può coincidere con quella dei lavoratori in quanto lo stesso lavoratore può risultare, nel medesimo periodo, interessato da una pluralità di movimenti.

Se si considerano i contratti ‘a chiamata’ o ‘intermittenti’, l’aumento che va dai 121mila del 2016, ai 278mila del corrente anno, è dovuto alla necessità delle imprese di fare ricorso a mezzi di contratto flessibili, che sostituiscano i voucher, com’è noto eliminati a marzo in seguito al referendum fortemente voluto dalla CGIL, e a partire da luglio, per le imprese con meno di 6 dipendenti, sostituiti da contratti di prestazione occasionale.

Si possono tenere in considerazione i dati relativi al saldo per la misurazione della variazione tendenziale concernente le posizioni di lavoro. Negli ultimi 12 mesi, secondo l’Osservatorio sul precariato, il saldo su base annua, che indica la differenza tra nuove assunzioni e cessazioni, ad agosto 2017, è positivo, ossia pari a +565mila, lievemente contenuto se rapportato ai dati rilevati a luglio: +586mila.

Questi risultati, secondo l’Osservatorio Inps, “cumulano la crescita tendenziale dei contratti a tempo indeterminato (+17mila), dei contratti di apprendistato (+53mila) e, soprattutto, dei contratti a tempo determinato (+494mila, inclusi i contratti stagionali).

Tali tendenze, in linea con le dinamiche osservate nei mesi precedenti, attestano il proseguimento della fase di ripresa occupazionale.”
Le assunzioni che si riferiscono solo al settore privato, nel periodo di riferimento gennaio-agosto 2017, sono state 4.598.000, le quali esprimono un aumento del 19,2%, rispetto allo stesso periodo del 2016.

Le più consistenti vengono dal lavoro a tempo determinato, pari a +26,3% e dall’apprendistato, +25,9%, mentre risultano in calo quelle a tempo indeterminato: -3,5%, rispetto allo scorso anno, la causa è da attribuire alle assunzioni part time.
In aumento anche le cessazioni: +15,9%, sempre rapportato allo stesso periodo del 2016, ma il dato cresce in maniera inferiore rispetto alle assunzioni.

L’Osservatorio sottolinea infine l’incentivazione di 36.236 rapporti di lavoro, quale effetto del programma ‘Garanzia giovani’, e 75.957 attraverso le misure adottate per favorire l’”Occupazione al Sud”.

ALITALIA. 7 PLICHI CON RELATIVE PROPOSTE D’ACQUISTO ALL’ESAME DEI COMMISSARI STRAORDINARI

 

DI VIRGINIA MURRU

 

Il clima di fiducia è diverso rispetto al mese di giugno scorso, quando era stata aperta la data room per i soggetti che avevano presentato manifestazione d’interesse verso l’ex compagnia di bandiera italiana.

Alitalia è diventata un obiettivo un pò più allettante per le grandi compagnie aeree, Lufthansa compresa, che ha disdegnato a lungo la prospettiva di un eventuale acquisto, anche di alcuni asset.

Ora arrivano nelle mani dei Commissari straordinari 7 offerte, i plichi, che contengono proposte vincolanti per la compagnia italiana, sono stati portati allo studio notarile Atlante Cerasi di Roma, dopo la scadenza dei termini previsti.

Al vaglio, tra le altre, le proposte della britannica EasyJet e Lufthansa, non interessate alla rilevazione ‘in blocco’ di Alitalia, ma ad alcune ‘attività’. In quei 7 plichi ci potrebbe essere il futuro dei 12 mila dipendenti del vettore tricolore, ma proprio su questo versante saranno inevitabili tagli anche dolorosi in vista di un solido risanamento.

Com’è noto, Ryanair si è ritirata dalla gara circa un mese fa, quando è esplosa la crisi che ha indotto il vettore irlandese a sospendere migliaia di voli fino a marzo prossimo, e forse oltre. Il management ha infatti dichiarato alcune settimane fa, che “saranno eliminati dall’agenda tutti gli impegni che non riguardino l’emergenza in corso, e dunque anche l’interesse verso Alitalia; né saranno presentate ulteriori offerte sull’aviolinea.”

In altri versanti, secondo le dichiarazioni dei vertici di EasyJet, non vi sarebbero certezze circa un accordo o una reale transazione, la sua offerta, pertanto, è sospesa su alcune condizioni che influenzeranno le negoziazioni. Anche EasyJet è interessata all’acquisto di un lotto, o parti di attività, non a quello totale della compagnia

Offerta certamente interessante quella proposta dal colosso Lufhtansa, il cui importo si aggira sui 500 mln di euro, e riguarda l’aviation (il lotto che suscita più interesse), ossia il personale, con piloti e flight attendants, la flotta e gli slot.

La proposta Lufthansa prevede misure già temute circa personale di volo, che secondo i tedeschi dovrebbe essere dimezzato, in particolare quello di terra (l’handling), che presenta esuberi inconciliabili con il possibile futuro assetto della compagnia. Un’altra condizione riguarda la limitazione delle attività di corto e medio raggio. Il vettore tedesco chiede inoltre una più precisa definizione del ruolo dell’ex azionista di minoranza, Etihad. Dopo il ritiro di Ryanair, infatti, si prevede che l’asse Etihad-Lufthansa acquisti maggiore forza nelle trattative.

Le due compagnie hanno in mano progetti in comune (oltre ad Airberlin); arabi e tedeschi hanno lanciato quest’anno una partnership nell’ambito del catering, del valore di 100 mln di dollari, ma ambiscono anche a collaborazioni che interessano la riparazione, manutenzione e revisione degli aeromobili. Alitalia, dunque, non è il solo campo in cui si confrontano.

Condizioni da ‘pesce grande’ che intende dare qualche morso a quello più piccolo, ma sceglie le parti migliori, questo è del resto il pragmatismo e il rigore tedesco, sul quale, tuttavia, il governo sta riflettendo, o meglio, cercando di mettere le mani avanti: la mannaia sul taglio del personale è di un rigore inaccettabile. Per questo si sta tentando di rinviare gli accordi, presumibilmente ad aprile, dopo le elezioni politiche nel Paese.

Lufthansa non ha fretta, ma rende noto il fatto che la compagnia italiana, strutturata così com’è, non può essere accettata, e tanto meno un ‘handling’ (personale di terra) di 6 mila dipendenti, assolutamente da ridimensionare, secondo il diktat del vettore tedesco. Allo stesso tempo non s’intende rinunciare al bersaglio strategico che l’Italia rappresenta: “l’Italia è il secondo mercato più importante per noi, dopo gli Usa” – ha dichiarato di recente il Ceo del gruppo, Carsten Spohr, al Corriere della Sera.

Il gruppo Lufthansa, sempre in competizione con la compagnia low cost Ryanair – che detiene il 13% del mercato europeo, contro il loro, che è del 9% – sta facendo di tutto per surclassare il vettore irlandese, per esempio investendo qualche miliardo su Eurowings, divisione con costi ridotti.

Di recente ha rilevato Air Berlin, con la sua flotta e 3 mila dipendenti. Ma non è mai abbastanza per questo colosso dell’aviazione, e l’interesse nei confronti di Alitalia è certo, la loro presenza in Italia s’intende incrementarla, ma gli accordi sono vincolati a condizioni ben precise.

Intanto i plichi contenenti le proposte di acquisto vincolanti, sono state portate dal notaio Nicola Atlante, presso lo studio legale Gianni Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, qui saranno prese in esame le offerte di acquisto. Già si sa che le proposte riguardano l’acquisto di ‘pezzi’ di attività di Alitalia, e questo è l’aspetto meno allettante. Di certo non esultano i dipendenti, e neanche i sindacati che li tutelano.

E tuttavia la prospettiva da scongiurare resta quella dei tagli all’occupazione: il personale rischia d’essere dimezzato.

Intanto, dei 600 milioni del cosiddetto ‘prestito ponte’ concesso dal governo, ne sono stati utilizzati una novantina. Gli ulteriori 300 mln, messi a disposizione sempre dal Governo Gentiloni, andranno in un Fondo garanzia, come ammortizzatore in caso di fallimento.
Insomma saranno mesi durissimi, quelli che aspettano Alitalia, l’incertezza fibrillerà fino ad aprile, quando il suo destino si delineerà con orizzonti più certi.

Per i tre Commissari straordinari, Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, si va al prossimo anno, con l’obiettivo di migliorare, nell’interesse della compagnia, l’offerta definitiva; in particolare si punta alla vendita con lotto unico, piuttosto che separare i due lotti ‘aviation’ e ‘handling’.

Verso giugno prossimo, si arriverà al ‘closing’, e si attenderà quindi il parere dell’Antitrust, prima di conoscere il reale destino dell’ex compagnia di bandiera italiana.

CDM. APPROVATO IL DECRETO FISCALE, DOMANI PRESENTAZIONE DELLA LEGGE DI BILANCIO

DI VIRGINIA MURRU

E’ stato approvato il decreto fiscale, in vista della legge di bilancio che lunedì sarà presentata dal Cdm, nell’ambito della manovra 2018 (sarà solo la prima tranche). La legge di Bilancio sarà poi trasmessa a Bruxelles, ma l’attende anche l’esame di Camera e Senato.

L’approvazione, secondo la dichiarazione della ministra Anna Finocchiaro, è ‘salvo intese’, potrebbe pertanto essere rivista prima di passare alle Camere.
Si riconfermano (come anticipato da Padoan nelle scorse settimane), le sanatorie sulle cartelle fiscali, la cosiddetta ‘rottamazione bis’, nonché la proroga con rifinanziamento del prestito ponte destinato ad Alitalia: si aggiungeranno (ai 600 mln già stanziati) 300 milioni.

Per quel che concerne la rottamazione bis, si tratta dei ruoli fiscali e contributivi di pertinenza del corrente anno, da gennaio a settembre. Sono state previste massimo 5 rate, l’importo delle rate deve essere ripartito in modo uguale, i mesi di competenza saranno: luglio, settembre, ottobre, novembre e febbraio 2019. Sarà stabilito un accordo in merito con l’agente della riscossione entro marzo 2018, mentre il termine ultimo per le adesioni dei contribuenti è fissato per il 15 maggio prossimo. Per coloro che avessero omesso di versare le rate di luglio e settembre, i termini sono stati prorogati fino alla fine di novembre.

Secondo il ministro Padoan, la sanatoria sulle liti pendenti dovrebbe portare nelle casse dell’Erario 250 milioni. Il ministro dell’Economia ritiene ‘compatta e solida’ la legge di bilancio, e si dichiara fiducioso sull’esito della discussione alla quale sarà sottoposta a breve in Parlamento.

La riapertura della sanatoria arriva anche sul versante delle rateazioni, che anch’esse saranno soggette a rottamazione. I contribuenti che hanno saltato il pagamento delle rate relative alle vecchie cartelle, potranno beneficiare di questa proroga, con la precedente disciplina non era consentito, si perdeva il diritto.

Del dl fa parte anche una nuova norma ‘anti-corvo’, per alzare una barricata contro le scalate ostili; le norme sul golden power, infatti, prevedono poteri speciali quando si presenta l’insidia di investimenti ‘predatori’ provenienti dall’estero. Si tratta di una norma cara al ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e agisce contro i ‘predatori’ di quote azionarie che vengono da Paesi terzi.

La norma stabilisce infatti che, al superamento della soglia, chi investe ha l’onere di trasmettere una ‘lettera d’intenti’, nella quale, in modo trasparente, si mettono in chiaro gli intenti, appunto, al fine di prevenire manovre poco limpide. Dopo il contenzioso tra Mediaset e Vivendi, il Governo ha ritenuto opportuno disciplinare queste evenienze, evitando spiacevoli sorprese alle aziende ‘vittime’ di queste mire da parte di imprenditori stranieri.

Troverà applicazione nel contenzioso Vivendi-Tim, ma non sarà l’unico caso, la norma disciplina e contempla situazioni simili. In via di definizione ora gli interventi del Cdm su questo caso specifico, verrà messa in atto una delibera al riguardo dalla Presidenza del Consiglio proprio lunedì 16 ottobre, quando sarà presentato anche il disegno di legge di bilancio.

Nella delibera della Presidenza del Consiglio ci saranno condizioni di trasparenza ben precise concernenti la gestione di Telecom Italia Sparkle, che è controllata da TIM, e si occupa dei cavi sottomarini internazionali. La delibera è stata avviata in concerto con il Ministero della Difesa e  degli Interni, e la collaborazione del Ministero per lo Sviluppo Economico.

Il decreto fiscale prevede, come il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva già annunciato, la sterilizzazione Iva per il prossimo anno, in programma 1 miliardo. La legge di bilancio stabilirà le misure per questo processo di contenimento delle aliquote, che sarebbero scattate nel 2018, per un importo di 15,7 miliardi.

500 mln sono stati invece assegnati, tramite il Fondo di garanzia, alle piccole e medie imprese, di questi 300 sono destinati al 2017, i restanti 200 al prossimo anno. Il decreto tiene anche conto delle catastrofi naturali, e pertanto sono state sospese le tasse nell’area intorno a Livorno, di recente colpita dall’alluvione.

Una novità del decreto fiscale riguarda l’intermediazione della SIAE, ossia quelle norme che disciplinano il diritto d’autore. Gli organismi di gestione collettiva (associazioni no profit) potranno rappresentare i propri tesserati e difenderne i diritti, senza chiedere l’intervento della Siae, prima d’ora obbligatorio.

Un’altra disposizione del decreto si occupa del credito d’imposta per l’avvio di una campagna pubblicitaria (tramite giornali o radio e TV). Il beneficio relativo al credito d’imposta è rivolto ai lavoratori autonomi e imprese, per investimenti di competenza del secondo semestre 2017. Il credito d’imposta, che è del 75%, viene applicato sulle quote incrementali degli investimenti, rapportate all’anno precedente. Arriva fino al 90% per start-up e piccole imprese.

Sarà esteso a tutte le società controllate dalla Pubblica Amministrazione lo ‘Split payment’; si tratta, in spiccioli, del nuovo meccanismo di liquidazione IVA, che era stato previsto dalla Legge di Stabilità di due anni fa (la Legge 190/2014), poi revisionata con DL 50/2017.

La nuova normativa riguarda gli enti pubblici nazionali, regionali e locali, fondazioni (partecipate della PA) e società controllate in modo diretto o indiretto da qualunque amministrazione pubblica.
Tra le disposizioni del decreto c’è anche il rinnovo del finanziamento delle missioni internazionali, oltre ad assunzioni straordinarie per le forze dell’ordine (polizia). In questo ambito stabilisce che, la carica dei generali, avrà una durata massimo di 3 anni e non sarà suscettibile di proroghe.

Sono previste in questo ambito 5.590 assunzioni entro la fine del 2017, più alcune migliaia da reclutare tramite concorsi che si svolgeranno entro il 2019. E’ in sintesi la risposta del governo alle proteste dei sindacati di polizia, Vigili del fuoco e agenti penitenziari, che tramite la Consulta di sicurezza, hanno chiesto interventi più incisivi. Oltre 5 mila nuovi assunti andranno a potenziare le forze dell’ordine.

Un milione di euro per il triennio 2018/20 sarà stanziato per il personale delle Prefetture in missione all’estero per l’adempimento dei relativi accordi internazionali, riguardante la lotta contro il terrorismo, ed emergenze in materia d’immigrazione.

IL NOBEL PER L’ECONOMIA 2017, RICHARD H. THALER, E LA ‘TEORIA DEL PUNGOLO’

 

DI VIRGINIA MURRU

 

Quest’anno il Nobel per l’Economia è stato assegnato ad un ‘professor’ di scienze comportamentali all’University of Chicago Booth School of Business, per gli studi sui comportamenti economici (e la finanza comportamentale), ma è anche ricercatore associato del National Bureau of Economic Research.

Thaler è il noto autore e assertore della “Teoria del pungolo”. Questi studi costituiscono ormai una branca dell’Economia Politica, che fonda le sue basi su concezioni di carattere psicologico, in quanto spiega l’irrazionalità delle scelte nei comportamenti umani, guidati da flussi d’ impulsi emotivi che non di rado influenzano l’andamento dei mercati.

E’ infatti l’aspetto puramente umano, secondo gli studi portati avanti da Thaler in questo versante per decenni, ad avere il potere di orientare l’esito delle contrattazioni (per esempio), e non è certo un’eccezione che il panico agisca come una raffica causando autentici crolli in Borsa. Abbiamo visto cosa è accaduto nel gennaio 2016 nei mercati di Shenzhen e Shanghai, e l’effetto domino che ha causato nei mercati dell’Occidente, e a livello globale.

Reazioni simili possono interagire su altri mercati, espandere quest’onda d’urto come fosse un cerchio concentrico che si propaga in modo irrazionale, a volte difficile da controllare. Eppure dietro il panico o l’euforia dei mercati, vi sono queste onde emotive scatenate da dichiarazioni di alti esponenti della finanza, da rappresentanti politici, o da situazioni d’instabilità geopolitica.

Tutto ciò che filtra in questo grande impluvio finanziario, può scatenare tempeste o esaltare gli investitori, dipende ovviamente da quelli che sono gli input che provengono da orizzonti sensibili.

I mercati sono uno degli aspetti analizzati e studiati da Thaler, è in generale il comportamento del singolo e della collettività ad essere oggetto delle sue ricerche.

Gli studi sulle teorie di Thaler hanno riscontrato un notevole successo e sono stati applicati di recente non solo negli States (Nudge è stato un libro simbolo durante la campagna elettorale di Obama), ma anche in Europa. Thaler ha prestato la sua opera in qualità di consulente ‘tecnico’ nel governo Cameron e ha quindi creato il “Behavioural Insights Team”, uno staff che ha contribuito a mettere in pratica la teoria del paternalismo libertario.

I suoi principi di scienza comportamentale, orientati sull’economia e la finanza, sono stati divulgati attraverso una pubblicazione del 2008, scritta a quattro mani con il giurista Cass Sunstein, e intitolata ‘Nudge (pungolo), la spinta gentile’.
L’opera spiega quanto sia importante orientare le scelte del singolo o di un gruppo di persone, affinché i risultati siano ponderati e soddisfacenti, indirettamente anche per la società e il governo che la rappresenta (paternalismo libertario).

Scelte che contribuiscono a migliorare il proprio stile di vita, risultando più consapevoli, perché dietro vi operano esseri umani, vero punto di partenza per ogni valutazione di carattere politico ed economico. Thaler ha in definitiva messo al centro dei suoi studi l’uomo, avvalendosi di ricerche in ambito psicologico e sociologico.

Già le grandi aziende hanno adottato strategie di economia comportamentale per influenzare i consumatori e persuaderli a scegliere un certo prodotto. Una semplice pubblicità, del resto, con tutte le ricerche di marketing che si porta dietro, assolve un ruolo di questo tipo, perché è in fin dei conti una sollecitazione, non puro orientamento.

Secondo il professore dell’University of Chicago, ‘gli esseri umani compiono scelte poco mirate, perché influenzati da una serie di comportamenti inadeguati, viziati da pregiudizi cognitivi, in tante direzioni: dalla scelta dell’istruzione, a quella della salute, alle valutazioni di un investimento, un mutuo, fino a errori che implicano conseguenze anche più serie.

Thaler non è il pioniere degli studi sulla finanza comportamentale, già Adam Smith, con l’opera ‘Teoria dei sentimenti morali’, illuminò il processo dei comportamenti psicologici individuali che guidano le scelte, specialmente in ambito economico e finanziario. Ed altri seguirono la traccia di questi studi, fino a che, Kahneman e Tversky, diedero una svolta con l’opera “Decision Making Under Risk”.

I due autori si avvalsero di tecniche particolari, attinenti alla psicologia cognitiva, per spiegare i nodi che determinano l’impulso decisionale. Seguendo questa logica, le teorie economiche partono dal presupposto che gli individui svolgono un ruolo razionale ben preciso nel mercato.

Eppure vi sono oscillazioni di reazioni all’interno dei mercati, tali da implicare e chiamare in causa la finanza comportamentale. Il panico di perdere i soldi investiti, per esempio, che magari rappresentano i risparmi di una vita, sembra sia tre volte più incisiva dell’esaltazione di una speculazione andata a buon fine.

I mercati funzionano non di rado tramite flussi di emozioni che viaggiano in modo ‘sotterraneo’ (in apparenza), per questo nessuno si stupisce quando c’è la corsa all’acquisto di un titolo, perché si segue il branco, e non ci si volta indietro, spesso, anzi, non si prendono nemmeno le dovute precauzioni, seguendo un’adeguata informazione. E’ così che esplodono le cosiddette ‘bolle speculative’.

Dietro la scienza relativa alla finanza comportamentale vi sono studi svolti ‘sul campo’, tramite test o sondaggi, con il supporto della stessa medicina, per arrivare a comprendere il complesso universo degli impulsi che portano l’individuo a compiere scelte davanti a situazioni incerte, comunque poco chiare.
Si è riusciti ad individuare, tramite ricerche mirate, le aree del cervello implicate nel processo ‘decisionale’, e dunque si è trovato un riscontro concreto, con questi studi ancora empirici, purtroppo, perché non danno certezze assolute nei risultati.

L’individuo, in quanto singolo, può compiere scelte in modo autonomo, ma spesso è il risultato di naturali influenze di carattere sociale a spingerlo verso una direzione piuttosto che in un’altra. In definitiva si direbbe che è l’inconscio collettivo di Jung a svolgere il suo ruolo anche negli ostici scenari dell’economia e della finanza, dove il terreno è tempestato di ‘mine’.

Gli studi di Thaler iniziarono negli anni ’70, mettendo in discussione le teorie economiche classiche, le quali partivano dal presupposto che l’equilibrio perfetto si potesse raggiungere attraverso il punto d’incontro (perfetto) tra domanda e offerta. Mentre gli attori economici si pongono l’obiettivo di massimizzare i vantaggi e il profitto dalle operazioni e scelte compiute, naturalmente portando al minimo i costi.

Thaler ha dimostrato che si tratta di assetti convenzionali: la realtà compie altri percorsi. Gli esseri umani possono essere divisi in due grandi categorie, secondo l’economista:
gli Econs – che sono assolutamente razionali, e in grado di effettuare scelte ponderate,
e gli Humans – cioè il resto dell’umanità. Un’umanità che ha tutte le informazioni e la giusta ‘segnaletica’ per compiere scelte idonee alle proprie esigenze, dal semplice prodotto di un supermercato, al medico più competente, alla banca più efficiente, al mutuo più conveniente.

Eppure, nonostante la razionalità della ragione (it’s hard to make good decisions), ci lasciamo prendere la mano da influenze che non risultano governabili dall’arbitrio. Thaler ovviamente, concentra le sue ricerche sulla seconda categoria, ossia un prototipo d’individuo che rappresenti la società.

Il professore, insignito del più alto riconoscimento in ambito internazionale, non ritiene positivi i comportamenti puramente razionali derivanti dai modelli economici imperanti, e per sottolinearne l’importanza, ha dichiarato che la somma in denaro del Premio Nobel (9 milioni di corone svedesi, circa), “la spenderà nel modo più irrazionale possibile..”

FMI: ACCELERAZIONE DELLA RIPRESA A LIVELLO GLOBALE, ITALIA IN CRESCITA

DI VIRGINIA MURRU

 

Il FMI, nel ‘Global Financial Stability Report 2017, è positivo sui risultati della ripresa a livello globale, ma invita alla cautela e alla vigilanza, a non ‘compiacersi’ degli obiettivi raggiunti, sottovalutando le vulnerabilità che ancora sussistono nel sistema.

Secondo le valutazioni dell’Istituto di Washington, è stato, ed è fondamentale, il sostegno della politica monetaria espansiva (Qe), e pertanto si ritiene importante proseguire ancora in questa direzione, fino a quando l’eurosistema non sarà in grado di svincolarsene senza creare conseguenze sul piano finanziario. Si legge infatti, nel report di ottobre 2017:

“The Global Financial Stability Report (GFSR) finds that the global financial system continues to strengthen in response to extraordinary policy support..” (Il ‘Report sulla stabilità finanziaria globale, constata che il sistema finanziario globale continua a rafforzarsi, in risposta alla politica di supporto straordinaria).

I punti fragili del sistema economico mondiale sono stati riassunti in 5 punti, tra i quali il protezionismo, la volatilità bassa dei mercati, e il debole tasso d’inflazione, che in diversi paesi (Europa in primis), è distante dal target, ossia del 2%, obiettivo delle banche centrali.

E poi l’ottimismo delle stime: l’economia europea è avviata verso una crescita del 2,1%, invece il target relativo all’inflazione del 2% slitta al 2022, con traguardi intermedi tra l’1,4% (nel 2018) e l’1,5% nel 2017. A fare fibrillare i ‘forecast’ sono anche i ‘Non performing loans’, ossia i crediti deteriorati, quelle sofferenze bancarie che tanti disastri hanno creato nel sistema finanziario dell’Ue.

E poiché proprio l’assetto finanziario è vulnerabile alle incertezze geopolitiche che filtra il sistema, l’attenzione è puntata sull’instabilità politica che sta causando la richiesta di secessione della Catalogna, la quale potrebbe fungere da detonatore per altre aree dell’Europa sensibili su questo versante.

L’analisi del Fmi tiene conto anche di queste variabili, i risultati si considerano soddisfacenti, ma persistono ‘correnti’ contrarie, che, se non tenute sotto controllo, potrebbero sovvertire un quadro proiettato verso la crescita. Christine Lagarde, Direttore Generale del Fmi, insiste sull’importanza della cooperazione a livello globale, a non erigere steccati sul piano internazionale: è necessario andare avanti e non percorrere sentieri autonomi che chiamano in causa il protezionismo, pressoché inconcepibile in piena era di globalizzazione.

Non si fanno allusioni, nel report, ma certamente la politica degli Usa non è vista nell’ottica della stabilità e della cooperazione.

Secondo l’istituto americano, l’Italia ha compiuto notevoli passi avanti, e infatti le stime di crescita sono state riviste al rialzo per il corrente anno, mentre nel 2018 ci sarà una contrazione pari allo 0,4%, sarà dunque dell’ordine dell’1,1%.

Una divergenza non di poco conto con le stime del Def, che invece ha previsto lo stesso livello di crescita anche per il prossimo anno. Il tasso di disoccupazione sta rientrando, secondo il Fmi, verso argini meno drammatici, ma resta ancora un dato sensibile dell’economia italiana. Come del resto non si può ancora dire solido il comparto bancario, se si porta dietro una zavorra di Npl che equivale al 30% del totale riscontrato negli altri paesi europei.

E tuttavia, a livello generale, in Eurozona, i crediti deteriorati restano un problema irrisolto, nel primo trimestre dell’anno in corso risultano pari al 5,7%, in diversi paesi hanno raggiunto picchi che superano il 10%.

A rendere meno vigorosa la crescita in Italia, contribuisce anche il debito (soprattutto), perenne emergenza dei conti pubblici del Paese, il Fmi prevede che nel 2017 si attesterà al 133% (era 132,6% lo scorso anno), il Fondo prevede un miglioramento nel 2018: il debito pubblico sarà ridotto a 131,4%. Anche qui discordanza con la Nota di aggiornamento del Def, che è più ottimista circa la possibilità di ridurne la portata.

Un’Italia promossa in fin dei conti con riserva, sono questi i nodi che impediscono di esprimere auspici migliori per il futuro, le stime non possono essere del tutto positive finché non si interverrà per sanare i punti deboli del nostro sistema economico.

BCE. POSITIVI GLI ESITI SUGLI STRESS TEST CONDOTTI DALL’EBA NELLE BANCHE EUROPEE

 

DI VIRGINIA MURRU

 

L’Autorità Bancaria Europea (EBA), ha eseguito gli stress test sui bilanci delle banche europee di fine esercizio 2016; l’Eurotower si è dichiarata soddisfatta dell’esito positivo di questi risultati, le banche hanno risposto bene a queste ‘sollecitazioni’.

Gli stress test rappresentano un fondamentale mezzo di controllo sulle capacità di tenuta dei maggiori istituti di credito europei; si considerano situazioni finanziarie avverse, ma  effettivamente, non hanno un alto grado di probabilità di verificarsi.

Le Autorità di vigilanza europee adottano questi metodi di analisi da anni, ormai. Lo stress test sui bilanci delle banche europee (relativi alla fine del 2016), hanno avuto il fine di accertare la tenuta delle banche in esame, dato che in prospettiva c’è, per i successivi 3 anni, un possibile aumento dei tassi d’interesse:  ci si aspetta infatti dalla Bce un cambiamento della politica monetaria (misure di tapering).

Se questo aumento dei tassi auspicato si verificasse – secondo le risultanze della Vigilanza – ciò avrebbe come conseguenza l’incremento del margine d’interesse, al quale seguirebbe un’altra reazione, che porterebbe in decremento il valore del capitale, ossia dell’equity.

Aumentando di 200 punti base i tassi, il margine d’interesse andrebbe ad aumentare del 4,1% nel corrente anno, del 10,5% entro il biennio 2018/19, anche se, come si è accennato, andrebbe in decremento il valore dell’equity, che sarebbe del 2,7% considerato a livello aggregato.

Con queste premesse, sostiene la Banca Centrale Europea, ci si aspetta che, in considerazione dei maggiori rischi, ogni singola banca chieda un capitale maggiore; si tratterebbe di una reazione comunque circoscritta, non sul piano globale.
Il metodo con cui si applicano gli esercizi di stress test, possono essere diversi e cambiare a seconda del paese ‘in esame’ con l’andare del tempo.

La procedura attuale riguardante i test è piuttosto rigorosa, sia perché è proiettata in un triennio, e dunque uno spazio temporale più ampio (per esempio rispetto a quelli seguiti dalle Autorità statunitensi), e sia per le caratteristiche concernenti i metodi applicati.
Gli stress test possono anche definire esigenze immediate d’incremento patrimoniale, ma sono risultati che vengono impiegati dalla Vigilanza per fini di ordinari processi di controllo e supervisione.

L’EBA – Autorità Bancaria Europea – si prefigge, con l’utilizzo di questi metodi, di verificare la stabilità del sistema finanziario europeo, e di regolare il funzionamento  e l’efficienza dei mercati finanziari, individuandone quindi le possibili vulnerabilità, i rischi e le tendenze.

Le funzioni dell’Eba, in ambito europeo, vengono svolte in collaborazione con il CERS, ossia Comitato Europeo per il Rischio Sistemico, i test ai quali le banche sono sottoposte, hanno il fine d’individuare le reali capacità degli istituti di credito di affrontare emergenze, comunque situazioni negative dei mercati.

Elaborando questi dati, l’Eba può prevenire condizioni di rischio e in ogni caso contribuire alla valutazione del rischio sistemico (finanziario) in ambito europeo.
Gli stress test seguono una procedura ‘bottom-up’, alla base vi sono metodiche e scenari analizzati tramite una stretta collaborazione con il CERS, oltre che con la Bce e la Commissione europea.

MOODY’S: L’ITALIA NON MERITA UNA PAGELLA PIU’ BRILLANTE..

DI VIRGINIA MURRU

 

L’Agenzia Moody’s non si lascia condizionare dall’entusiasmo del momento, l’outlook sull’Italia è negativo e il rating non va oltre Baa2. Estrema prudenza nelle valutazioni, permangono considerazioni d’incertezza verso il futuro e le prossime elezioni politiche.

Secondo l’agenzia di rating, che non è mai stata di ‘manica larga’ nei confronti del bel paese, il futuro Governo, verosimilmente, potrebbe essere ‘un precario’ non in grado di assicurare la stabilità politica della quale il Paese ha estremo bisogno, per ingranare una marcia di crescita più decisa.

Ci dovrebbero essere garanzie precise per quel che concerne le scelte di politica economica coraggiosa espresse dall’attuale Governo, con un’incentivazione delle riforme strutturali, e il rafforzamento del settore bancario.
In sintonia con altri dati macro fondamentali per consolidare la crescita.

Moody’s riconosce tutti gli sforzi compiuti dal Governo negli ultimi quattro anni, ritiene buona anche la crescita dell’1,5% del Pil per l’anno in corso e il 2018, rivelatosi ‘oltre le aspettative’, sottolinea. Ma non basta: per una pagella più brillante, è necessario dimostrare impegno e risultati più convincenti, secondo l’Agenzia di rating.

Insomma, nessun voto d’incoraggiamento, il Paese dovrà dimostrare di meritarselo con coerenza e impegno nei prossimi anni, una volta avviata la nuova legislatura. Moody’s insiste sulla necessità di risanare i conti pubblici, il debito è molto alto, e proprio qui il prossimo Governo dimostrerà di sapere stare al timone.

Abbattere questo mostro che schiaccia l’economia deve diventare un imperativo, considerato che sottrae risorse fondamentali, anche a causa della ruota infernale di interessi che produce. Bisogna fermarlo e ridurlo in maniera più efficace, sia pure graduale, solo così i margini di manovra diventeranno più elastici, tali da rendere più agevole la spesa e l’incentivazione degli investimenti.

IL LOW COST NON E’ PIU’ LA STRATEGIA VINCENTE DELLE COMPAGNIE AEREE

 

DI VIRGINIA MURRU

 

La strategia del low cost, applicata da tanti vettori in Europa (e non solo), nonostante si sia rivelata vincente per anni e anni, ora è inesorabilmente in crisi. Qualcosa si è spezzato nella giungla di questo mercato, dove le dinamiche della concorrenza decidono la supremazia delle compagnie che dimostrano di reggere gli urti della competitività, perché in fin dei conti sono più resilienti, più corazzate finanziariamente.

Per troppo tempo abbiamo messo alla gogna Alitalia, l’ex compagnia di bandiera, addebitandole ogni responsabilità, mentre si assisteva ad un susseguirsi di crisi e dissesti, che nel volgere di alcuni decenni, da vettore di prestigio internazionale, si è esposta al declino, cancellando anno dopo anno le credenziali di efficienza e invulnerabilità sulla ‘quota’ di mercato che si è conquistata.

Dalle stelle alle stalle, da un padrone all’altro. Eppure le altre compagnie di bandiera europee non hanno avuto ali propriamente d’acciaio, e le notizie di cedimenti non sono state poi una rarità nella compagine dei vettori europei più solidi negli anni della crisi.
Ora c’è da dire che stanno recuperando, dopo serie riflessioni sull’esigenza di tagliare i costi e di migliorare la gestione. Per non collassare hanno messo in atto strategie volte a ridurre gli sprechi, anche tramite il contenimento degli stipendi al personale.

Una delle ragioni che hanno portato più volte Alitalia sull’orlo del fallimento, è stato proprio il trattamento economico di cui beneficiano i dipendenti, in particolare piloti e comandanti.

Le compagnie di bandiera, e quelle al di fuori del perimetro del low cost, hanno assimilato diverse lezioni.

Per questo nuovo assetto finanziario più solido, per una governance più garantita ed efficiente, la Borsa le ha premiate, se si considera come riferimento l’inizio dell’anno, i titoli di alcune compagnie hanno fatto balzi davvero considerevoli, si allude ad Air France Klm, il cui titolo è salito del 163%, British Airways, del 38%, Lufthansa, del 98%..
In questo clima di ripresa e consolidamento delle grandi compagnie tradizionali, come mai le big del low cost, che sembravano inossidabili e inaffondabili, si trovano davanti all’abisso della crisi? Una crisi che magari non sarà irreversibile, ma che, inevitabilmente, si presenta come una spia rossa lampeggiante, ed impone una revisione del concetto ‘low cost’.

C’è da fare il punto su un allarme che nemmeno Ryanair può più celare dietro ‘il riposo dovuto ai piloti’ e ‘lo studio per il rispetto della puntualità sugli orari’, quando la verità è più amara, e riguarda invece la fuga dei piloti verso ripari più gratificanti, non solo sul versante del trattamento economico. Tutto da rivedere? Possibile, se da questi acquitrini Mister Michael O’Leary si vuole allontanare, insieme a tutta la numerosa tribù.

Il quotidiano irlandese ‘The Irish Independent’, parla di ‘migrazione’ verso la compagnia low cost ‘Norwegian’, che sembra godere ottima salute, e ha spalancato le sue porte a 140 piloti di Ryanair, offrendo loro contratti molto più allettanti.

E la lista non sarebbe così ‘esigua; infatti, secondo le risultanze dell’associazione dei piloti irlandesi, Ialpa, sarebbero invece 718 i comandanti che hanno trovato riparo altrove, in compagnie ancora più compiacenti, come quelle cinesi e arabe. Se questi dati fossero confermati, sarebbe davvero tutto da rifare, e non resterebbe che un senso di stupore e scalpore, perché davvero, con i risultati conseguiti dal vettore irlandese nel 2016, sembrava che quel cielo fosse libero e immune dal termine ‘crisi’. Il low cost sembrava anzi il parafulmine della crisi.

E infatti lo scorso anno si è chiuso con cifre da record: prima di tutto il vettore irlandese si conferma in Italia la prima compagnia aerea, sia in ambito nazionale che internazionale. Ryanair, e già si sapeva, è il principale operatore degli scali aeroportuali italiani.

E veniamo ai numeri (nel 2016): 32.615.340 passeggeri, che segnano una crescita in positivo del 9,8%, rispetto al 2015. Non cifre che preludono una crisi quasi imminente. Eppure, siamo sulla soglia. Mentre ad Orio al Serio Ryanair fa la parte del leone, e detiene l’80% del traffico passeggeri. Vi lavorano 7.500 dipendenti, senza considerare l’indotto, che sfiora i 25 mila.
Ora la ‘big company’ farà la sua pausa di riflessione, come tutte le crisi che si rispettino, al malessere serio, seguirà un protocollo di cura che sia confacente al caso, ma non è pensabile, né tanto meno auspicabile, che un gigante di questa portata possa collassare. Perderà qualche unghia, userà un’impietosa mannaia, e ad essere sacrificati saranno magari migliaia di dipendenti. Ma è ragionevole pensare che potrà tornare a spiccare il volo con la consueta sicurezza.

Nessuno, in ogni caso, avrebbe mai potuto ipotizzare una crisi del settore low cost, che delle strategie di ottimizzazione dei costi ne ha sempre fatto una carta vincente. Non ‘All of a sudden’, dicono nel Regno Unito per ‘Monarch Airlines’, vettore (low cost) che gestiva una buona fetta del mercato in Europa, e che facendo un bel po’ di rumore è uscito di scena, perché finito nel vortice della bancarotta. E’ un turbinare continuo negli ultimi mesi, soprattutto intorno alle compagnie del low cost; ignorare questo planare raso terra di eccellenze, il cui ‘brand’ ha sempre rappresentato una garanzia per i passeggeri, non è più possibile.

Difficile capire le origini di questi cedimenti, alcune cause sembrano evidenti, ma tante si celano nella fitta rete di dinamiche che regolano il mercato, una giungla, quasi.
Secondo il prof. Cesare Pozzi, docente di Economia industriale alla Luiss, “abbassare i prezzi in modo così selvaggio, per difendersi dalla concorrenza, a scapito del personale di volo e della qualità dei servizi, non può produrre buoni risultati nel lungo periodo.

I costi con i quali ci si misura, portano inevitabilmente alle difficoltà.” Le ragioni, secondo il prof. Pozzi, sarebbero da ricercare anche sulla liberalizzazione del trasporto aereo, che ha portato a sviluppare un nuovo assetto normativo, il quale favorisce la concorrenza, ma produce dipendenza nel mercato. Gli investimenti pubblici negli aeroporti, per rendere più agevoli gli scali, hanno favorito fino ad ora i vettori del low cost, perché hanno anche finanziato la disponibilità di nuove rotte.

Intanto Ryanair ora deve pensare a svincolarsi dagli artigli della Codacons e della Procura di Bergamo, visto che la Magistratura non intende fare finta di nulla, dopo gli annunci shock della compagnia sulla sospensione di centinaia di migliaia di voli.

Ryanair, non è una novità, con la politica di prezzi ‘low cost’, ha costruito la sua fortuna, ora però dovrà fare i conti con un procedimento istruttorio aperto dall’antitrust, a causa di presunte iniziative commerciali sleali, violando, secondo l’Authority, il Codice del Consumo. Il vettore irlandese dovrà vedersela anche con l’inchiesta dei magistrati della procura di Bergamo, in seguito all’esposto di Codacons, dopo la decisione di cancellare migliaia di voli.

Quest’ultima ha deciso di tutelare i passeggeri, ‘scaricati’ senza troppi riguardi, i quali potranno costituirsi come parte offesa nel procedimento in corso, e saranno assistiti tramite una richiesta di rimborso e/o risarcimento che ognuno di loro potrà indirizzare a Ryanair. Gli interessati possono scaricare ‘una nomina di persona offesa’ individuale, con questa procedura saranno sicuramente riconosciuti i diritti di ogni passeggero danneggiato.

E in graticola, come si è accennato, c’è anche Monarch, oltre ad un’ecatombe di fallimenti di piccole compagnie, che sono scese nell’arena, ma non hanno retto il confronto: i passeri, del resto, davanti alle aquile, prima o poi finiscono per diventare prede, e infatti molte di loro sono state reclutate da vettori più forti, sia in termini di flotta che di profitti.
Monarch Airlines, compagnia del Regno Unito, pochi giorni fa ha dichiarato fallimento, e non è stato facile per l’aviazione civile britannica accettarne il crack, anche perché ha piantato in asso 110 mila passeggeri, mentre altri 300 mila si ritroveranno con i voli annullati, e un ticket da rimborsare.

Il Governo britannico ha provveduto al noleggio di alcune decine di aerei, per riportare in Gran Bretagna i passeggeri bloccati all’estero a causa della cancellazione dei voli. Mentre Ryanair scopre nel giro di pochi mesi che piove in casa, per Monarch Airlines non è una novità, lo spettro della crisi incombeva da anni. Come Alitalia ha subito tante trasfusioni di liquidità, si pensa che le tratte verso la Turchia e l’Egitto, nelle quali aveva quasi il monopolio, abbiano subito un ingente calo di passeggeri, e questa sia stata la breccia attraverso la quale è passata la crisi.

La Monarch Airlines, con base all’aeroporto londinese di Luton, è stata pertanto costretta alla sospensione di tutti i voli. Questa volta il malessere è serio.
Ora è in amministrazione controllata, le sue sorti non sono state ancora definite, occorrerà del tempo, ovviamente, anche perché 3 mila lavoratori non si rassegneranno ad essere scaricati come valige in un angolo. I dirigenti della compagnia non risparmiano le frecce al veleno al Governo May, per il modo in cui è stata gestita la crisi fino ad ora, e c’è poi l’incognita Brexit, che non si sta rivelando essere, come si illudevano i sostenitori del ‘leave’, quel favo di miele che avrebbe finalmente reso felici i sudditi di S.M.

Eppure la crisi che attraversa l’aviazione civile non riguarda solo l’Europa, negli Usa, le difficoltà ci sono eccome. Anche negli States c’è carenza di piloti (in Europa, secondo gli esperti, ne mancherebbero circa 50 mila). La compagnia ‘Horizon Air’ è stata indotta a cancellare oltre 700 collegamenti ad agosto scorso, ed entro un ventennio si stima che sono necessari più di 600 mila boeing. Ma la grande lacuna restano i piloti, la loro formazione, l’integrazione nell’organico.

In piena era di globalizzazione, l’Europa non poteva essere l’unico continente ad essere coinvolto in questo fenomeno, che sta peraltro creando notevoli disagi ai passeggeri.