OGGI DIMEZZATO IL QE: 15 MILIARDI AL MESE. IMPLICAZIONI NELL’ECONOMIA ITALIANA

DI VIRGINIA MURRU

 

Il programma di riduzione degli stimoli monetari da parte della Bce,  iniziato nel 2017, prosegue: da oggi il Quantitative Easing sarà ancora dimezzato, e gli acquisti di titoli saranno ridotti a 15 miliardi di euro al mese, fino al 31 dicembre, quando la politica monetaria di ‘accomodamento’ sarà completamente azzerata.

Durante il corso dell’ultima conferenza stampa del 13 settembre scorso, la  BCE ha ricordato che al momento è ancora prematuro parlare della possibilità d’incrementare i tassi di interesse.

La Banca Centrale Europea ha tuttavia assicurato, dopo l’ultima riunione del Consiglio Direttivo, che la sua attività continuerà sul mercato, attraverso il reinvestimento delle somme derivanti dal rimborso dei titoli acquistati, per un tempo “abbastanza esteso”, dopo la fine del Qe. In ogni caso, aveva affermato il presidente Draghi, il tempo necessario a “mantenere condizioni di liquidità favorevoli, e un conseguente livello di accomodamento monetario” – “Gli acquisti restano parte degli strumenti di politica monetaria che potranno essere utilizzati in particolari situazioni”.

Vigilanza, insomma, affinché le ottime performance raggiunte dall’economia dei Paesi dell’Eurozona, non subiscano ‘traumi’ in seguito alla sospensione dell’acquisto di asset. Attualmente, l’economia europea,  evidenzia un trend di crescita solido, malgrado le incidenze negative legate alla politica del protezionismo portata avanti dall’establishment Usa, e al conseguente clima d’incertezza a livello globale, soprattutto a danno delle economie emergenti.

In Eurozona dunque si viaggia sicuri, e nonostante qualche  incertezza riscontrata negli indicatori economici, che tuttavia non compromette la solidità dell’area. Nemmeno il clima di sfiducia sulla politica italiana, ha finora creato problemi seri ‘di contagio’, i mercati, dopo le reazioni negative non durate a lungo, si sono ricomposti, e non si sono verificati riflessi preoccupanti sull’andamento dell’economia negli altri paesi della zona euro.

Uno dei più importanti investitori a livello globale in obbligazioni, Pimco, circa un anno fa, aveva pronosticato, in riferimento alla fine del Qe, un clima “nefasto” per l’Italia, che avrebbe raggiunto il suo epilogo drammatico con la ‘vendita’ del debito, e un incremento d’interessi tale da compromettere del tutto la crescita economica. Pimco (Pacific Investiment Company Management, LLC), è una nota azienda californiana di gestione globale degli investimenti, che opera in titoli a reddito fisso.

Il ‘top’ di questo dissesto, secondo i dirigenti di Pimco,  avrebbe portato al “bail-out”, con una congiuntura insostenibile sul piano economico-finanziario. Il resoconto di questo ‘infausto outlook’, era stato pubblicato dal ‘Telegraph’ lo scorso anno.

L’ottimismo, ad un anno di distanza, non è poi migliorato di molto, e proprio le recenti iniziative di politica economica avviate dal Governo, non aiutano ad intravedere solide  prospettive per il Paese.

Intanto la Bce ha rivisto al ribasso, sia pure di poco, le previsioni di crescita per l’anno in corso e il 2019; ma restano ancora in positive per quel che concerne l’area euro. Il Pil, secondo le stime, subisce una lieve flessione, passando al 2% (dal 2,1%) nel 2018; mentre nel 2019, passerà dall’1,9% all’1,8%. Confermate le stime per il 2020, che restano all’1,7%. L’obiettivo inflazione al 2%, non è stato ancora raggiunto, ma ha fatto notevoli passi avanti, le stime per il triennio 2018/20, restano all’1,7%.

Fermi i tassi ufficiali, quindi confermati a -0% (tasso di riferimento) e lo 0,40% quello sui depositi alla Bce – tasso di rifinanziamento marginale 0,25%. I tassi non subiranno variazioni fino all’estate del 2019, secondo le decisioni prese all’unanimità dal Consiglio Direttivo della Bce, o comunque, come precisa il presidente Draghi, “il tempo necessario affinché la crescita dell’inflazione segua il trend di aspettative orientato al 2%”.

Secondo alcuni economisti ed esperti, non sarebbero tanto i conti pubblici in Italia a subire le conseguenze del mancato sostegno del Qe, ma piuttosto il settore privato dell’economia. La Bce ha in ogni caso assicurato che non abbandonerà il mercato, e non lascerà ‘sola’ l’economia dell’area euro, in caso di difficoltà, dopo la fine della politica monetaria espansiva, proprio perché, come ha precisato,  continuerà ad acquistare titoli di stato tramite l’investimento di quelli in scadenza.

Fin qui le risoluzioni dell’attuale Consiglio Direttivo, ma la situazione potrebbe subire variazioni nel 2019, anno in cui è previsto il cambio di guardia ai vertici della Bce. A questo punto potrebbero mutare le condizioni per quei paesi dell’area euro, la cui economia, presenta ancora fragilità.

A partire da febbraio/marzo scorso, intanto, si è fermata la corsa del ‘super euro’, che già a settembre 2017, aveva quasi raggiunto quota 1,21 nel cambio col dollaro, conseguenza positiva scaturita anche dal sentiment che si era venuto a creare nei mercati in seguito alla pubblicazione dell’indice PMI (Purchasing Managers Index, ossia Indice dei Direttori agli Acquisti), schizzato a quota 60, 6. Tenendo conto che si considera positivo già quando supera quota 50.

La corsa dell’euro,  ha raggiunto il culmine nel cambio col dollaro (1,23 – apprezzandosi del 2,5%)), intorno alla seconda settimana di gennaio,  ma dietro questi risultati c’era anche la debolezza del biglietto verde, che nei mesi successivi invece a ripreso la sua forza.

La forza acquistata dall’euro aveva comunque a inizio anno  destato  perplessità e riserve, dato che un euro così forte, col tempo, avrebbe potuto innescare riflessi negativi per l’export europeo, soprattutto nei paesi dell’Eurozona. I trader si sono orientati verso l’euro, quando ha cominciato ad allentare il programma di acquisto di titoli, creando di fatto un rafforzamento della divisa europea. Rientrata poi, in termini di rapporto con il dollaro, in primavera ed estate, quando appunto, come si è accennato, il dollaro ha ripreso vigore.

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