LA STORIA SI RIPETE

DI NELLO BALZANO

Ci si divide tra pro e contro, tra cinici e moralisti, tra contro i cinici e pro moralisti e viceversa.
Con una postilla soprattutto tra i moralisti: mai si era raggiunto un livello così.
Questo è però un particolare che accomuna, secondo me, i moralisti al centrodestra berlusconiano del 2003, nel quale il ministro del lavoro era il leghista Roberto Maroni.
In quell’anno fu promulgata la legge 30 del 14 febbraio, da loro definita in segno di rispetto, ma soprattutto per enfatizzarne, secondo il loro punto di vista, il valore , Legge Biagi, il giuslavorista ucciso nel mese di marzo del 2002 dalle Brigate Rosse, il suo apporto fu fondamentale, in quanto quale collaboratore del ministro raccolse in un libro definito “Libro Bianco” i punti salienti che permisero la scrittura della suddetta legge.
Un provvedimento che contribuì pesantemente alla precarizzazione del mondo del lavoro, con risvolti che ancora oggi provocano profonde ferite, a partire dalla cancellazione dell’art.1 della legge 1369 del 1960, in un solo colpo si eliminava il divieto di appalto, subappalto e esternalizzazione di ogni forma di mano d’opera legata all’attività specifica di un’azienda, leggere abusi con finte cooperative ecc …
Il sindacato, in particolare la CGIL, cercò di contrastare con una dialettica forte quella decisione del governo di centrodestra, che aggravò ulteriormente ciò che era stato fatto in precedenza dal governo di centrosinistra con il famoso “Pacchetto Treu”.
Fu soprattutto un contrasto a parole, sminuito dai politici del fronte berlusconiano con un semplice argomento: la CGIL chiama la legge Biagi cinicamente Legge 30, con lo scopo di cancellare la memoria del professore barbaramente ucciso dalle BR.
Tanto bastò a posizionare i sindacalisti dalla parte del torto, impedendo nei fatti un confronto nel merito, facendo prevalere un concetto di forma, più che di sostanza, che fece molta presa tra l’opinione pubblica.
Tutto questo per dire che sarebbe meglio non dare strumentalmente ad una legge o ad un modis operandi un nome proprio, sarebbe altresì opportuno discernere le critiche odierne ad un metodo di dirigenza, da quelle barbaramente ciniche verso la persona che lo ha messo in atto, discutere sulle prime rappresenta la legittimità della critica, alla base della democrazia, le seconde deprecabili a prescindere.
Come dicevo sopra chi accomuna è alla stessa stregua dei politici del centrodestra al governo nei primi anni 2000, nei fatti si rende complice di chi oggi approfitta del contesto per zittire ogni tentativo di analisi critica, con l’utilizzo pesante a suo favore di tutti i media a disposizione.