IL DECRETO DEL S. UFFIZIO CONTRO IL COMUNISMO

IL DECRETO DEL S. UFFIZIO CONTRO IL COMUNISMO

COMMENTO AD USO DEI PARROCI E CONFESSORI

Sac. ERBERTO d’AGNESE

Professore di Teologia Morale nella Pontificia Facoltà Teologica del Seminario Arcivescovile di Napoli

Nihil obstat quominus imprimatur: Joseph Can. PETRICCIONE Cens. Theol.

Imprimatur Jos. M. De Nicola Ep. Tit. Pergamen. V. G

1949

 

PREFAZIONE

Quest’opuscolo, piccolo di mole ma veramente prezioso. lo si deve alla competenza non comune di Mons. Erberto d’Agnese, Professore di Teologia Morale nella facoltà Teologica di Napoli.

L’Autore – che insegna Morale da quindici anni – si è deciso a commentare il DECRETO DEL S. UFFIZIO SUL COMUNISMO, dopo le vive premure di amici ed ex-alunni, che si sono rivolti a lui per avere schiarimenti, c dopo che la Rev.ma Curia di Napoli ha voluto che tenesse su detto Decreto il « caso morale » del 21 luglio u. s.

Mons. d’Agnese, con chiarezza, precisione e brevità – doti abituali delle sue lezioni – ha trattato, in modo esauriente, il difficile argomento, e vi ha aggiunto una « casistica » molto utile per i Pastori di anime.

Sono stati proposti i casi più frequenti, e peraltro l’Autore non ha presunto affatto esaurire tutta la « casistica » che può sorgere dall’applicazione del Decreto; ed e disposto a rispondere, ben volentieri, a quanti gli proporranno nuovi casi specifici.

Possa questo lavoro di Mons. D’Agnese essere di aiuto al Rev. Clero, ed apportare luce al laicato cattolico, affinché, con la persuasione, si possano ricondurre alla Madre Chiesa tanti figli ingannati dall’errore comunista.

Napoli, 9 agosto 1949.

Mons. EGIDIO JOVINE

Vice-Direttore del Settimanale « La Croce »

 

 

Suprema Sacra Congregatio Sancti Officii

DECRETUM

Quaesitum est ab hac Suprema Sacra Congregatione :

  1. utrum licituin sit partibus communistarum nomen dare vel eisdem favorem praestare;
  2. utrum licitum sit edere, propagare vel legere libros, periodica, diaria vel folia, quae doctrinae vel actioni connnunistarurn patrocinantur, vel in eis scribere;
  3. utrunl christifideles, qui actus de quibus in nn. 1 et 2 scienter et libere posuerint, ad Sacramenta admitti possint;
  4. utrum christifideles, qui communistarum doctrinam materialisticam et antichristianam profitentur, et in primis qui eam defendunt vel propagant, ipso facto, tamquam apostatae a fide catholica, incurrant in excommunicationem speciali modo Sedi Apostolicae reservatam.

Resp.

Ad 1. Negative: communismus enim est materialisticus et antichristianus; communistarum autem duces, etsi verbis quandoque profitentur se Religionem non oppugnare, re tamen, sive doctrina sive actione, Deo veraeque Religioni et Ecclesiae Christi sese infensos esse ostendunt;

Ad 2. Negative: prohibentur enim ipso iure (cfr. can. 1399 C. I. C.);

Ad 3. Negative, secundum ordinaria principia de Sacramentis denegandis iis qui non sunt dispositi;

Ad 4. Affirmative.

Datum Romae, die 1 Iulii 1949.

 

Traduzione italiana del Decreto stesso.

A questa Suprema Sacra Congregazione sono stati fatti i seguenti quesiti:

  1. se sia lecito iscriversi a Partiti Comunisti o dare ad essi appoggio;
  2. se sia lecito pubblicare, diffondere o leggere libri, periodici, giornali o fogli volanti, che sostengono la dottrina o la prassi del comunismo, o collaborare in essi con degli scritti;
  3. se i fedeli, che compiono consapevolmente e liberamente atti di cui ai nn. 1 e 2 possano essere ammessi ai Sacramenti;
  4. se i fedeli che professano ‘la dottrina del Comunismo, materialista e anticristiano, ed anzitutto coloro che la difendono o se ne fanno propagandisti, incorrano « ipso facto », come apostati dalla fede cattolica, nella scomunica in modo speciale riservata alla Sede Apostolica.

Risp.

al 1°- Negativamente: il Comunismo, infatti, è materialista e anticristiano; i dirigenti, poi, del Comunismo, benché a parole dichiarino qualche volta di non combattere la Religione, di fatto però, con la teoria e con l’azione, si dimostrano ostili a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo;

al 2°- Negativamente: perché proibiti dallo stesso diritto canonico (can. 1399);

al 3°- Negativamente: secondo i principii riguardanti il rifiuto dei Sacramenti a coloro che non hanno le necessarie disposizioni;

al 4° – Affermativamente.

Roma, 1 luglio 1949.

 


Circa il decreto del S. Uffizio, che riguarda il comunismo, diamo il presente commento ad uso dei parroci e confessori.

Distinguiamo questo commento in quattro parti, seguendo le risposte ai quattro quesiti rivolti alla Suprema Sacra Congregazione del Santo Uffizio.

 

È lecito iscriversi al partito comunista o favorirlo?

  1. È ILLECITO «iscriversi a partiti comunisti », perché: « il comunismo… è materialista e anticristiano: i dirigenti, poi, del comunismo, benché a parole dichiarino qualche volta di non combattere la Religione, di fatto però, con la teoria e con Fazione, si dimostrano ostili a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo».
  2. Iscriversi al partito comunista, per sé, è GRAVEMENTE illecito; perché il decreto, nella risposta al terzo quesito, parla di « rifiuto dei Sacramenti ». Ora è evidente che i Sacramenti possono essere negati soltanto a coloro che sono, e vogliono restare, in peccato mortale.

Per lo stesso motivo deve ritenersi che, per sé, è GRAVEMENTE illecito « dare appoggio » al partito comunista; nonché « pubblicare, diffondere o leggere libri, periodici, giornali o fogli volanti, che sostengono la dottrina o la prassi del comunismo, o collaborare in essi con degli scritti ».

  1. Quanto è stato precedentemente osservato si applica anche a quelle « associazioni che sono organizzate direttamente dal comunismo, per esempio, la Gioventù Comunista, i Sindacati propriamente comunisti ecc. Chi si inscrive a queste associazioni pone un atto per sé illecito » (dall’articolo – Il decreto sul comunismo – de L’ Osservatore Romano, n. 172, del 27-7-1949).
  2. È GRAVEMENTE ILLECITO « dare appoggio » al partito comunista. Ogni « apporto diretto o indiretto.. ai partiti comunisti, vale a dire ai nemici di Dio, di Nostro Signore Gesù Cristo, della Chiesa Cattolica » (Oss. Rom. l. c.) è certamente peccato grave; come, per esempio: dare al partito comunista il voto, sia nelle elezioni politiche che nelle comunali e regionali; partecipare attivamente ai suoi convegni o cortei; offrire ad essi i mezzi per la propaganda; ecc.
  3. « Tutti sanno che vi sono varie forme di socialismo, tra loro ben diverse. Qui basti dire che un partito socialista, il quale fa assolutamente causa comune con i partiti comunisti e unisce direttamente le sue forze a quelle del comunismo, favorendolo in modo esplicito, è già condannato nella prima parte del Decreto » (Oss. Rom l. c.).

È lecito pubblicare, diffondere, leggere pubblicazioni comuniste o scrivere in esse?

È gravemente illecito, cioè, per sé, è peccato mortale:

  1. « pubblicare »,
  2. o « diffondere »,
  3. o « leggere libri, periodici, giornali o fogli volanti, che sostengono la dottrina o la prassi del comunismo »,
  4. o « collaborare in essi con degli scritti ».

Osserviamo:

  1. « Pubblicare »: Peccano coloro che sono la causa primaria e principale della pubblicazione, cioè l’AUTORE (o il DIRETTORE), l’ EDITORE ed il TIPOGRAFO.Gli operai od impiegati della casa editrice o della tipografia, per sé, non peccano, perché di loro non si può dire che « pubblicano »: sottostanno, peraltro, alla legge naturale che proibisce la cooperazione al male, e perciò il loro peccato può essere più o meno grave secondo che la loro cooperazione è formale o semplicemente materiale: possono essere del tutto scusati da colpa, se vi è un motivo proporzionatamente grave; e purché non si tratti della pubblicazione di un argomento intrinsecamente cattivo, come sarebbe un argomento direttamente ed esplicitamente contrario alla fede e alla morale cattolica (COCCHI: Commentarium in C.J.C. – Vol. VI – N. 67 – Ed. III. – a. 1933).
  2. « Diffondere »: Peccano certamente quelli che spontaneamente diffondono pubblicazioni comuniste, e quelli che, invitati a far ciò, scientemente e liberamente accettano.
  3. « Leggere »: Se trattasi di libri, la lettura di essi costituisce peccato grave se NOTEVOLE è la parte che viene letta: notevole, o qualitativamente (è proprio la parte che contiene l’errore condannato), o quantitativamente (6-10 pagine).Se, invece, trattasi di periodici, giornali o fogli volanti:
    1. peccano gravemente quelli che ABITUALMENTE li leggono e quelli che, anche UNA SOLA VOLTA, leggono in essi un tratto NOTEVOLE che sia DIRETTAMENTE contrario alla fede od ai costumi;
    2. peccano venialmente quelli che, DI TANTO IN TANTO, leggono in essi ciò che, SOLO DI PASSAGGIO, si riferisce a quanto è contrario alla fede od ai costumi;
    3. non commettono alcuna colpa quelli che leggono in essi un articolo INNOCUO, in una circostanza PARTICOLARE, per un RAGIONEVOLE ed URGENTE MOTIVO, e quando NON si sia potuto FACILMENTE chiedere il permesso (Cocchi, l. c): il permesso, nella vigente prassi e disciplina, può chiedersi ed ottenersi dall’Ordinario diocesano.
  4. « Libri, periodici, giornali o fogli volanti, che sostengono la dottrina o la prassi del comunismo »: il decreto del S. Uffizio ricorda che detti libri sono « proibiti dallo stesso diritto canonico (can. 1399) ».

Infatti, il can. 1399 proibisce, fra gli altri:

    1. i libri che difendono eresie, scismi o sono contro i fondamenti della fede e della religione o il buon costume (numeri 2° e 3°);
    2. i libri che attaccano il domma, diffondono errori condannati, e che sono contro la disciplina e la gerarchia ecclesiastiche, nonché contro lo stato clericale o religioso (numero 6°).

Orbene, tutti possono rendersi conto che i « libri… che sostengono la dottrina o la prassi del comunismo » sono libri che cadono nella proibizione dei numeri 2°, 3° e 6° del can. 1399.

Si noti che, quanto dal can. 1399 è detto dei libri, è detto pure, a norma del paragrafo 2 del can. 1384, dei giornali, periodici ed altri scritti.

Ossia, quando il Codice di Diritto Canonico tratta della proibizione dei libri, alla parola « libro » si dà un’interpretazione ESTENSIVA; non cosi, quando il Codice di Diritto Canonico tratta dei libri in ordine alla scomunica (Cocchi, op. cit. Vol. VIII –  N, 143. Arregui: Summ. Theol. Mor – N. 919- Ed. 9° – a. 1925).

E qui è opportuno ricordare ai confessori – benché il decreto del S. Uffizio non parli di ciò – che se si tratta di libri (non giornali, periodici 0 fogli volanti) di comunisti apostati, eretici e scismatici che – sostenendo la dottrina o la prassi del comunismo-difendono l’apostasia, l’eresia o lo scisma, in tal caso gli editori, i difensori, i lettori ed i possessori di quei libri non solo peccano, ma, a norma del paragrafo 1 del can. 2318, cadono anche nella scomunica in modo speciale riservata alla Sede Apostolica. Si faccia attenzione a non confondere questa scomunica con quella cui allude il decreto del S. Uffizio nella risposta al quarto quesito. La scomunica, di cui s’è trattato ora, ed alla quale non allude il decreto del S. Uffizio, è comminata dal paragrafo 1 del can. 2318; mentre la scomunica, cui allude il decreto del S. Uffizio nella risposta al quarto quesito, è comminata dal numero 1° del paragrafo 2 del can. 2314.

  1. « Collaborare in essi con degli scritti »: Peccano tutti coloro che scrivono in quei libri, periodici, giornali o fogli volanti; anche se gli scritti non sono marxisti, perché la dizione (in eis scribere) usata dal decreto del S. Uffizio è molto generica.

« Chi scrive in un giornale comunista, anche se tratta di cronaca teatrale, letteraria, sportiva, SCRIVE sempre nei giornali elencati, COLLABORA CON LO SCRIVERE IN ESSI, mette il suo talento, la sua riputazione al servizio del partito. E ciò è illecito » (Oss. Rom. l. 0.).

 

Condizioni per l’ammissione ai SS. Sacramenti.

I fedeli – che, CONSAPEVOLMENTE e LIBERAMENTE,

  1. sono iscritti ai partiti comunisti,
  2. o danno ad essi appoggio;
  3. o pubblicano,
  4. o diffondono,
  5. o leggono libri, periodici, giornali o fogli volanti, che sostengono la dottrina o la prassi del comunismo,
  6. o scrivono in essi –

non possono essere ammessi ai Sacramenti, e ciò in forza degli « ordinari principii riguardanti il rifiuto dei Sacramenti a coloro che non hanno le necessarie disposizioni ».

I sei atti precedentemente elencati costituiscono impedimento alla lecita ricezione dei Sacramenti, quando sono compiuti CONSAPEVOLMENTE e LIBERAMENTE, cioè con perfetta conoscenza della malizia dell’atto e con deliberato consenso. Si ricordi, a tal proposito, che la consapevolezza e la libertà dell’atto umano sono certamente soppressi ‘dall’ignoranza invincibile, dalla violenza assoluta, nonché dalla passione antecedente e dal timore che tolgano lo uso di ragione.

Ma il decreto del S. Uffizio, quando usa l’espressione « scienter et libere », vuole riferirsi non tanto ai principii etici secondo i quali l’atto è o non umano (il che è evidente) ma quanto a situazioni di fatto che possono menomare la libertà dell’agente. Queste situazioni di fatto possono verificarsi specialmente per quanto riguarda l’appartenenza ad un partito comunista sotto l’influsso di una violenza morale (timore grave) o fisica.

La Chiesa « sa bene che vi sono dei fedeli che contro la loro volontà, per una violenza morale – e forse talora anche fisica – sono forzati ad inscriversi ad un partito comunista. Il Sacerdote dovrà essere in tal caso il giudice delle circostanze, nelle quali il penitente è costretto a prendere la tessera di un partito, che nel proprio cuore egli detesta e condanna » (Oss. Rom. l. c.).

È logico, però, che se coloro i quali pongono i sei atti precedentemente elencati commettono peccato mortale, si devono debitamente disporre per poter lecitamente ricevere i Sacramenti.

  1. Per quanto riguarda il Sacramento della Penitenza, il confessore, per poter assolvere il penitente, dovrà principalmente avere la morale certezza della serietà del proposito.

Secondo i casi, poi, e secondo i generali principii della Teologia Morale, il confessore impartirà subito l’assoluzione o la differirà ad avvenuta esecuzione del proposito stesso.

In genere, allo scopo di dare un orientamento ai confessori, possiamo dire che se il peccato è costituito da un fatto transeunte e sporadico (per esempio: aver dato appoggio al partito comunista, aver letta o diffusa la stampa comunista, aver talvolta scritto nelle pubblicazioni comuniste, ecc.), in tal caso il confessore potrà, ordinariamente, assolvere subito il penitente; se, invece, il peccato è costituito da un fatto abituale e di natura sua permanente (per esempio: iscrizione al partito comunista; ufficio di direttore, editore o tipografo di pubblicazioni comuniste; ecc.), in tal caso il confessore, ordinariamente, esigerà prima l’attuazione del proposito, e poi impartirà l’assoluzione.

  1. Circa il matrimonio, che i fedeli desiderano eventualmente contrarre con comunisti – i quali o, per l’appartenenza al partito comunista, son divenuti PUBBLICI peccatori; o, per la professione, difesa e propaganda della dottrina comunista (come si dirà a proposito della risposta del S. Uffizio al quarto quesito), hanno NOTORIAMENTE rinunziato alla fede cattolica, e sono divenuti NOTORIAMENTE scomunicati – i parroci abbiano presenti i canoni 1065 e 1066 del Codice di Diritto Canonico.

Secondo i citati canoni:

  1. I fedeli siano dissuasi dal contrarre matrimonio con quelli che notoriamente hanno rinunziato alla fede cattolica.
  2. Il parroco non assista a detto matrimonio senza consultare l’Ordinario, il quale, considerate tutte le circostanze, può permettere al parroco di assistere al matrimonio, purché ve ne sia urgente e grave motivo, e purché prudentemente giudichi che sia sufficientemente assicurata l’educazione cattolica di tutta la prole e sia rimosso ogni pericolo di perversione dell’altro coniuge.
  3. Se il pubblico peccatore o il notoriamente scomunicato, prima della celebrazione del matrimonio, ricusa di confessarsi o riconciliarsi con la Chiesa, il parroco non assista al matrimonio, eccetto che non vi sia in contrario un grave ed urgente motivo, circa il quale, possibilmente, consulti l’Ordinario.

Se il comunista, quale apostata, è stato dichiarato INFAME (infamia jurís ferendae sententiae) – numero 2° del paragrafo 1 del can. 2314 – NON può VALIDAMENTE essere ammesso all’ufficio di padrino, sia nel Sacramento del Battesimo che in quello della Cresima, a norma del numero 2° del can, 765 e numero 2° del can. 795.

Se poi il delitto di apostasia, per cui il comunista è caduto nella scomunica, è NOTORIO; o se il comunista, a norma del paragrafo 3 del can. 2293, è divenuto INFAME DI INFAMIA DI FATTO; in tali casi – a norma del numero 2° del can. 766 e del numero 3” del can. 796 – il comunista NON può LECITAMENTE essere ammesso all’ufficio di padrino sia nel Sacramento del Battesimo che in quello della Cresima.

 

Scomunica contro i comunisti.

I fedeli – che:

  1. « professano »,
  2. o « difendono »,
  3. o si « fanno propagandisti » della « dottrina del comunismo, materialistica ed anticristiana » – divengono, per ciò stesso, apostati, e, in quanto tali, a norma del can. 2314 (numero 1° del paragrafo 1 e paragrafo 2), incorrono nella scomunica in modo speciale riservata alla Sede Apostolica.

 

  1. Apostata – a norma del paragrafo 2 del can. 1325 – è chi, dopo aver ricevuto il S. Battesimo, totalmente recede dalla fede cristiana.Ora è evidente che chi professa, difende, propaga una dottrina, qual è quella comunista, materialistica ed anticristiana, non si limita a negare questa o quella verità di fede (il che costituirebbe eresia, contro la quale è comminata la stessa scomunica di cui stiamo trattando), ma nega tutto il complesso della fede ed i fondamenti stessi della fede, per cui diviene apostata, e, in quanto tale, cade nella scomunica in modo speciale riservata alla Sede Apostolica.
  2. Notiamo che, come risulta dal modo di esprimersi del decreto, per cadere nella scomunica, basta soltanto professare la dottrina materialistica ed anticristiana del comunismo, anche se non la si difende o propaga, perché la sola professione di tale dottrina è già apostasia.
  3. Però cade nella scomunica non chi semplicemente commette il peccato (che può essere anche interno) della professione della dottrina comunista, ma chi commette il DELITTO di tale professione.

Mentre il peccato può essere anche solo interno, il delitto è sempre ESTERNO.

Per delitto – secondo il paragrafo 1 del can 2195 – s’intende l’esterna e moralmente imputabile violazione di una legge, alla quale (violazione) sia annessa una sanzione canonica.

Perché, dunque, si abbia il delitto, richiedesi un atto che, sebbene possa anche restare occulto (non pubblico), tuttavia sia compiuto così che possa essere percepito sensibilmente dagli altri. Nel nostro caso, basta che la professione dell’apostasia sia costituita da un atto esternamente manifestato con segni o parole o fatti; anche se nessuno abbia ascoltato o visto, e quindi anche se il delitto sia rimasto del tutto occulto (Cocchi: op. cit – Vol. VIII – nn. 1 e 135).

Per quanto riguarda la difesa e la propaganda della dottrina comunista, è chiaro che tali atti, per la loro stessa natura, sono esterni.

  1. Per incorrere nella scomunica, non è necessario essere iscritto al partito comunista, ma basta professare o difendere o propagare la dottrina comunista.

Per contrario, chi, benché iscritto al partito comunista, non professa o difende o propaga la dottrina comunista, non cade nella scomunica.

  1. A norma del paragrafo 2 del can. 2314, l’assoluzione dalla scomunica, annessa al delitto di apostasia, è riservata alla Sede Apostolica; ma il confessore può regolarsi anche a norma del paragrafo 1 e 3 del can. 2254.

Secondo il paragrafo 1 del can. 2254, nei casi più urgenti, e cioè per evitare scandalo o infamia, ovvero se è di angustia al penitente rimanere in istato di grave peccato per il tempo necessario perché il superiore competente provveda, qualunque confessore può assolvere nel foro sacramentale dalla scomunica riservata, imponendo sotto pena di reincidenza di ricorrere dentro un mese, almeno per lettera o per il confessore, se ciò è possibile senza grave incomodo, e tacendo il nome del reo, alla S. Penitenzieria o al Vescovo o ad altro Superiore che abbia la facoltà, e di stare ai loro ordini.

Secondo, poi, il paragrafo 3 del can. 2254, se, in qualche caso straordinario, questo ricorso è moralmente impossibile, il confessore può assolvere senza onere di ricorrere, imponendo quanto è di dovere oltre le penitenze e soddisfazioni per la scomunica, sotto pena di reincidenza se il penitente non adempie ciò, nel tempo stabilito dal confessore.

Però, a norma del paragrafo 2 del can. 2314, se il delitto di apostasia è portato al foro esterno dell’ Ordinario, anche per libera confessione, lo stesso Ordinario, ma non il Vicario Generale senza mandato speciale, può, previa giuridica abiura, assolvere il delinquente in foro esterno; ed il delinquente, così assolto dalla scomunica in foro esterno, può ricevere da qualunque confessore l’assoluzione dal peccato nel foro interno sacramentale. L’abiura giuridicamente si compie davanti all’Ordinario, o un suo delegato, e davanti ad almeno due testimoni.

Finalmente – a norma dei canoni 882 e 2252 – se l’assoluzione, dalla scomunica in modo speciale riservata alla Sede Apostolica per il delitto di apostasia commesso da un comunista, è stata impartita in pericolo di morte; e se, in seguito, il moribondo così assolto guarisce; non è necessario il ricorso alla S. Penitenzieria o al Vescovo o ad altro Superiore che abbia la facoltà, perché il ricorso, per l’assoluzione dalla scomunica impartita in pericolo di morte, è necessario solo per le scomuniche ab homine e per quelle riservate in MODO SPECIALISSIMO alla Sede Apostolica, mentre quella in esame è riservata in MODO SPECIALE.

Però, anche per quest’ultimo caso, riteniamo prudente regolarsi secondo quanto dice Prümmer (Man. Theol. Mor. – Tom. III- N. 424, nota, b –  Ed. VI- VII – a. 1933), e cioè che il ricorso è tuttavia necessario se lo scomunicato (comunista apostata) moribondo, che poi guarisce, era NOTORIAMENTE scomunicato; giacché bisognerà riparare lo scandalo, nel modo che sarà indicato dal legittimo Superiore.

Nel concludere queste modeste note di commento, ci permettiamo esortare i nostri confratelli ad evitare ogni difetto ed ogni eccesso nella spiegazione ed applicazione del decreto del S. Uffizio.

Noi sacerdoti non dobbiamo dire o fare né meno, né più di quanto la Chiesa ha detto, e di quanto la Chiesa vuole che facciamo all’ unico scopo della salvezza delle anime.

Riflettiamo che anche il recente decreto non è ad destructionem, ma ad aedificationem.

Dobbiamo rifuggire da ogni rispetto umano e da ogni timore nella spiegazione ed applicazione del decreto, ma dobbiamo anche evitare ogni indiscreto e falso zelo.

Nella predicazione dobbiamo essere oggettivi, brevi, calmi; evitando ogni attacco personale, ogni esagerazione, ogni asprezza.

Nel Sacramento della Penitenza dobbiamo essere pazienti, comprensivi, lungimiranti; evitando ogni nervosismo, ogni grettezza, ogni miopia.

Nella cura delle anime in genere – e specialmente per ciò che riguarda il Sacramento del Matrimonio e l’ufficio di padrino nei Sacramenti del Battesimo e della Cresima – dobbiamo essere paterni, rispettosi, cortesi; evitando ogni posa, ogni offesa, ogni sgarbo.

Sempre ed in tutto, senz’ alcun tradimento della verità, trionfi la carità.

 

 

APPENDICE I

—————–

Osservazione preliminare.

Quanto si è detto finora in quest’ opuscolo corrisponde, secondo il nostro modesto parere, a ciò che può ritenersi con MORALE CERTEZZA circa l’argomento trattato.

Abbiamo voluto evitare, nell’esposizione precedente, ogni DISCUSSIONE, e guardarci dal sollevare DUBBI, e proporre OPINIONI, che potrebbero essere probabili almeno di probabilità intrinseca.

Abbiamo seguito questo metodo, allo scopo di offrire ai parroci e confessori soltanto PRINCIPII ed APPLICAZIONI di DOTTRINA CERTA: in tal modo, essi sono in grado di sapere con CERTEZZA, almeno nei CASI PIU COMUNI, come debbono regolarsi.

Ma possono darsi casi di coscienza, in cui NON sia CERTO se e come debba applicarsi il decreto del S. Uffizio ?… Senza dubbio.

Possono, inoltre, darsi casi di coscienza, per la soluzione dei quali non basta il decreto del S. Uffizio, ma bisogna appellarsi al Codice di Diritto Canonico o ai principii generali della Teologia Morale ?… Certamente.

A tal proposito ricordiamo di aver già sentito dire, più volte, da non pochi sacerdoti, che il S. Uffizio dovrebbe dire esplicitamente questo e quest’altro, chiarire questo e quel dubbio, ecc. Ma non è questa la prassi delle Congregazioni Romane!

È già troppo, forse, che il S. Uffizio, dopo il decreto, abbia pubblicato una DICHIARAZIONE circa il matrimonio dei comunisti.

Che pretenderemmo ?… Che il S. Uffizio pubblicasse un nuovo decreto o una ulteriore dichiarazione per ogni dubbio che può sorgere ?…

Il S. Uffizio ha enunciato i principii generali: secondo tali principii possono risolversi, senza alcun dubbio, i casi più comuni: il resto è lasciato allo studio dei moralisti e canonisti, e quindi alle correnti di pensiero che finiscono con lo sfociare in opinioni più o meno probabili.

Chiunque è anche solo iniziato agli studi di Teologia Morale sa che la Morale è costituita di dottrina certa, e di dottrina semplicemente probabile: la Chiesa non interviene sempre ed in tutte le questioni: lascia spesso ampio respiro alle libere discussioni.

Riteniamo, perciò, opportuno proporre alcuni quesiti pratici, e le risposte che a noi sembrano intrinsecamente probabili; pronti a riformare le nostre opinioni, se e quando la Chiesa si pronunzierà diversamente; ovvero se le ragioni, che, in seguito, potranno addurre gli studiosi di Teologia Morale, avranno un valore tale, da distruggere la probabilità delle opinioni, che noi timidamente stiamo per proporre.

Aggiungeremo anche alcuni quesiti, che vanno risolti non semplicemente appellandosi al decreto del S. Uffizio, ma applicando disposizioni del Codice di Diritto Canonico e principii generali di Teologia Morale.

Osserviamo infine che non ci sembra possano sorgere dubbi positivi circa la scomunica: ci limitiamo, perciò, ad esaminare soltanto alcuni casi circa la liceità di determinati atti o atteggiamenti.

 

  1. È lecito, in Italia, iscriversi alla C. G. I. L. ?

A rigore, ci sembra ancora lecito, perché, nonostante il continuo frantumarsi della C.G.I.L., essa non può dirsi ancora un sindacato « propriamente comunista » (come si esprime l’articolo citato de L’ Osservatore Romano).

Inoltre, la C.G.I.L è ancora, GIURIDICAMENTE, APARTITICA.

Ma, DI FATTO, chi ad essa è iscritto, non dà, almeno indirettamente, « appoggio » al partito comunista ?..

Ci sembra trattarsi di un appoggio molto indiretto e remoto, e quindi NON IMPUTABILE AL SINGOLO ISCRITTO.

A proposito di appoggio indiretto, ricordiamo che, anche riguardo al comunismo, può verificarsi, secondo i noti principii della Teologia Morale, un VOLONTARIO INDIRETTO NON IMPUTABILE, ovvero la liceità del porre una CAUSA CHE PRODUCE DUE EFFETTI uno buono ed un altro cattivo.

È chiaro, peraltro, che i fedeli vanno esortati ad iscriversi ai sindacati liberi; ed è augurabile che questi sappiano e vogliano difendere i diritti dei lavoratori più e meglio di quanto non facciano i sindacati rossi.

In tale settore, noi sacerdoti facciamo appello alla sensibilità sociale dei cattolici sindacalisti, affinché quando consigliamo i nostri fedeli di iscriversi ai sindacati liberi, non ci si possa rispondere: « Nessuno – meglio della C. G. I. L. – difende i nostri diritti» !..

 

  1. È lecito iscriversi al P. S. L. l.?

A tutto rigore, ci sembra ancora lecito.

Secondo, infatti, 1′ articolo citato de L’Osservatore Romano (articolo che, evidentemente, non è una risposta del S. Uffizio, ma che ci sembra ispirato dall’Autorità Ecclesiastica), il P.S.L.I. non « fa assolutamente causa comune » col partito comunista, nè « unisce direttamente le sue forze a quelle del comunismo, favorendolo in modo esplicito ».

Non nascondiamo che, nel dare questa risposta, restiamo molto perplessi, perché anche il P. S. L. I. è marxista. Tuttavia, sul terreno pratico, sappiamo pure che, finora, il P. S. L. I. non si è mostrato troppo marxista, ed è restato un partito socialdemocratico.

Certamente i fedeli vanno sconsigliati dall’appartenere a questo partito, nonché dal dargli il voto nelle elezioni, perché esso non dà sicura garanzia alla difesa dei principii cristiani nella vita sociale.

Se, infatti, almeno sul terreno pratico, è vero che il P. S. L. I. è restato un partito democratico più che marxista o bolscevico, è anche vero che, sul piano speculativo e pratico, s’è dimostrato pregno di deprecabile laicismo.

 

  1. È lecito ‘iscriversi all’ U. D. I.?

Non è lecito, perche l’Unione Donne Italiane (U.D.I.) fa parte di quelle « associazioni che sono organizzate direttamente dal comunismo » (Oss. Rom. l. c.).

 

  1. L’ iscrizione ad un partito comunista è un atto intrinsecamente cattivo?

Molto abbiamo sentito discutere su questo scabroso e penoso argomento.

Il quesito è della massima importanza, perché se l’iscrizione ad un partito comunista è un atto INTRINSECAMENTE cattivo, neppure il timore (grave incomodo) scusa dalla colpa di iscriversi ad esso; se, invece, è un atto NON INTRINSECAMENTE cattivo, il timore grave (grave incomodo) può scusare dalla colpa.

Alla prima e semplice lettura del decreto del S. Uffizio si poteva, forse, rimanere perplessi intorno a tale questione; ma, poi, il citato articolo de L’ Osservatore Romano ha fatto molta luce su di essa.

Perciò, al quesito proposto, possiamo rispondere:

  1. Il comunismo è DOTTRINA INTRINSECAMENTE CATTIVA.
  2. Un partito comunista è DOTTRINA e PRASSI INTRINSECAMENTE CATTIVA.
  3. L’ appartenenza FORMALE – cioè SPONTANEA e con PADESIONE alla dottrina ATEA, MATERIALISTICA, ANTICRISTIANA del comunismo – ad un partito comunista è AZIONE INTRINSECAMENTE CATTIVA.
  4. L’iscrizione MATERIALE o PASSIVA ad un partito comunista può NON essere un atto INTRINSECAMENTE CATTIVO, quando ci sia un MOTIVO GRAVE.

L’articolo citato de L’Osservatore Romano precisa molto bene che cosa si richiede perché si verifichi il fatto MATERIALE dell’ iscrizione ad un partito comunista, e cioè si richiede che coloro i quali vi si iscrivono, lo facciano « contro la loro volontà », e siano « forzati » a farlo; ossia richiedesi che colui il quale vi si iscrive sia « COSTRETTO a prendere la tessera di un partito, che NEL PROPRIO CUORE egli DETESTA e CONDANNA ».

Come si vede, trattasi di un’iscrizione semplicemente MATERIALE, sia perché è CONTRARIA alla propria volontà, e sia perché si limita al SOLO fatto MATERIALE di «prendere la tessera ».

Questo fatto materiale, inoltre, dev’essere giustificato – come si esprime lo stesso articolo de L’Osservatore Romano -da « una VIOLENZA MORALE », che potrebbe essere « forse talora anche FISICA ».

Può, dunque, essere ammesso ai Sacramenti, e sopratutto può ricevere l’assoluzione, un lavoratore che sta per iscriversi al partito comunista – o, già iscritto, dice di non potersi da esso dimettere – perché agendo diversamente perderebbe il lavoro, con tutte le gravi conseguenze per sé e per la sua famiglia

Rispondiamo che tale lavoratore può essere assolto – o essere ammesso ai Sacramenti – se si verificano le seguenti condizioni, di cui il sacerdote dovrà essere giudice:

  1. L’ iscrizione – o la continuata appartenenza al partito comunista – dev’esser un fatto CONTRARIO ALLA VOLONTÀ del lavoratore.
  2. Il lavoratore deve, nel proprio cuore, DETESTARE e CONDANNARE il partito comunista.
  3. L’iscrizione o appartenenza al partito comunista deve limitarsi al SOLO fatto di PRENDERE LA TESSERA.
  4. Il motivo, per cui il lavoratore è costretto a prendere la tessera del partito comunista, dev’essere CERTO (di certezza morale) e GRAVE

 

  1. E’ lecito ai giornalai vendere pubblicazioni comuniste?

Il decreto del S. Uffizio parla di coloro che «diffondono » libri, periodici, giornali o fogli volanti, ecc.

Ora, il giornalaio può essere considerato come uno che « diffonde » le pubblicazioni comuniste?..

Ci sembra di no.

« Diffondere » è diverso dal « vendere ».

« Diffondere » indica un atto positivo; mentre « vendere » indica, se così possiamo esprimerci, un atto semplicemente negativo Possiamo, dunque, noi sacerdoti assolvere il giornalaio, il quale ci dice: « Ho presso di me, e non posso farne a meno, anche giornali comunisti: li vendo a chi me li chiede »?..

Riteniamo che questo giornalaio possa essere assolto.

Il caso in esame ci sembra simile, o quasi, a quello dei venditori di armi, di vino, ecc. di cui conosciamo la soluzione.

Ma il « vendere » i giornali comunisti se non equivale a « diffonderli », equivale almeno a « dare appoggio » al partito comunista ?..

Rispondiamo che può equivalere a « dare appoggio » al partito comunista, ma ricordiamo pure che può verificarsi, anche in questo caso – come abbiamo precedentemente osservato – un VOLONTARIO INDIRETTO NON IMPUTABILE, ovvero la liceità del porre una CAUSA CHE PRODUCE DUE EFFETTI…

Certamente poi il giornalaio peccherebbe, se attivamente diffondesse le pubblicazioni comuniste.

 

  1. E’ lecito far inserire nei giornali comunisti avvisi pubblicitario necrologici?

Rispondiamo che, per se, è lecito, perché chi fa inserire tali avvisi nei giornali comunisti non « scrive » in essi.

Il decreto del S. Uffizio parla soltanto di coloro che SCRIVONO nelle pubblicazioni comuniste: « in eis scribere ».

Però, se il giornale comunista è espressione politica e finanziaria del partito comunista, come spesso avviene, in tal caso le inserzioni in esso costituiscono, per sé, un « dare appoggio » al partito: il che è illecito.

Tuttavia, anche su questo punto, si potrebbe fare della casistica

Per esempio: chi, UNA SOLA VOLTA, ha fatto inserire in un giornale comunista un avviso pubblicitario o necrologico, ha commesso peccato MORTALE – o VENIALE ?.. Ci sembra che abbia commesso soltanto peccato VENIALE, perché, nell’esempio addotto, l’ « appoggio » al partito comunista NON costituisce MATERIA né politicamente né finanziariamente GRAVE.

Altro sarebbe il caso di chi, ABITUALMENTE, inserisse nei giornali comunisti avvisi pubblicitari; perché in questo caso, l’ «appoggio » almeno finanziario al partito costituirebbe MATERIA GRAVE.

Comunque, i fedeli vanno esortati a non servirsi, in alcun modo, delle pubblicazioni comuniste.

 

  1. I comunisti possono essere ammessi alla Cresima ed alla S. Comunione?

Se sono comunisti FORMALI e NOTORII, non possono cresimarsi né comunicarsi, se prima non si riconciliano con la Chiesa.

 

  1. Possono essere assolti i comunisti moribondi destituiti dei sensi?

Se prima di perdere i sensi manifestarono il desiderio di riconciliarsi con Dio e con la Chiesa DEBBONO essere assolti, almeno CONDIZIONATAMENTE; meglio, però, ASSOLUTAMENTE, specialmente se consta con assoluta certezza che, prima di perdere i sensi, manifestarono il suddetto desiderio.

Se, invece, prima di perdere i sensi, non manifestarono detto desiderio, in tal caso, probabilmente, POSSONO, escluso lo scandalo, essere assolti CONDIZIONATAMENTE (Jorio: Theol. Mor. – Vol. III – N. 440, 2° e 5° – Ed. VI – a. 1940).

 

  1. Può amministrarsi I’Estrema Unzione ai comunisti destituiti dei sensi?

Se prima di perdere i sensi chiesero esplicitamente o implicitamente questo Sacramento; ovvero se si può presumere che, se ci avessero pensato, l’avrebbero chiesto; in tali casi l’Estrema Unzione DEVE essere amministrata ASSOLUTAMENTE a questi moribondi (Jorio, op. cit. – N. 866, quater. 1°).

Se, invece, quei comunisti perseverarono nella professione della dottrina materialistica ed anticristiana del comunismo (perseverarono cioè nell’apostasia) fino al momento della perdita dei sensi, in tal caso, se non consta con certezza la loro perseverante contumacia nel peccato (ed in pratica non può mai constare, trattandosi di destituiti dei sensi), e rimosso lo scandalo, a questi poveri moribondi, probabilmente, PUÒ essere amministrata l’Estrema Unzione CONDIZIONATAMENTE. La condizione, allo scopo di non impedire eventualmente la reviviscenza del Sacramento, dev’essere: SI CAPAX ES, e NON: si dispositus es (Jorio, op. cit – NN. 868 e 869).

 

  1. I comunisti debbono essere privati della sepoltura ecclesiastica?

Se i comunisti, prima di morire, hanno dato qualche segno di penitenza, possono avere la sepoltura ecclesiastica.

Si badi che il comunista, che ha ricevuto la assoluzione e l’Estrema Unzione quando era destituito di sensi, non può, solo per questo, avere la sepoltura ecclesiastica: è sempre, cioè, necessario, per ottenere la sepoltura ecclesiastica, aver dato, prima di perdere i sensi, qualche segno di penitenza.

Se, poi, non c’è stato nessun segno di penitenza, prima della morte, non possono avere la sepoltura ecclesiastica – a norma del can. 1240 – i comunisti che erano:

  1. notorii apostati,
  2. scomunicati con sentenza,
  3. o anche semplicemente pubblici e manifesti peccatori.

Per coloro i quali non ha avuto luogo la sepoltura ecclesiastica, non si può nemmeno – a norma del can. 1241 – celebrare la Messa esequiale, anche anniversaria, né si possono celebrare altri pubblici officii funebri.

 

  1. Possono essere benedette, specialmente con la Benedizione Pasquale del Parroco, le case dei comunisti?

Il decreto del S. Uffizio parla solo dei Sacramenti.

Il Codice di Diritto Canonico nulla dice circa la benedizione delle case dei cattivi cattolici.

Il quesito, quindi, va risolto coi principii morali generali.

Per sé, nulla osta alla benedizione delle suddette case.

Un ostacolo potrebbe derivare da un eventuale scandalo, o da una sentenza con la quale il comunista è stato scomunicato (can. 2260).

Il parroco valuti attentamente tutti i vantaggi e tutti gli svantaggi di una tale benedizione negata, e si regoli con ogni prudenza.

Poniamo il caso di una famiglia, in cui sia comunista solo il padre o qualche figlio, perché privare la casa di questa famiglia della benedizione pasquale ?..

E poi, escluso il caso di scandalo, non potrebbe la benedizione pasquale delle case costituire una chiamata di Dio per gli erranti ?..

Non potrebbe, il parroco zelante, profittare proprio di quest’ occasione per dire una buona parola ai comunisti ?..

Con queste riflessioni, abbiamo voluto esprimere soltanto il nostro modesto parere: i parroci ne sanno più di noi, e sanno regolarsi tenendo conto di tutte le circostanze.

 

  1. Possono essere battezzati I figli dei comunisti?

Se si tratta di comunisti MATERIALI, non v’è nessuna difficoltà al riguardo.

Se, invece, trattasi di comunisti FORMALI, cioè di comunisti (padre e madre) che son caduti nell’apostasia o nell’ eresia o nello scisma – i loro figli infanti (che non hanno cioè ancora raggiunto l’uso di ragione) lecitamente sono battezzati:

  1. in pericolo di morte, anche contro la volontà dei genitori;
  2. fuori del pericolo di morte- e purché si provveda per l’ avvenire alla loro educazione cattolica – se i genitori o tutori o almeno uno di loro sono consenzienti; ovvero se i genitori, i nonni o i tutori sono morti o smarriti, o se hanno perduto o non possono esercitare il loro diritto (can. 750 e can. 751).

 

  1. i figli dei comunisti possono essere ammessi alla Cresima?

Se questi figli non sono anch’essi comunisti, non c’è nessuna difficoltà, servatis servandis, a che siano ammessi al Sacramento della Cresima.

Anzi, appunto perché figli di comunisti, hanno maggior bisogno del Sacramento della Cresima, per ricevere dallo Spirito Santo quei doni soprannaturali, che sono necessari nella professione e difesa della fede cattolica.

 

  1. Possono essere ammessi ai Sacramenti coloro che convivono con

comunisti?

Abbiamo proposto questo quesito, non perché implichi qualche difficoltà, ma perché effettivamente ci è stato proposto da alcuni.

La risposta è ovviamente affermativa.

Quale colpa commettono, infatti, coloro che convivono con comunisti ?..

Qualsiasi motivo, non grave, ma semplicemente ragionevole, rende lecita detta convivenza.

Si abbia pure presente, ai giorni nostri, la crisi degli alloggi !..

Insomma, detta convivenza è, per sé, lecita: eccetto che non costituisca occasione libera e prossima di peccato.

 

***

 

Non crediamo affatto di aver esaurito tutti i casi che possono essere sottoposti al giudizio del sacerdote.

Abbiamo voluto soltanto accennare ad alcuni casi, per la soluzione dei quali, non basta semplicemente appellarsi al decreto del S. Uffizio né è ragionevole attendere dal S. Uffizio medesimo una risposta ufficiale ed esplicita.

Concludiamo questo modestissimo lavoro, col ricordare un principio GENERALE, ma PREZIOSISSIMO, per la direzione delle anime:

  1. Nei casi CERTI, regoliamoci come DI DOVERE, FORTITER ma anche SUAVITER.
  2. Nei casi DUBBI:
    1. NON IMPONIAMO una obbligazione, quando essa non consta con certezza;
    2. dolcemente insinuandoci nell’ animo dei fedeli, sappiamo CONSIGLIARE il più perfetto.

 

 

APPENDICE II.

Suprema Sacra Congregatio Sancti Offim

DE COMMUNISTARUM MATRIMONII CELEBRATlONE

D E C L A R A T I O

Quaesitum est utrum exclusio oommunistarum ab usu Sacramentorum in Decreto S. Officii diei 1 iulii 1949 statuta, secum ferat etiam exclusionem a celebrando matrimonio: et quatenus negative, an communistarum matrimonia regantur praescriptis canonum 1060-1061.

Ad rem Sacra Congregatio S. Officii declarat:

Attenta speciali natura sacramenti matrimonii, cuius ministri sunt ipsi contrahentes et in quo sacerdos fungitur nunere testis ex officio, sacerdos assistere potest matrimoniis communistarum ad normam canonum 1065, 1066.

In matrimoniis vero eorum, de quibus agit n. 4 praefati Decreti, servanda erunt praescripta canonum 1061, 1102, 1109 par. 3.

Datum ex Aedibus S. Officii die 11 augusti 1949.

 

COMMENTO ALLA DICHIARAZIONE DEL S. UFFIZIO

  1. Il matrimonio di una persona cattolica con una persona comunista è un matrimonio ostacolato dall’ impedimento proibente (impediente) di mista religione?

Rispondiamo NEGATIVAMENTE, perché, secondo la dichiarazione del S. Uffizio (11 agosto 1949), detto matrimonio è regolato dai canoni 1065 e 1066, come abbiamo già notato nella terza parte del commento al decreto del S. Uffizio.

 

  1. Ma se trattasi del matrimonio con un comunista apostata (e quindi scomunicato), bisogna osservare le cautele stabilite per l’impedimento di mista religione?

Rispondiamo AFFERMATIVAMENTE, a norma della dichiarazione del S. Uffizio.

Le cautele sono quelle stabilite dal can. 1061, e cioè:

  1. a) Non si permetta il matrimonio, se non per motivi urgenti, giusti e gravi.
  2. b) Il coniuge comunista dia cauzione che rimuoverà ogni pericolo di perversione dell’altro coniuge, ed entrambi i coniugi diano cauzione che faranno battezzare ed educheranno cattolicamente tutta la prole.
  3. c) Si abbia la morale certezza dell’adempimente delle cauzioni.
  4. d) Le cauzioni, regolarmente, siano scritte.

 

  1. Quando trattasi del matrimonio con un comunista apostata (e quindi scomunicato), che cosa si richiede, da parte delle interrogazioni circa il consenso matrimoniale, perché l’assistenza del parroco (o dell’ordinario) al matrimonio sia valida?

Si richiede, secondo la dichiarazione del S. Uffizio, ed a norma del paragrafo 1 del can. 1102 e del numero 3° del paragrafo 1 del can. 1095, che il parroco (o l’Ordinario) chieda e riceva il consenso dei contraenti SENZA ESSERE A CIÒ COSTRETTO DA VIOLENZA O TIMORE GRAVE.

 

  1. Quando trattasi del matrimonio con un comunista apostata (e quindi scomunicato), si possono permettere i Sacri Riti?

Secondo la dichiarazione del S. Uffizio, ed a norma del paragrafo 2 del can 1102, è PROIBITO OGNI RITO SACRO; che se da ciò si prevedono danni gravi, l’Ordinario può permettere qualcuna delle consuete cerimonie ecclesiastiche, mai però la celebrazione della Messa.

 

  1. Il matrimonio con un comunista apostata (e quindi scomunicato) può essere celebrato in Chiesa?

Secondo la dichiarazione del S. Uffizio, ed a norma del paragrafo 3 del can. 1109, detto matrimonio si celebri FUORI CHIESA; che se poi l’Ordinario prudentemente giudica che ciò non può osservarsi senza che ne derivino gravi danni, può, col suo prudente criterio, dispensare, ma sempre – com’ è detto sopra (paragrafo 2 del can. 1102) -con la proibizione di ogni rito sacro.

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