La crisi economica imperversa ancora.

Le fabbriche si svuotano ed i lavoratori protestano.

Il millantatore è colui che ha atteggiamenti boriosi e vanagloriosi in pubblico, facendo ricorso a menzogne iperboliche o a clamorose esagerazioni, o ancora si attribuisce qualità o titoli non propri… cit. Wikipedia.

“Abbiamo attraversato una fase emergenziale di crisi economica. Ne siamo fuori? Credo di sì, perché segnali univoci vanno in quella direzione”. Così l’ex premier Matteo Renzi alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2015 della Scuola Superiore di Polizia.

Ciò ad esclusivo titolo di esempio, infatti di millantatori ne è pieno zeppo il Parlamento italiano (e non solo…).

I dati in merito alla crisi economica risultano essere ancora decisamente negativi, anzi sono costantemente in peggioramento.

  • 5 milioni di poveri di cui un milione sono bambini;
  • il 50% degli italiani dispone di un reddito insufficiente;
  • 6 milioni e mezzo tra disoccupati e inoccupati hanno perso le speranze di trovare un lavoro;
  • la pressione fiscale al 67% è la più alta nel Mondo industrializzato e, anche per questo, ogni giorno chiudono oltre 390 Imprese.

Il lavoro è la più grande risorsa di cui si può disporre, eppure non vengono adottate le “ricette” necessarie per usufruirne a vantaggio di una ipotetica ripresa economica e conseguentemente dell’aumento del benessere e del potere d’acquisto.

Fabbriche che chiudono, interi settori di produzione che scompaiono, migliaia di lavoratori licenziati, questi sono i fatti. In Lombardia, ad esempio, il settore industriale e nella fattispecie metalmeccanico è fortemente interessato dagli effetti devastanti della crisi: negli ultimi tre anni ci sono stati circa 19mila lavoratori licenziati, di cui 4.827 nell’arco del 2016. Cifre spaventose, soprattutto se si pensa che dietro ogni licenziamento ci sono le rispettive famiglie, con le loro problematiche, esigenze e peculiarità. Un’emorragia continua, alla quale non viene “somministrato” un antidoto efficace.

Le aziende spesso delocalizzano la produzione in altri Paesi, ove il costo del lavoro è più basso anche del 75%, licenziando o mobbizzando il proprio personale specializzato, il quale, allo sbando ed in un mercato pressoché immobile, si ritrova involontariamente disagiato, quasi a divenire considerato un peso per la società dalla società stessa. Inoltre ciò coincide con una logica diminuzione delle opportunità di impiego.

Stanno rimanendo imbrigliate anche le cosiddette “agenzie del lavoro”: quelle che selezionano il personale a tempo per conto delle aziende. Esse non riescono a collocare il personale a fronte di una richiesta sempre inferiore.

Le piccole imprese ed i piccoli artigiani sono stretti dalla morsa della fiscalità e da quella delle banche strozzine, non possono permettersi di liquidare i propri collaboratori ed allo stesso tempo non possono garantire loro lo stipendio.

In questa intricata situazione, le realtà aziendali fiorenti e rigogliose dal punto di vista economico, ne approfittano ed attuano le misure concessegli da Governi e sindacati vari per incrementare i profitti a spese della forza lavoro.

Contestualmente una grossa fetta di Italia è in lotta per non perdere il lavoro, in ogni categoria occupazionale, dal Veneto alla Sicilia, ogni giorno, migliaia di lavoratori scendono in sciopero, effettuano una protesta o un flash mob, con o senza un sostegno ed una tutela sindacale. Il Governo ha fatto di tutto per favorire i profitti di aziende e banche ed uccidere il popolo, emanando manovre dannose e deleterie in ogni campo: dalla sanità alla scuola al lavoro ecc.

Quotidianamente si aprono “tavoli” sindacali concertativi che spesso servono più a soddisfare esigenze aziendali e ad ingrassare i sindacalisti che a tutelare i lavoratori.

Il tempo della concertazione a qualsiasi livello è finito, ora è tempo di riprendersi i propri diritti con la lotta, il capitalismo ha dimostrato tutta la sua vulnerabilità ed inadeguatezza con questa crisi finanziaria, mettendo in mostra tutti i suoi limiti e dando sfoggia della sua oppressione e nocività. Il motore della società va assolutamente ricostituito, con un motore targato “socialismo”.

06-03-2017