
La riforma del lavoro, le sue aree di intervento e le inevitabili conseguenze negative.
L’allora Governo tecnico del Sig. Monti (il peggiore dal secondo dopoguerra), insisteva nel compiere atti lesivi, denigratori, offensivi, nei confronti del popolo italiano, tenendo comportamenti arroganti, presuntuosi, irriverenti e rimanendo indifferenti alle proteste, al malumore e pure alla situazione di povertà e disoccupazione crescente. Il tutto volto a risanare quel “falso debito”, destinato a risollevare le banche, le assicurazioni, le aziende, insomma i potenti, che per loro tali devono restare, gravando sulle spalle dei lavoratori tutti.
Dopo le manovre che hanno portato: l’aumento delle tasse, dell’IVA, del costo dei beni di prima necessità e del petrolio e dei suoi derivati; il taglio alla sanità, alla ricerca, all’istruzione ecc; l’avvento delle liberalizzazioni, delle semplificazioni e delle privatizzazioni, dei progetti urbanistici assurdi e molto altro ancora, ecco arrivare la manovra probabilmente peggiore, la più dannosa e cioè quella dedicata al mondo del lavoro.
L’Articolo 1 della Costituzione Italiana tuona: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. In questo momento storico di crisi sistematica, questo fondamentale Articolo viene annientato, schifato.
L’evolversi di questa situazione catastrofica, derivata anche dal mal Governo Berlusconi che di certo non ha lasciato in eredità uno Stato in salute sotto tutti i punti di vista, ha portato le aziende a sentirsi autorizzate ad instaurare un clima di dittatura e di terrore all’interno delle fabbriche, a polverizzare i diritti sacrosanti dei lavoratori, ottenuti dopo duri anni di lotte sindacali (vedere ad esempio ciò che è successo in FIAT).
In molti hanno perso il posto di lavoro ed ora sono precari o disoccupati e come se non bastasse tutto ciò, ecco intervenire il Governo Monti ad aggravare ancor di più, se possibile, ciò che è già decisamente in bilico, sul lastrico sociale ed economico, ed ora il Governicchio Letta, un pastrocchio inconcludente.
Questi scellerati Amministratori Statali, hanno la faccia tosta di proseguire nei loro intenti, scavalcando ogni possibile confronto, sia con le parti sociali che con i politici ed a maggior ragione con i cittadini comuni, dichiarandolo tranquillamente pubblicamente con frasi del tipo: “Il governo andrà per la sua strada comunque, procederà” oppure “La riforma non è passibile di modifiche, nessuna marcia indietro” ecc.
I partiti politici, dal canto loro, sonnecchiano, creano coalizioni allucinanti, i maggiori sostengono ed i pochi che si interpongono hanno comunque troppa poca forza. Di fatto sono TUTTI finiti, hanno chiuso!
La riforma del lavoro prevede che la nuova formulazione dell’Articolo 18 venga applicata a tutti i lavoratori, resta il reintegro per i soli licenziamenti discriminatori, per i disciplinari ci sarà un indennizzo e per quelli economici la retribuzione da un minimo di 15 ad un massimo di 27 mensilità senza reintegro in nessun caso.
E chi stabilisce se un’azienda è realmente in difficoltà finanziarie? Chi verifica i bilanci? In quanti approfitteranno di questo nuovo decreto?
Poveri operai, poveri Italiani! Inoltre aumenteranno le aliquote contributive all’INPS e verrà abolita la Cassa Integrazione Straordinaria in caso di cessazione attività. Ce n’è per tutti. Ce l’hanno fatta, anche l’Articolo 18 è stato ucciso a tradimento!
Prepariamoci a licenziamenti a catena, il tutto è finalizzato al benessere delle imprese, non dei dipendenti.
E’ giunto il momento della riscossa, non lasciamoci schiacciare, annullare. Questa è la fatidica goccia che fa straripare il vaso ma più che di un vaso si tratta di un mare, impetuoso, tempestoso e che deve spazzare via questo sistema marcio ed infame.
Potere al popolo!
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