ECONOMIA ITALIANA. CRESCITA NON SOLO CONGIUNTURALE MA ANCHE STRUTTURALE

 

DI VIRGINIA MURRU

 

I numeri della crescita dovrebbero suscitare almeno un po’ di ottimismo, anche se l’economia reale si porta ancora dietro le cicatrici della crisi. Ce lo ricorda ogni tanto il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che l’Italia è il secondo paese industriale in Europa, dovremmo prenderne atto, alla luce delle rilevazioni statistiche, e vedere ogni tanto il bicchiere mezzo pieno.

Da qualche anno a questa parte i resoconti dell’Istituto Nazionale di Statistica sono incoraggianti, emergono da questa giungla di numeri anche gli aspetti positivi della nostra economia. Il dato in rilievo delle ultime rilevazioni riguarda l’export: rispetto al 2016, il 2017 chiude con +7,4% in valore e +3,1% in volume , mentre le importazioni crescono del 9% in valore e del 2,6 (in percentuale) in volume.

In spiccioli significa, per quel che concerne le esportazioni, che i prodotti italiani risultano competitivi nei mercati internazionali, e il “made in Italy” è sempre una garanzia. L’aumento delle importazioni presuppone invece una crescita della domanda interna, dunque della capacità di acquisto delle famiglie, e nel versante produttivo delle imprese.

L’aumento delle esportazioni riguarda sia i paesi dell’Ue (+8,2%), sia i paesi extra Ue (+6,7%). L’avanzo commerciale, sempre secondo i dati Istat, sale a 47,5 miliardi. Al netto dell’energia +81,0 miliardi. Rilevante l’export verso la Cina: +22,2% e Russia +19,3%. Tra i paesi Ue le esportazioni aumentano verso la Spagna, +10,2%, e in misura inferiore verso la Svizzera (+8,7%), la Germania (+6,0%) e la Francia (4,9%).

Tra i prodotti che in particolare hanno contribuito alla crescita dell’export troviamo quelli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, autoveicoli, prodotti chimici e in metallo, alimentari (per l’agroalimentare si tratta di primato storico), bevande e tabacco.

E cresce la produzione industriale, che a dicembre scorso, su base annua (crescita tendenziale) presenta un incremento pari al 4,9%, e si tratta di quasi un anno di crescita costante. Su base mensile, (crescita congiunturale – sempre dicembre come riferimento), aumenta rispetto al mese precedente dell’1,6%, superando in questo ambito le migliori economie europee. Per trovare valori simili si dovrebbe andare a ritroso di almeno 8 anni (al 2010).

Un resoconto dell’economia certamente incoraggiante, anche secondo Mauro Micillo, Responsabile Divisione Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo, nonché Amministratore Delegato di Banca IMI, che sostiene:
“ la crescita non è più da ritenere ‘solo’ congiunturale ma anche strutturale”. Un distinguo importante per analisti ed esperti.

Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha sempre precisato del resto che la politica monetaria espansiva può favorire la ‘ripresa ciclica’, non quella strutturale, e ha sempre insistito sulla necessità di un solido piano di riforme in questo ambito da parte delle Autorità politiche.

Tornando all’analisi degli ultimi dati Istat, si può notare che sono i beni strumentali e i beni di consumo durevoli a fare meglio, macchinari e comparto delle attrezzature, che crescono del 15,6%. A parte l’elettronica, l’aumento della produzione industriale si rileva un po’ in tutti i settori.
Da evidenziare che l’aumento della produzione nel settore di macchinari è il riflesso più chiaro del risultato derivante dagli investimenti, riconducibili al Piano Calenda su Industry 4.0. In rilievo, in questo ambito, l’impennata nella produzione dei robot, dove importante è stata la domanda interna.

Tutto questo mentre dalle Assisi Generali di Verona, Confindustria lancia un piano di 250 miliardi, risorse reali che potrebbero diventare disponibili col concorso dell’Europa, del settore pubblico e privato. Seguendo questo progetto per il Paese è possibile una crescita del Pil pari al 12% in 5 anni. Il nuovo governo che verrà fuori dalle prossime elezioni politiche dovrà essere dunque, secondo Confindustria, propositivo, in grado di osare e di andare oltre i limiti, solo così si può sbloccare realmente tutta la potenzialità della nostra economia.

Alla fine del meeting è stato chiesto ad alcuni imprenditori convenuti a Verona:
Cosa chiedete al nuovo governo dopo le elezioni? Il primo interpellato ha risposto: “crescita, economia, sviluppo, rispetto dei patti, attenzione verso il sud, che rappresenta ancora, nel terzo millennio, la parte debole del Paese”.

Un altro imprenditore ha proposto “consolidamento degli investimenti per Industria 4.0, importantissimi al fine di creare movimenti positivi nell’ambito della produzione industriale, robotica in particolare, ma anche sistemi digitali e tutto ciò che ruota intorno alle nuove tecnologie.

Diversi imprenditori hanno chiesto attenzione verso il Meridione, attraverso l’agevolazione di iniziative produttive, gli sgravi fiscali sono incentivi incoraggianti, ma secondo il parere di chi ‘vive direttamente sul campo’ sono necessari interventi infrastrutturali veramente consistenti, apertura di nuovi cantieri, coinvolgimenti dei giovani con opportunità di occupazione. Insomma risposte efficaci, non le solite promesse elettorali.

Vincenzo Boccia, presidente della Confindustria, ha riassunto in tre parole la consistenza dei doveri richiesti al prossimo governo: “Lavoro, controllo del debito, crescita”. Questi sono i punti fermi per uno start veramente efficace dell’economia italiana. “ A patto che – ha puntualizzato Boccia – che riforme fondamentali, anche se tanto discusse, come il Jobs Act, non siano spazzate via”.