L’UE TAGLIA ANCORA LE PREVISIONI DI CRESCITA DELL’ITALIA: +0,1% NEL 2019

DI VIRGINIA MURRU

 

Quella folata di ottimismo giunta con gli ultimi dati Istat, non è durata a lungo, ma del resto a credere in un’inversione di tendenza non sono stati in molti. Di certo hanno galvanizzato il Governo, il quale ha fortemente sperato che quel +0,2% del primo trimestre dell’anno avesse un significato ben preciso, ossia la fine dell’incubo su una fase recessiva dell’economia, e un bagliore di luce sul nuovo anno che stava cominciando con auspici migliori, lasciandosi alle spalle un difficilissimo 2018.

Le ragioni dell’ottimismo fino al mese scorso provenivano anche dal differenziale di rendimento tra Btp-Bund in progressivo recupero, dopo quasi sei mesi di ascesa e di affanni per i titoli di Stato, finalmente si portava in aree più rassicuranti, scendendo di oltre 100 punti base.

Ma a quanto pare non è bastato a convincere la Commissione europea, che ieri ha reso note le previsioni sulla crescita dell’Italia per l’anno in corso: +0,1% (a febbraio scorso le stime erano di +0,2%), ben lontano, il dato espresso da Bruxelles da quello formulato dal Mef, che aveva stimato l’1,5%. Per il 2020 le stime, secondo la Commissione europea, sono dello 0,7%.

Così l’Italia resta ultima nella classifica Ue per crescita, tasso di occupazione e investimenti. La reazione dei mercati –  già peraltro in allarme per le ultime dichiarazioni ‘raid’ del presidente Trump nei confronti della Cina, e un conflitto commerciale PIù che mai acceso – non è stata benevola a Piazza Affari. Intanto rientra il tormento-spread, che oggi va a 270 punti base, e si riparte con il preoccupante senso di malessere dell’economia italiana, che non trova ancora un percorso veramente libero per affermare le potenzialità di crescita, dato che i presupposti, in generale, per una ‘ripartenza’ ci sarebbero.

Pierre Moscovici, Commissario per gli Affari Economici e Monetari dell’Ue, non è convinto dell’indirizzo che ha preso la politica economica del governo italiano, e sostiene che la crescita è modesta, piuttosto contenuta,  presenta incertezze nei conti, e tuttavia rimanda a giugno le conclusioni.

A questo riguardo dichiara:

“la ripresa keynesiana ipotizzata e stimata dal governo italiano in realtà non c’è stata. Stiamo analizzando i conti, e in questa sede non si parlerà di conformità con le regole del Patto di Stabilità e Crescita, la Commissione si esprimerà all’inizio di giugno, così come sarà preso in esame il programma di riforme trasmesso a Bruxelles il mese scorso. Abbiamo già avuto dei colloqui con il governo, in particolare con ministro delle Finanze. Ora non terremo conto neppure delle clausole di salvaguardia, precisando che comunque l’accordo concluso con il governo italiano ha riguardato tutto l’insieme, anche le misure di salvaguardia.”

Intanto, secondo il resoconto della Commissione europea, il debito italiano schizza a 133,7% nel corrente anno e a 135,2% nel 2020.

Il Governo non concorda con il severo giudizio espresso dalla Commissione, il premier Conte sostiene che “si tratta di stime abbastanza ingenerose”. Secondo queste valutazioni, ossia con +0,1% di crescita, “tutti i provvedimenti presi dal governo non avrebbero alcun valore, e non porterebbero verso alcuna prospettiva di crescita”. Secondo il premier devono esserci “delle pregiudiziali negative da parte della Commissione”, ma il governo non concorda con queste stime, le misure intraprese produrranno i loro effetti.

Il trend positivo che si è già innescato, secondo il parere del premier, proseguirà nel secondo trimestre, anche perché è in atto un percorso di politica economica e sociale orientato sulla crescita. Conte conclude poi affermando che il governo continuerà la sua attività secondo le linee già tracciate, a prescindere dalle previsioni di analisti e istituzioni finanziarie.

Gli fa eco il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che afferma:

“La Commissione non tiene conto della tendenza alla crescita del primo trimestre, dove il risultato è un chiaro segno di cambiamento. Le previsioni espresse da Bruxelles sul deficit sono ‘politiche’, e sono sostanzialmente uguali, cambiano solo per il prossimo anno, ma il problema è che loro esprimono le stime ‘a politiche invariate’, ovvero a legislazione invariata, basandosi sugli esiti degli anni passati, nei quali non sono rientrati i calcoli sull’aumento dell’Iva.”

Il ministro Tria precisa che invece sia nel Def che nelle risoluzioni del Parlamento, si è considerato l’aumento dell’iva, nonché l’intento di rispettare i target sul deficit pubblico. ‘Se le valutazioni della Commissione escludono questi importanti elementi, il giudizio è più affine ad una previsione politica piuttosto che economica’ – dice. In ogni caso, secondo il ministro, nei prossimi trimestri l’orizzonte sull’economia italiana sarà più chiaro e positivo di quello di oggi.

Bisogna attendere le evoluzioni di tanti variabili in corso, dal conflitto commerciale in atto tra Usa e Cina, alla situazione economica in area euro, e in particolare l’andamento dell’economia in Germania.

Attesa dunque, per quel che riguarda le stime della Commissione Ue, per il cosiddetto ‘pacchetto primavera’,  i colloqui già intrapresi con il governo italiano, permetteranno valutazioni più obiettive.