TRIA: “AFFRONTARE IL ‘TABU’ DELLA MONETIZZAZIONE DEL DEBITO”, MA L’EUROPA FA ORECCHIE DA MERCANTE

DI VIRGINIA MURRU

 

La proposta relativa alla monetizzazione del debito, lanciata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, pur essendo motivata da ragioni contingenti, è stata giudicata poco meno di  un salto nel vuoto; quasi utopia.

Il ministro Tria, nel corso del Forum sulla sostenibilità, che ha avuto luogo due giorni fa a Villa Blanc (organizzato dalla Luiss), ha lanciato una proposta-azzardo, spinto certamente da situazioni economiche e finanziarie di emergenza, che hanno necessità di un intervento radicale.

Le parole del ministro tuttavia intendono fare riflettere sull’urgenza di affrontare una volta per tutte la questione riguardante la monetizzazione del debito, che implica un intervento della Bce. La Banca Centrale Europea dovrebbe tenere conto delle situazioni congiunturali negative di uno Stato membro, allorché i conti pubblici ostacolano la crescita dell’economia, sostenendo il periodo di impasse e acquistando una parte del debito pubblico (in questo caso quello italiano).

Molti si sono chiesti se davvero Giovanni Tria, così riflessivo e cauto nell’esprimersi, non avesse pensato alle conseguenze di questa proposta, tempestata d’incognite, dato che per intervenire si dovrebbero  modificare i Trattati.   Intanto la Bce per procedere in tal senso dovrebbe modificare il proprio Statuto, e non potrebbe farlo se non con votazione unanime da parte dei Paesi membri dell’Eurozona.

Sul suo esito nessuno scommetterebbe un euro, proprio perché le economie forti del Nord, Germania in primis, non hanno mai ‘assolto’ la politica monetaria espansiva portata avanti tramite il Quantitative Easing dal Presidente dell’Eurotower Mario Draghi.

Uno dei falchi che ha tentato di ostacolare le strategie della Bce, non a caso è sempre stato il Governatore della Bundesbank, e qualora la Germania non riuscisse ad ottenere la Presidenza della Commissione europea, all’indomani delle prossime elezioni, piazzando in questa posizione strategica proprio Jens Weidmann, sarebbe alquanto probabile che il delfino della Merkel  finisse proprio alla guida della Bce, dato che il mandato di Draghi sta per scadere (31 ottobre 2019).

Il mese prossimo comunque, la situazione per entrambi i ruoli sarà molto più chiara, dato che ogni Paese membro dell’Eurozona dovrà esprimere il proprio candidato alla presidenza della Banca Centrale Europea.

Al momento gli enigmi sono tanti, e la proposta del ministro dell’Economia, è comprensibile,  forse anche giusta, ma in Europa comanda chi ha la locomotiva del potere economico, e certamente l’Italia, in un periodo così instabile e vulnerabile, non può illudersi sulla mano tesa della Banca Centrale.  Una simile proposta, qualora fosse sottoposta al voto, sarebbero destinata al sicuro rigetto. In area euro, del resto, i Paesi più interessati, in pressing per via del rapporto insostenibile debito/Pil, sono infatti la Grecia e l’Italia, gli altri, Portogallo compreso, hanno adottato strategie efficaci per la riduzione del debito.

Non per nulla il ministro Tria in riferimento all’”ostracismo” delle economie più avanzate in area euro, usa l’espressione “sovranismo nordico”.

C’è chi definisce la proposta del ministro  un vero e proprio azzardo, la Bce non può essere ‘la provvidenza’ degli Stati troppo indebitati, e non è pertanto “il momento di discutere il tabù della monetizzazione del debito”, come egli ha dichiarato.

Bruxelles, dopo tutte le traversie nei rapporti con la Commissione europea,  tiene l’Italia sotto stretta ‘sorveglianza’, proprio a causa del dissesto nei conti pubblici, non ‘a norma’, secondo il regolamento dei Trattati e la legge di Stabilità e Crescita. L’Ue ha transatto anche troppo nei confronti dell’Italia, chiudendo un occhio e a volte anche due, ma oltre non intende andare. Insomma: l’Italia deve risolvere da sola la questione del debito e le rogne interne.

Intervenendo subito, non c’è più tempo, secondo il parere del Governatore di Bankitalia Ignazio Visco, e di tutte le Organizzazioni economiche internazionali, dall’Ocse alle Agenzie di rating, al presidente della Bce, Mario Draghi.  Proprio la Bce, chiamata in causa indirettamente dal titolare del Mef, potrebbe  cancellare una parte del debito italiano, acquistando ed emettendo poi nuova moneta per il medesimo valore.

In pratica una misura di politica monetaria simile al Qe, che certamente annullerebbe il peso schiacciante e limitante che esercita il debito pubblico nei conti italiani. Con la radicale riduzione del debito ‘la ripartenza’ verso la crescita, e le iniziative di politica economica, sarebbero per ovvie ragioni molto più dinamiche. Un po’ come ritrovarsi in una strada invasa di massi che non ne consentono il transito, e dopo l’intervento di ‘sgombero’ ritrovarsi il percorso più libero. Certo in teoria sarebbe la soluzione più auspicabile, dato che la ‘questione italiana’ sta creando non poche incertezze nei mercati, ma soprattutto rischia di condizionare sul versante macroeconomico l’intera area.

L’idea di Tria non è certo bislacca, ma per quanto sensata e giustificabile, deve tenere conto dello Statuto della Bce, senza dimenticare che ci troviamo a ridosso delle elezioni per il Parlamento europeo, nonché prossimi alla scadenza del mandato del presidente Mario Draghi.

La Francia, anche se molto favorita nella corsa alla presidenza Bce, difficilmente la spunterà dato che ha già svolto il suo ‘turno’ con Trichet, e pertanto difficilmente potrà insediare un altro francese all’Eurotower. E’ quasi scontato che il ruolo chiave in ambito Eurozona sarà attribuito ad un esponente del Nord Europa, favoriti il Governatore della Bundesbank (Weidmann) e il finlandese Olli Rehn, entrambi avversi alle misure di politica monetaria intraprese dall’attuale presidente.

Già il mese prossimo sarà possibile avere le idee più chiare, all’indomani delle elezioni europee e la presentazione delle candidature per il dopo Draghi.

Le parole del titolare del Mef non sono state tuttavia davanti all’Europa un’espressione di resilienza e forza nei confronti del ciclone rappresentato dal debito, che sta rendendo asfittica l’economia del Paese, ma se siamo la seconda potenza industriale in Europa non è possibile che non si trovi una formula idonea a bypassare questo stallo.

Insomma davanti ai partner europei sarebbe più sensato dare un’immagine dell’Italia più efficiente e combattiva, non dichiarare ai quattro venti le proprie fragilità, e dunque l’esuberante esposizione debitoria. Il male si sa è cronico, ma non irreversibile, e questa dovrebbe essere la base di partenza, non l’attesa di una ‘manna’ che non potrà giungere da Bruxelles.

In questo senso meglio l’ottimismo del premier Giuseppe Conte, e perfino l’irresponsabile ottimismo dei due vicepremier. L’Italia resta in un limbo, osservata con diffidenza in Europa, i cui giudizi sono sempre più impietosi.

Intanto in questo momento il Paese dovrà contare esclusivamente sulle sue forze, che pure esistono, anche se limitate e condizionate dai conti pubblici. Finanziare una politica di investimenti, dunque, non comporta il supporto dell’Unione europea, e di questo dovremmo farcene una ragione.

Le parole di Tria sembrano un salto nel buio quindi: “Io credo sia giunto il momento di affrontare il tabù della monetizzazione del debito, recuperando gli strumenti di politica macro economica per garantire un coordinamento non risolto, certo in Europa, tra politica monetaria e di bilancio..”