BCE. DRAGHI: QUASI CERTO UN RITORNO ALLA POLITICA MONETARIA ACCOMODANTE

DI VIRGINIA MURRU

 

C’è un po’ di fibrillazione oggi nei mercati finanziari, sia perché si attendono le risoluzioni della Fed in merito alle scelte di politica monetaria, e su un quasi certo taglio dei tassi, sia per le ultime dichiarazioni di Mario Draghi.

E’ più che probabile comunque che la Fed decida un taglio di 25 punti base a luglio, secondo esperti ed analisti.

Il presidente della Bce,  nel corso dell’annuale Forum, che si è tenuto a Sintra (Portogallo), in presenza dei Governatori delle Banche Centrali, ha annunciato che la politica monetaria della Bce potrebbe ancora intraprendere la via del Qe, nonché applicare un nuovo taglio dei tassi.

Gli esperti del mondo della finanza non hanno riscontrato eccessivo clamore nel discorso di Draghi, perché egli a conclusione di ogni riunione del Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea, al quale come di consueto segue la conferenza stampa, ha sempre affermato che la Bce è la sentinella dell’Euro, vigila sull’andamento dell’economia dei 19 Paesi dell’Eurozona, e per assicurare la stabilità dei prezzi nell’area,   ‘il bazooka’ è sempre rimasto in stand by. Qualora ricorressero le circostanze, la politica di acquisto di asset potrebbe riprendere  il suo corso.

Quando è necessario uno stimolo monetario, una spinta propulsiva al fine di prevenire fasi recessive, l’Eurosistema interviene con i mezzi finanziari dei quali la Bce dispone a supporto dei Paesi membri della zona euro. Il presidente Draghi, fino agli ultimi interventi del Quantitative Easing (terminato il 31 dicembre scorso), ha sempre aggiunto, alle sue conclusioni “or beyond if necessary”, dunque anche oltre un limite di tempo stabilito, qualora necessario.

In un sistema che risponde alle influenze e cicli alterni dell’economia globale, è molto più difficile formulare previsioni a lungo e medio termine, perché si fanno i conti con sequenze di accadimenti che rendono sensibili i mercati, ed espongono soprattutto gli Stati più fragili alle conseguenze di queste fasi di alternanza.

Nel suo ruolo di vigilanza la Bce ha diverse armi a disposizione per affrontare insidie interne ed esterne in ambito economico, ed esiste proprio per intervenire in momenti critici,  quando l’economia evidenzia una fase di rallentamento.

Non è propriamente un momento congiunturale favorevole per l’Eurozona, c’è poco impulso, messo in rilievo anche dalla recente contrazione di importanti dati macro in Germania; in generale si stanno presentando le condizioni per rendere necessario un intervento di stimolo monetario da parte della Bce. C’è poi la questione irrisolta del tasso d’inflazione, che è ancora distante dal target fissato dall’Eurotower, ossia la soglia del 2%, ultimamente anzi ha mostrato segni d’indebolimento.

Molto probabile quindi, secondo le dichiarazioni del presidente Draghi, che si proceda a nuovi acquisti di titoli di Stato, nonché finanziamento alle banche a costi favorevoli, e ulteriore taglio di tassi (quello sui depositi è già a -0,4%), forse a -0,6%.

L’annuncio di Draghi ha creato reazioni praticamente immediate sul mercato, ma del resto questi effetti sono stati certamente previsti, fanno anzi  parte della ‘forward guidance’ della Banca Centrale Europea. Qualcuno ha definito Draghi “l’euroinomane col turbo”, ed è vero, ma non inteso in senso sarcastico, la sua politica monetaria è sempre stata diretta alla  tutela della sovranità monetaria in Eurozona.

Ed era praticamente scontato che l’euro perdesse quota nei confronti del dollaro. Le strategie del presidente dell’Eurotower non hanno portato il buonumore alla Casa Bianca, hanno allarmato anzi il presidente Usa, che ha disseminato il web di proteste, nel mirino le sue “palle al piede”, che hanno il torto di contrastarne la supremazia economica: la Cina e l’Europa, colpevoli, secondo le sue parole roventi, di esercitare concorrenza sleale sui cambi.

In definitiva tutto lo staff dell’establishment politico americano, che vigila sulle scelte di politica monetaria delle più importanti Banche Centrali, non è  favorevole alla politica di accomodamento  seguito dalla Bce.

Le dichiarazioni del presidente Draghi a Sintra, fanno supporre che gli interventi della Bce potrebbero essere attuati nel volgere di un breve periodo di tempo, e già il mese prossimo potrebbe essere deciso un alleggerimento, da confermare poi in autunno. In ambito Ue si sta ancora metabolizzando la crisi del 2008, perché un reale recupero, pure evidente negli ultimi anni, un passo deciso e sostenuto dell’economia, non c’è ancora stato.

Nonostante la politica monetaria accomodante della Bce, che pure ha indubbiamente sostenuto l’Eurozona, il reale recupero stenta ad arrivare, e lo dimostra in parte anche il mancato raggiungimento del target nel tasso d’inflazione.

Ma  è anche un problema degli Usa, e la possibile mossa dell’atteso taglio dei tassi è in fondo un atto di cautela, e dimostra che l’economia americana presenta aspetti d’instabilità, dovuti verosimilmente alle politiche protezionistiche del Governo, diventate col tempo sempre più aggressive.

Gli effetti non sono di certo quelli sperati, le ritorsioni degli Stati ‘bersaglio’, non passano senza conseguenze, e in definitiva la guerra dei dazi sta diventando per la Casa Bianca un’arma poco efficace per proteggere il principio di ‘America first’. Sta diventando anzi insidiosa. Se non un vero e proprio boomerang, certamente una mina  la cui deflagrazione colpisce anche chi la innesca.

Per rimettere un  po’ di ordine negli avamposti di questo conflitto commerciale, il Governo americano spera di rabbonire l’avversario cinese a margine del prossimo G20, in programma ad Osaka tra una decina di giorni, preambolo per la riapertura dei negoziati tra le due superpotenze, che limiti i danni delle contromisure cinesi. Come se, i danni causati dagli Usa alla Cina, fossero di poco conto.

Secondo Huawei, le misure restrittive applicate da Washington si quantificano in termini di fatturato, sui 30 miliardi di dollari.  Con queste strategie gli Usa hanno chiaramente impedito al gruppo cinese di crescere ed espandersi, diventando la più importante azienda nel settore delle comunicazioni.

Lo ha dichiarato Ren Zhergfei, il fondatore del colosso cinese, in riferimento al ban sui prodotti Huawei, boicottati per ordine del presidente Trump, il quale ha vietato legami da parte delle aziende americane.

Molto atteso il meeting di Osaka, nel quale è previsto l’incontro tra i presidenti di Usa e Cina, esito che quasi certamente condizionerà il sentiment dei mercati, e non lascerà indifferente nemmeno la Fed, tale è l’impatto che sta creando la politica dei dazi, decisa unilateralmente dal Governo americano.