VERTENZA SAFILO-SINDACATI, PROCLAMATO LO STATO DI AGITAZIONE DEI LAVORATORI

DI VIRGINIA MURRU

 

Non sembra ci siano ripensamenti da parte di Safilo Group, il cui piano industriale ha previsto 700 esuberi, e la chiusura dello stabilimento di Martignacco, in provincia di Udine. Il Ceo ha giustificato i tagli con “le esigenze del nuovo piano industriale, i cui obiettivi sono proiettati verso la ristrutturazione e un passaggio decisivo ad una strategia di trasformazione digitale”.

Un’azienda mira sempre al profitto,  tutto il resto costituisce un ‘corollario’ per il suo raggiungimento, pertanto quando un Consiglio di Amministrazione decide un programma di esuberi, e quindi tagli per l’occupazione, tali misure sono in sintonia con il puro fine degli interessi societari, che devono essere perseguiti anche cinicamente a scapito dei lavoratori.

Rientra purtroppo nelle fasi cicliche delle vicende aziendali, non si prescinde da questo rischio. Il piano industriale prevede intanto vendite nette che si aggirano su 1 miliardo di euro per il 2024, nel quinquennio il tasso medio di crescita sarà tra l’1-2%, e un margine operativo lordo ambizioso: tra il 9% e l’11% delle vendite nel 2024.

Ma non si tratta di esuberi di poco conto, Safilo ne ha dichiarato 700 su 2.600 dipendenti italiani. Le reazioni di lavoratori e sindacati sono altrettanto scontate, con manifestazioni ovunque negli stabilimenti addetti alla produzione di occhiali, e uno stato di agitazione generale previsto per il 13 dicembre. E’ stato inoltre deciso il blocco degli straordinari. I sindacati sono inflessibili, la sopravvivenza dell’azienda non può essere sempre basata sul sacrificio dei lavoratori. E il gruppo non sembra avere un futuro così a rischio secondo le risultanze dei conti.

L’azienda, tramite l’Amministratore delegato Angelo Trocchia, replica che ‘non si tratta di iniziative volte ad  ignorare le conseguenze sul piano occupazionale, e si stanno già  predisponendo tavoli di trattative con i sindacati, per individuare gli ammortizzatori sociali al fine di rendere meno pesante l’impatto sulle scelte decise dal gruppo. A monte di queste scelte dolorose – secondo le affermazioni del Ceo Trocchia – ci sarebbero le sospensioni delle licenze con Dior.

Un gruppo che conta sei stabilimenti produttivi, non tutti in Italia, ed è presente in Borsa, con l’indice FTSE Italia Small Cap (codice SFLMI), non risulta sia sull’orlo del tracollo per giustificare iniziative così dure per i dipendenti. Dopo l’annuncio degli esuberi il titolo è comunque crollato in borsa, sospeso a lungo in asta di volatilità, e nonostante il rientro agli scambi ha chiuso la seduta con un calo del 25%, a 1,19 euro.

Ma su misure di questa portata non si può ragionare con i palliativi, i sindacati non accetteranno la mannaia decisa da Safilo Group S.p.A. società italiana con sede amministrativa a Padova, addetta alla produzione e distribuzione di occhiali, da vista, da sole e sportivi, e tanti altri articoli con brand  di carattere sportivo.

Nel comunicato stampa pubblicato nel sito ufficiale del gruppo, si legge, in merito agli obiettivi che s’intendono perseguire nei prossimi 5 anni:

“Siamo orientati ad una crescita dei margini, attraverso una struttura dei costi che risponda efficacemente alla necessità di riallineare l’attuale capacità industriale del Gruppo alle future esigenze produttive e di conseguire ulteriori efficienze nell’area del costo del venduto e delle spese generali, garantendo al Gruppo solidità economico-finanziaria e il perseguimento, nell’arco temporale del Piano, dei livelli di redditività a cui la Società aspira.”

Progetti ambiziosi che non devono essere realizzati sulla pelle dei lavoratori, secondo le dichiarazioni dei sindacati, e tuttavia difficilmente con la vertenza in corso si riuscirà a indurre i rappresentanti di Safilo Group a rinunce consistenti, che rimettano in discussione il nuovo piano industriale.

Nel comunicato si cita l’uscita di licenze di lusso (LVMH), che porterebbe il gruppo ad avviare un piano di riorganizzazione e ristrutturazione industriale, rispondente, con effetti immediati, al nuovo scenario produttivo che l’azienda si troverà fin dai prossimi anni a gestire, e il conseguente riallineamento delle proprie strutture.

“E’ un  Piano, tracciato per salvaguardare la competitività aziendale a favore dei lavoratori che rimangono in forza, ed ha per questo identificato un totale di circa 700 esuberi nel 2020 in Italia.”

Non è accettabile per i lavoratori e i sindacati; nonostante sia stato aperto un tavolo negoziale, al fine di individuare gli ammortizzatori sociali che dovrebbero sostenere i dipendenti, limitando l’impatto di queste scelte, difficilmente dalla vertenza in corso si giungerà ad un accordo soddisfacente per le parti coinvolte.