OUTLOOK FMI. PRUDENTI LE STIME SULL’ECONOMIA ITALIANA: 2020 PIL A +0,6%

DI VIRGINIA MURRU

 

Il Fondo considera che in Italia sono state gettate le basi per una svolta e un percorso di ripresa, attraverso le misure previste dalla stessa legge di Bilancio 2020, tanto che la crescita, da quella prevista a +0,5%, potrebbe spingersi nell’ultimo trimestre dell’anno in corso a +0,6%, e per il prossimo anno la stima è su +0,7%.

Resta tuttavia su un piano critico  l’analisi dei fattori che contribuiscono al trend di una crescita modesta del Pil, secondo l’FMI la produttività esprime poca vivacità già da alcuni anni, per cause che non sono state fino ad ora realmente rimosse, tra le quali vi sono i lacci della burocrazia, la pressione fiscale, e soprattutto l’incidenza del debito, che schiaccia e preclude un’autentica svolta. Il debito resta al 135% del Pil, dato che rimane una perenne incognita e condiziona le scelte di politica economica di ogni esecutivo. Il deficit, nel 2020, dovrebbe attestarsi al 2,4%.

Per quel che riguarda le misure fiscali intraprese dal Governo Conte 2, secondo il Fondo Monetario si sta imboccando il sentiero giusto per alleggerire famiglie e imprese, ma restano da perseguire misure fondamentali per la ripresa, quale la realizzazione di investimenti in infrastrutture.

Sulle pensioni – sostiene l’Fmi – si è fatto tanto, ma la spesa resta alta, anche per l’introduzione di Quota 100. Il sistema fiscale è ancora suscettibile di miglioramenti, e certamente l’esecutivo sta seguendo questa indicazione, anche attraverso la riforma fiscale prevista entro aprile.  Da rivedere, secondo il Fondo, il sistema di valutazione della proprietà, che penalizza in modo considerevole le famiglie meno abbienti. Molto bene le misure per la lotta all’evasione fiscale, sempre da incentivare.

Si procede al miglioramento del sistema fiscale, ma “il taglio del cuneo resta ancora modesto”, secondo gli analisti del Fondo, in Italia il cuneo sul lavoro è intorno al 48%, ma la media Ue è più bassa: il 42%. Occorre  una riduzione più decisa “da valutare intorno al 2% del Pil, compensata da un significativo ampliamento della base imponibile”. Ossia il potenziamento della lotta all’evasione, nonché un miglioramento delle agevolazioni fiscali. C’è inoltre da considerare come opportunità il persistere della politica monetaria espansiva della Bce, con relativi bassi tassi d’interesse, che l’Italia dovrebbe cogliere come una grande opportunità, poiché questa politica monetaria di favore non sarà perenne.

L’Italia, fra una traversia e l’altra ha superato il rischio recessione, ma secondo l’Fmi la crescita non ha ancora  presupposti di solidità, e non sono da escludere i fattori che derivano da un quadro internazionale che ha presentato durante il 2019 e agli esordi del nuovo anno, elementi di notevole instabilità, quali i conflitti commerciali tra i due giganti dell’economia mondiale, Usa e Cina, tensioni nei mercati emergenti,  incertezze di carattere geopolitico, soprattutto in Medio Oriente. E basterebbe citare le tensioni tra Iran e Stati Uniti, ma anche con Arabia Saudita, i focolai di conflitto devastante in Siria, Yemen, e la perenne e irrisolta questione dell’Afghanistan, insieme a tante altre emergenze in America Latina.

E non ultimo il fattore Brexit, anche questo passo indietro del Regno Unito proietterà le sue ombre nel commercio internazionale, e a pagare tributo sarà anche l’Unione europea. I fattori idiosincratici causano problemi di carattere macroeconomico nelle economie dei mercati emergenti, a questo si aggiunge il basso livello di crescita della produttività, e non meno incisivo l’invecchiamento demografico nelle economie cosiddette avanzate.

A questa lunga serie di vulnerabilità si devono aggiungere i mercati finanziari, che esprimono reazioni ponderate sulla base del rischio che ogni evento negativo può produrre, e a loro volta possono aggiungere i disastri derivanti dalle insicurezze manifestate dagli investitori.

Tutte realtà che non hanno contribuito alla solidità della crescita, non solo per i riflessi sull’economia degli Stati interessati, ma in definitiva anche per l’incidenza a livello globale.

L’Fmi punta infatti l’osservatorio anche sullo stato dell’economia globale, l’outlook da quest’anno dovrebbe cambiare orientamento, dopo la flessione riscontrata nel 2019. Secondo le stime l’anno in corso dovrebbe registrare una crescita pari a +3,4%, in netto miglioramento rispetto allo scorso anno, quando la crescita globale si era attestata lievemente al di sotto del 3%. In controtendenza rispetto al 2018, quando il Pil globale era stato del 3,6%.

Secondo le valutazioni del World Economic Outlook del Fondo, le stime sono caute, perché vi sono ancora troppe fibrillazioni che non permettono certezze nel versante geopolitico ed economico. La stessa Cina, che negli anni ci aveva abituato a livelli di Pil piuttosto alti, già dal 2019 ha evidenziato una contrazione, sia pure lieve nella crescita, rispetto agli anni precedenti.

E viste le conseguenze della pandemia in atto, con il coronavirus che sta mietendo troppe vittime,  creando allarme in Cina (dove ha avuto origine), e ora  in tanti altri stati, anche questo fattore avrà riflessi non di poco conto sull’economia cinese.

Basti pensare alle precauzioni adottate da tante grandi aziende, che hanno chiuso le loro sedi in Cina e richiamato il personale in patria, al blocco dei voli deciso da diverse compagnie, alla condizione di quarantena e di barriera che si è creata nelle ultime settimane, per concludere che le ripercussioni saranno anche sul piano economico rilevanti. In definitiva non sarà solo l’economia cinese a risentirne, proiettati come siamo in un sistema di globalizzazione, nel quale nessuno può esibire un protezionismo ad oltranza e a prova di scasso, senza essere costretto a confrontarsi con una platea internazionale, nemmeno gli Usa.