DI NELLO BALZANO
Nella manovra finanziaria in discussione dovrebbero essere stanziati 300 milioni di euro per coprire la contribuzione previdenziale, a vantaggio di nuove assunzioni di giovani fino a 35 anni, pari al 50% per le aziende del Nord e totali per quelle del Sud, per un massimo di tre anni.
Questo provvedimento che oggi viene venduto come rivoluzionario per risolvere la disoccupazione giovanile non è altro che la brutta fotocopia del vecchio Contratto Formazione Lavoro del 1985.
Anni dove la disoccupazione a due cifre era qualcosa di impensabile, dove il principio di assumere giovani fino a 29 anni con il vantaggio della contribuzione previdenziale a carico dello Stato non vedeva differenze tra Nord e Sud, l’assunzione non era alla “come ti pare” ma c’erano paletti ben definiti: inquadramento del nuovo assunto secondo il CCNL o accordi di secondo livello interno, obbligo di formazione anche OJT (On Job Training) per un periodo pari al 20% minimo della prestazione mensile dovuta, conferma dopo massimo 24 mesi obbligatoria, a meno di certificate crisi aziendali, ovvero non potevi licenziare e poi riassumere con le stesse modalità, stessi diritti di un lavoratore a tempo indeterminato, compreso l’art. 18.
In poche parole si imponevano al datore di lavoro determinate e dovute restrizioni, normali per ogni assunzione, a suo volta lo stesso godeva di decontribuzione per il periodo massimo suddetto, ma contemporaneamente si ritrovava negli organici personale qualificato al pari dei colleghi assunti in precedenza.
Oggi la decontribuzione considerata al pari degli sgravi dei quali dal governo Monti in avanti le aziende godono, a mio giudizio danno un’immagine di un privilegio, qualcosa che vuole dire ai lavoratori: ringrazia che sto pensando alla tua pensione; un diritto legittimo per tutti, che viene contrabbandato come un regalo, differenziato se vieni assunto a Milano, rispetto che a Napoli, altro aspetto discriminatorio tra ragazzi che vivono nello stesso Paese.
La solita soluzione all’italiana che riporta alla famigerata Cassa del Mezzogiorno ideata per scopi nobili nel tentativo dopo la guerra di avvicinare il meridione alle condizioni di vita rispetto al Nord, poi diventata un pozzo dove attingere indiscriminatamente anche per scambi elettorali.
Come se al sud la crisi occupazionale sia dovuta più ad una mentalità borbonica e non alle carenze infrastrutturali per agevolare i movimenti della produzione o incapacitá a sfruttare le potenzialitá del territorio, insomma un governo che emette provvedimenti elettorali, tra l’altro investendo cifre pari alla metá del bonus cultura ai diciottenni per spingerli a votare sì nel referendum del 4 dicembre, per dipingersi di un rosso sbiadito davanti al popolo smarrito della sinistra.
Ed è triste oggi per chi come me ha giovato del CFL rimpiangere il Pentapartito a maggioranza democristiana, anche se non bisogna sottovalutare che in quegli anni c’era un’opposizione di sinistra che almeno la sfidava e stimolava sul terreno del lavoro in modo serio, oggi questa un po’ manca, é carente una forza politica che sappia dare risposte convincenti anche in una posizione di contrapposizione, che esca da sterili scontri per dare finalmente una proposta programmatica degna della storia e dei valori che deve tornare a rappresentare.