DI NELLO BALZANO
Ha quasi 82 anni ma è come se tutto fosse rimasto fermo come quando ne aveva 57, è entrato in politica o come disse lui nel famoso video a reti unificate, scese in campo e bevve il calice amaro dell’impegno diretto in politica.
La discesa in campo e il calice amaro, due immagini che riassumono il cambio radicale della politica italiana, non più i partiti, ma le persone, qualcosa che grazie al martellamento mediatico sconvolse il panorama della prima Repubblica, dalle macerie dopo ‘tangentopoli’ del 1992, prova ne è stata la prima competizione elettorale con il sistema maggioritario, la coalizione progressista di Occhetto e quello di centro dei popolari di Martinazzoli, furono schiacciati dalla novità, dal primo partito di proprietà di una persona.
Qualcosa di inimmaginabile dai politici dell’epoca abituati ai riti formali, i territori, le scuole politiche, qualcosa che perse senso in un colpo e chi in seguito ha provato a ricostruire quegli schemi, ha provato la durezza della sconfitta sonora.
La dimostrazione di tutto ciò è nei passaggi elettorali successivi, il centrosinistra per vincere doveva mettere in campo persone autorevoli, ma che non dessero la chiara impressione di essere di “partito”, riuscì quindi con Prodi, fu sconfitto con Veltroni e Rutelli nell’immaginario popolare legati alle dinamiche considerate antiche dei partiti, seppur con il cercare di mascherare con restyling ed effetti speciali.
Insomma da lì in avanti è tutto un fiorire di personalità lontane dalle sezioni, la necessita di cambiare registro e nello stesso tempo la semplicità nel farlo, con la collaborazione del sistema mediatico che ha immediatamente riconosciuto il business, l’informazione politica non più noiosa e per pochi, ma ad ampio spettro per tutti e in ogni programma televisivo.
È stato facile a quel punto umiliare la storia dei vecchi partiti, riconosciuti come il male, del dopoguerra, è stato ancor più semplice da lì in avanti ridurre all’osso le possibilità di reperire risorse economiche, per permettere di fare politica, gli argomenti, non del tutto ingiustificati, erano i privilegi di pochi, ma soprattutto il vedere ingiusto ciò che si definiva spreco, di fronte alle situazioni di crisi e povertà del Paese.
Dal 1994 in poi non più valori, idee, ma personaggi che devono sopratutto apparire per convincere, quindi anche il loro passato è fondamentale, nella costruzione del leader o anche di semplici figuranti, è finita l’epoca della designazione, è finita l’era nella quale nessuno si chiedeva da dove veniva fuori una determinata figura, ma si dava per scontata e si accettava la decisione del partito, frutto di ponderate scelte degli organismi che nessuno metteva in discussione.
Con questo non si vuole rimpiangere un passato migliore in tutti i suoi passaggi, al contrario certe scelte, certe impostazioni sono sicuramente da indicare come cause del cambiamento politico, ma come spesso accade, si getta via il bambino insieme all’acqua sporca.
Quali sono le conseguenze in tutto questo? Semplice, basta guardare a ciò che succede in questi giorni, nella vicenda del candidato premier prof. Giuseppe Conte, non avendo un “certificato” di garanzia di partito, bisogna cercare nel suo passato, è normale complice anche la grande disponibilità di informazioni che arrivano dalla rete si trovi di tutto, nel bene e nel male.
In definitiva, la politica spettacolo è entrata a pieno titolo nel DNA del Paese, molti lo considerano un bene ed è dimostrato dai risultati elettorali, un fatto è certo, la timidezza, l’età, il fatto di non aver potuto studiare per la mancanza di mezzi economici, il non aver quindi titoli da sbandierare, seppur animati da grandi iniziative ed idee non permetteranno più la formazione del politico moderno, al contrario saranno i fattori che escluderanno a priori l’emergere.E la storia ci insegna che escludere a priori o per criteri sbagliati non è certamente positivo, anzi, ed è davanti agli occhi di tutti, il Paese è fermo al 1994, ai 56 anni di Silvio Berlusconi.