LETTERA UE ALL’ITALIA: ATTENZIONE, TRA I 5 PAESI A RISCHIO INADEMPIENZA

DI VIRGINIA MURRU

 

Il pungolo è quello dello scorso anno, sembra anzi un tamburo battente, che per la verità suona un po’ troppo fuori dal coro, considerati gli ottimi giudizi espressi dalle Organizzazioni internazionali che monitorano l’economia globale.

Strigliate continue ad un Governo che ha compiuto ogni sforzo possibile per arrivare a un dignitoso risultato di fine legislatura, senza dimenticare che ha preso le redini quando il Paese, nel 2014, aveva imboccato il sentiero della recessione.

Tutto questo mentre è appena arrivato l’ennesimo risultato positivo da parte dell’istat, con il Pil in crescita all’1,5% (stima rivista da +1%), ossia al top dal 2010 a questa parte. A spingerlo in avanti è la domanda interna, ma a questo dato seguono altre positive performance dei dati macro, come il calo del tasso di disoccupazione, e l’aumento dell’occupazione, sempre provenienti da calcoli statistici.

Basterebbe del resto riflettere al dissesto dei conti pubblici che ha ereditato il Governo, e agli strettissimi margini di manovra che purtroppo hanno permesso, per osservare i fatti su prospettive migliori.

Le raccomandazioni della Commissione europea, tramite il vicepresidente Valdis Dombrovskis e il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, danno una lettura della realtà che non lascia spazio, se non con un trascurabile inciso (‘riconosciamo l’impegno del Governo..’), che fa sentire il Paese sempre sul limite del baratro.

E sempre a rischio procedura d’infrazione, comunque a rischio di ‘non rispetto del Patto di Stabilità e Crescita’ sancito dal Trattato di Mastricht.
Ancora in agguato resta dunque la procedura per il debito pubblico ben oltre il limite, ai sensi dell’art. 126/3 dei Trattati.

Anche se la Commissione si riserva un altro rapporto a febbraio sugli scompensi macroeconomici rilevati, e dunque c’è sempre da vigilare, siamo in buona compagnia, dato che insieme a noi c’è Francia, Irlanda, Germania, Svezia, Bulgaria, Portogallo, Olanda, Cipro, Croazia e Slovenia.
Ma i paesi effettivamente ‘disobbedienti’ in materia di compliance sono 5: Italia, Belgio, Austria, Portogallo e Slovenia. In particolare il Belgio naviga più o meno nelle stesse acque dell’Italia quanto a debito pubblico.

Sulla bozza della legge di Bilancio inviata di recente dal Governo alla Commissione, si sottolinea in chiaro che “The Plan is at risk of non-compliance with the provisions of the Stability and Grouth Pact” (Il Piano è a rischio inadempienza con le disposizioni del Patto di Stabilità e Crescita).

Tutto questo è francamente umiliante, se facciamo parte del G7, qualche ragione pure l’avrà l’economia italiana. Nel mirino il debito pubblico, sempre sul banco degli imputati, e qui purtroppo non si possono fare grandi passi avanti, se quando lo si è preso in mano era già quasi ‘intrattabile’, un mezzo mostro.

Nella lettera inviata dalla Commissione, si legge tra l’altro:
“La persistenza del debito pubblico è motivo di preoccupazione, la Commissione si riserva di effettuare altri controlli sui parametri e il rispetto delle regole nei primi mesi del 2018. E ancora:

“Sappiamo che l’Italia ha compiuto tanti sforzi per favorire la crescita, ma nel 2018 è fondamentale che la manovra presentata sia attuata con rigore in tutte le sue disposizioni, affinché diventi possibile raggiungere in termini strutturali lo 0,3% del Pil. Per questo è importante non ‘annacquare’ le ultime riforme in ambito welfare, non è consentita nessuna retromarcia sulle pensioni, dalle quali dipende la sostenibilità nel lungo periodo”.

Moniti che non suonano come ‘sedativi’ per la recente vertenza tra Governo e sindacati, nella quale è emersa la contrapposizione della Cgil, che non intende accettare la trattativa e ha già dichiarato che la mobilitazione sarà inevitabile. Un Governo che deve mediare tra due fuochi: da un lato i sindacati, dall’altro la Commissione europea, che non lascia scampo.

La Commissione infine si raccomanda in ambito Eurozona sul completamento dell’unione bancaria, invita a favorire quanto più possibile l’inclusione sociale, l’uso di strategie volte a migliorare la produttività e la crescita potenziale, rendendo in tal modo più solida anche l’Eurozona.

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