DURO INTERVENTO SUGLI NPL IMPOSTO DALLA BCE A MONTEPASCHI

DI VIRGINIA MURRU

 

La terapia d’urto imposta dalla Banca Centrale Europea a Montepaschi, per la riduzione dei crediti deteriorati, potrebbe rivelarsi davvero pesante per l’istituto di credito senese. L’azzeramento degli Npl in sette anni, ossia il tempo previsto dalla Bce per risanare le sofferenze dell’istituto, costeranno oltre 8 miliardi di euro, costi che praticamente graveranno sullo Stato, già abbastanza a rischio con il programma di politica economica dell’asse di governo Movimento 5S-Lega.

E paradossalmente potrebbe essere proprio il forte impatto  dell’intervento della Vigilanza a dare il colpo di grazia a Monte dei Paschi, reduce da altre traversie finanziarie, e dunque piuttosto esposta all’ennesima intemperia. Intanto la decisione della Vigilanza non poteva lasciare indifferenti i mercati, il titolo è andato a fondo ieri a fine seduta: -7,65%.

In buona compagnia con UniCredit, Ubi, Banco Bpm e altri istituti del comparto, ma sicuramente l’epicentro del sisma è da ricercare su Montepaschi. Del resto non si è concluso con un  bilancio incoraggiante il 2018 per il settore bancario, e nemmeno quello precedente, il 2017, e così in prospettiva si presenta il 2019, nonostante i politici negli ultimi anni abbiano sempre rassicurato sulla sua solidità. Secondo un’analisi dei dati relativi al 2018, per le banche italiane è stato quasi un disastro, con decine di miliardi immolati in borsa. Fino al terzo trimestre erano circa 50 i miliardi bruciati nei mercati, caratterizzati, com’è noto da grande instabilità, e dalle pessime performance dello spread, che ha portato danni in tanti settori dell’economia.

Secondo alcuni quotidiani che si occupano di finanza, “MPS potrebbe presto tornare sul mercato obbligazionario, l’istituto senese starebbe organizzando l’emissione di un covered bond da circa 750 milioni di euro”.

Intanto, la ‘profilassi’ della Bce per il gruppo MPS, è come un ciclone di 8 miliardi, che colpirà certamente lo Stato e gli obbligazionisti. Non ci voleva proprio il pungolo della Vigilanza di Francoforte, ma non si è comunque abbattuto solo sull’istituto italiano, la Banca centrale ha imposto interventi di svalutazione degli Npl su tutte le banche europee. Il vicepremier Matteo Salvini, tenta di rivoltarsi, è un momento difficile per lo Stato, ma il settore bancario è un organo ‘vitale’ per l’economia di una nazione, e non si può transigere sulla sua efficienza.

La Bce inoltre deve tutelare l’area euro e l’intero comparto bancario, pertanto gli istituti sono sottoposti a vigilanza continua e tenuti alla compliance delle norme in vigore; per quel che riguarda gli Npl le banche nel rispetto del regolamento, devono garantire le coperture svalutando i crediti deteriorati in portafoglio, considerando un lasso di tempo pluriennale definito, un prospetto di adempienze che arriva fino al 2026, ossia un ‘protocollo di cura’ di 7 anni.

La richiesta, com’è ovvio, non riguarda solo gli istituti italiani, sono ben 120 le banche europee interessate al rispetto delle norme concernenti la svalutazione degli Npl, ma purtroppo quelli italiani presentano la situazione più critica in questo ambito a livello europeo. Un’analisi effettuata alla fine del 2018 metteva in evidenza sofferenze nette per un importo di circa 38 miliardi.

Nei prossimi anni si dovrà pertanto procedere alla graduale svalutazione, ma ci saranno da smaltire anche altri 60 mld di inadempienze probabili nette, un percorso che si presenta accidentato, per nulla semplificato dalla situazione d’incertezza in cui si è inoltrata la politica economica italiana.

Il vice premier Salvini, che ha un rapporto piuttosto conflittuale con le autorità dell’Ue, non intende mandare giù un boccone così amaro, e dichiara che non è accettabile “l’atteggiamento prevaricatore della Bce”.

Per buona parte del 2018 lo spread ha imperversato sui conti pubblici, come una mina vagante, e ora la richiesta della Bce suona come una ‘provocazione’, quando si è appena messo in moto il tanto discusso documento programmatico di bilancio per il 2019. E’ probabile, tuttavia, che la Bce consideri i tempi concernenti la svalutazione degli Npl secondo criteri discrezionali,  concedendo più tempo agli istituti più solidi e stringendo per quelli invece più vulnerabili, che hanno in portafoglio maggiori sofferenze.

Non si tratta di una ‘sortita’ dell’ultima ora, dato che già a luglio scorso la Bce aveva fatto sapere che le analisi sugli istituti di credito sarebbero state di carattere più individuale, ovvero “bank specific”. Le richieste della Banca centrale poi non sarebbero propriamente vincolanti, in quanto le banche potrebbero essere ‘sufficienti’ in termini di margini, e non dare corso a tutti gli accantonamenti. In questo caso ovviamente le scelte devono essere motivate e giustificate.

Nel comparto italiano uno degli istituti meno ‘preoccupati’ dal ‘raid’ della Bce, è Intesa Sanpaolo, la cui solidità patrimoniale è nota, in quanto tra le migliori.

Chi non si rassegna è il vice premier Salvini, che negli ultimi giorni è stato implacabile nelle sue dichiarazioni, in merito alla politica della Bce. “Una simile richiesta – sostiene – potrebbe costare all’Italia 15 miliardi, e un organo indipendente dall’Ue, non politico, non dovrebbe avere autorità così pesanti ed incisive sulla vita economica di un Paese membro”.