IPSOS. SOLO IL 19% DEI GENITORI PUO’ AIUTARE I FIGLI AD ACQUISTARE LA CASA

DI VIRGINIA MURRU

 

Secondo un’indagine Ipsos ‘Welfare familiare – analisi delle famiglie italiane’, sostenere i figli nelle spese di acquisto di una casa, per la maggioranza degli italiani diventa un’aspirazione da ‘terno al lotto’, aspettativa da affidare agli eventi più aleatori della vita, dato che la realtà non permette di realizzare il sogno più normale per una famiglia.

In base ai numeri emersi dalla ricerca, risulta che i fortunati, ossia la percentuale di coloro che non hanno necessità di ricorrere al mutuo di un istituto di credito per ottenere la propria casa, è passata dal 46% negli anni ’70, al 19% nei primi anni del terzo millennio, una curva che si è progressivamente abbassata man mano che in Italia i movimenti ciclici di crisi in ambito economico si sono succeduti, soprattutto a partire dagli anni ’80, con maggiore intensità. Attualmente circa il 70% delle famiglie vive in case di proprietà, ma non sarà così per le giovani generazioni.

E tuttavia, se può essere di conforto, il problema concernente il costo degli immobili, l’accesso agevole al mutuo per l’acquisto della prima casa, non è stato semplice negli ultimi trent’anni neppure negli altri Paesi dell’Unione europea, e nemmeno negli Usa:  già la crisi dei mutui subprime nel 2007 è stato semplicemente la deflagrazione di un ordigno nel settore immobiliare e in quello finanziario, che ha messo in evidenza i  meccanismi contorti del credito e del mercato immobiliare.

E’ emersa in particolare la difficoltà  quasi insormontabile di una coppia o di una famiglia, di acquistare l’immobile, perché i prezzi, in proporzione al reddito (soprattutto quello derivante da lavoro dipendente), sono ben più elevati, e i tassi d’interesse sui mutui non sono di solito a portata di tasca per chi percepisce uno stipendio medio/basso. Ma è bene ripetere che  questo non un male endemico della società italiana, va ben oltre confine.

Diventa pertanto sempre più arduo per una coppia che aspira all’indipendenza dai propri genitori, accedere ad un bene essenziale qual è quello di una casa, nella quale si vorrebbe formare una famiglia, crescere i propri figli. I costi per l’acquisto  sono diventati col tempo sempre più  inaccessibili, anche quando si può contare sul reddito di entrambi i conviventi.  Il mercato immobiliare, nonostante una sostanziale flessione dei prezzi negli ultimi anni, è ancora sulla cima di una piramide irta di ostacoli, per chi sogna di liberarsi dal vincolo delle spese per il canone mensile.

Sempre secondo la ricerca Ipsos, solo il 23% degli italiani con redditi elevati riesce a offrire ai propri figli la casa quando decidono di lasciare la famiglia per formarne una propria.  Il problema è  lo squilibrio tra redditi minimi o comunque bassi, e i prezzi invece alti del settore.  Questi  sono i muri che creano ostacoli, nonostante la propensione al risparmio delle famiglie italiane, ciò che viene meno è la capacità di risparmio per una destinazione che richiede ingenti risorse, e qualora si decida il ricorso al mutuo, sono le rate elevate a scaraventare nell’incertezza le scelte.

La casa dunque, per un’alta percentuale di italiani, è ancora un miraggio da rincorrere con strategie ed espedienti quasi mai semplici. Di sicuro, qualora si prenda la strada del mutuo, il vincolo diventa pesante, non di rado per decine d’anni, e gli impegni con la banca sono uno scoglio nel budget della famiglia che impone limiti, rinunce, senza scampo per chi vive col salario di  lavoratore dipendente.

Afferma Stefania  Conti, analista Ipsos:  “La propensione al risparmio da parte degli italiani c’è, ma il contributo delle precedenti generazioni per l’acquisto di una casa da destinare al proprio figlio o nipote, è sempre meno incisivo: non ci sono le risorse necessarie.  Per l’auto il discorso è diverso, perché più accessibile, genitori e nonni continuano in ogni caso a sostenere le giovani coppie, ma non in modo costante, tale da garantire la pianificazione per l’acquisto di una casa.”

Per questo la curva – in termini percentuali dei giovani fortunati, che tramite l’aiuto dei familiari d’origine possono permettersi una casa – è scesa inesorabilmente dagli anni ’70 ad oggi.

Secondo un’indagine portata avanti dal Cresme, intorno alla metà degli anni ’60, per avere accesso alla casa erano sufficienti  1,5 annualità, oggi ne servono dieci volte tanto. Per l’acquisto di una casa nei grandi centri urbani, all’epoca bastavano 3,6 annualità, oggi un piano d’acquisto è praticamente impensabile, anche proporzionalmente, con mezzi equivalenti.

L’atteggiamento dei genitori, quando sono in grado di offrire una casa ai propri figli, tende ad essere ‘protettivo’, nel senso che è venuta meno la fiducia nel buon senso delle nuove generazioni, e per questo mantengono le redini  di questa risorsa fondamentale.

I controlli sono giustificati dal fatto che i figli potrebbero, una volta intestata la casa, rivenderla per un fine meno nobile, anche solo per la disponibilità di un fondo di liquidità. Per prevenire a volte si ricorre al diritto di usufrutto, o una quota di comproprietà, in questo caso si limita il ‘libero arbitrio’ del figlio qualora decidesse di vendere.

A volte la fiducia nei figli è solida, e si sceglie d’intestargli l’immobile per evitare un costo piuttosto pesante qual è quello dell’Imu, e le tasse d’acquisto sulla seconda casa; ma così si previene anche l’imposta di successione, che è diventata abbastanza salata.

Ci sono gli espedienti ‘giusti’ quando esistano le premesse per l’acquisto dell’immobile destinato ai figli, certamente è un disimpegno notevole sul piano fiscale per il genitore, anche se, le ‘vecchie’ generazioni hanno una consapevolezza molto maggiore del valore che la casa rappresenta, certamente perché vengono da stili di vita molto diversi.