ALITALIA. FUMO NERO NEL CONSORZIO: ATLANTIA RITIRA LA PROPOSTA E SI RISCHIA L’OTTAVA PROROGA

DI VIRGINIA MURRU

 

 

Sembrava ormai un gioco di pedine in ordine, con un ‘tavolo’ decorosamente apparecchiato e pronto per l’accordo definitivo, ma all’ultimo momento Atlantia, gruppo Benetton, è andata via sbattendo la porta, adducendo, quale giustificazione, l’assenza delle condizioni necessarie per aderire al salvataggio della compagnia italiana. Il nuovo piano industriale non fornirebbe le dovute garanzie.

Un rifiuto che ha lasciato l’amaro in bocca a FS nel corso del board che si è tenuto ieri, 19 novembre. Nelle dichiarazioni dei rappresentanti di Atlantia, queste scarne parole:

“Non sussistono ancora le condizioni per siglare un accordo con il consorzio, non ci sono i presupposti per la presentazione di un’offerta vincolante”.

Il malessere del gruppo facente capo ai  Benetton (non è propriamente un mistero), è di altra natura, ossia qualcosa che somiglia molto ad un ricatto nei confronti del Governo, sfrutterebbe la situazione con una buona dose di opportunismo, per chiedere un passaggio ‘immune’ sulla concessione Autostrade. Rinnegando tutti gli impegni assunti in seguito alla tragedia causata dalla caduta del ponte Morandi.

C’è da giurare che al Governo siano abbastanza avveduti al riguardo, e che abbiano senza filtri annusato la vera aria che tira sugli intenti di Atlantia. Le reazioni dell’esecutivo non tarderanno a farsi sentire.

E si riparte con le incertezze, l’aleatorietà, una sorta di roulette russa che deve sempre riprendere in mano il filo conduttore di una procedura che porti a consolidare la cordata di partner uniti negli intenti, disposti a collaborare in armonia per il raggiungimento di un unico fine: la buona ripartenza all’insegna della solidità.

Ci doveva essere ancora qualche incertezza sul nuovo assetto del vettore, ma per pochi giorni, entro giovedì infatti avrebbe dovuto concludersi l’accordo con il consorzio di partner per la creazione della newco, con premesse e prospettive diverse, ma le traversie sembrano destinate a prolungare i tempi.

Occorreva poi un’altra decina di giorni per mettere a punto il solido piano industriale, proiettato in un futuro più stabile.

Intanto le Confederazioni sindacali che difendono i lavoratori, da Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto aereo, non ritengono ci sia la dovuta chiarezza sul nuovo assetto. Tempi eccessivamente lunghi per una crisi che sembra non vedere la fine, ma i sindacati intendono soprattutto  assicurare l’applicazione del contratto di settore, ed escludere esuberi. Per queste ragioni hanno proclamato uno sciopero di 24 ore, che si svolgerà il 13 dicembre.

Nulla da fare sui termini stabiliti per giovedì 21 novembre, ultimo giorno utile per fissare le regole dell’accordo, ormai saltato a quanto pare, e sulla via del rischio che porterà verosimilmente FS a presentare istanza per l’ennesima proroga.

Al momento non appare comunque semplice fare slittare i tempi previsti, poiché  l’ottava proroga in cui si potrebbe incorrere, ha in realtà il percorso minato dal vincolo all’accesso del cosiddetto ‘prestito ponte’ di 400 mln di euro, resi disponibili dal Governo per sostenere la fase di transizione della compagnia. Il punto fermo del finanziamento è infatti legato al vincolo della presentazione, nei termini stabiliti, del consorzio.

Condizioni saltate ancora una volta, perché non tutti in verità si sentono sicuri all’interno delle regole della newco, e i dubbi fermentano anche fino al ritiro delle proposte all’ultimo momento, tale è stata appunto la decisione di Atlantia. Così la nebbia sull’orizzonte delle soluzioni, che sembravano a portata di mano, secondo il ministro dello Sviluppo Economico, riprende ad infittirsi e a rendere incerto il domani della compagnia di bandiera.

Decisamente il nuovo esecutivo è costretto a remare in acque poco tranquille, già si stanno affrontando le rogne che riguardano il caso Ilva- e la società franco-lussemburghese ArcelorMittal, intricato e destabilizzante, trattandosi di uno stabilimento siderurgico che rischia di creare a Taranto seri problemi di occupazione, nonostante sia il più importante complesso del settore in Europa, per la produzione  e lavorazione dell’acciaio.

Atlantia semplicemente ha avvertito sensazioni d’insicurezza all’interno del consorzio e ha deciso di sfilarsene in tempo – secondo le dichiarazioni dei rappresentanti della famiglia Benetton – chiedendo ulteriore tempo per una decisione, poiché il piano industriale, così com’è stato formulato, non presenta premesse sufficienti. E così il fantasma a lungo scongiurato della liquidazione di Alitalia torna ad aleggiare, mentre i Commissari potrebbero anche cedere all’ennesima prova, e mandare tutto all’aria.

Occorrono certamente perseveranza e nervi saldi, in questa corsa ad ostacoli che allontana sempre il traguardo quando si credeva d’essere prossimi all’arrivo. La prima reazione all’infedeltà di Atlantia è proprio la tentazione di rifiutare l’ottava proroga.

Resta a questo punto l’impegno della società americana Delta, che intendeva investire 100 mln (pari al 10% in termini di azionariato) al fine di rilevare, in cordata con FS, Atlantia e il Ministero dell’Economia, Alitalia.

In questo quadro in cui è venuto meno l’assenso della società del gruppo Benetton, continua a fare la sua comparsa Lufthansa, interessata ad un accordo commerciale, che escluda la partecipazione al consorzio, ma sono comparse anche qui senza la dovuta determinazione. Proprio ora che il suo ingresso darebbe la dovuta fiducia ai commissari, per evitare la liquidazione. Lufthansa ha precisato sempre che non intende ‘trasfondere’ liquidità nella newco, non ha alcuna intenzione, insomma, di rilevare una quota del vettore – quindi non investire – più incline, come si è accennato, ad un accordo di partnership commerciale.

Al momento la prospettiva di un suo ingresso dalla porta principale, ossia nell’azionariato, sembra un miraggio, eppure Lufthansa avrebbe ali larghe e protettive per assicurare un futuro degno di questo nome alla compagnia di bandiera italiana. Ma la ristrutturazione come la intende la compagnia tedesca, prevede esuberi, intorno a 4/5 mila unità, nonché tagli di costi, condizioni che entrano in attrito con i presupposti dei sindacati, naturalmente contrari ad un sacrificio di questa portata.

Così si è espresso al riguardo una decina di giorni fa il segretario generale di Fit-Cisl, Salvatore Pellecchia:

“Al Ministero dello Sviluppo economico ci hanno sempre detto che non ci sarebbero stati esuberi e adesso ne spuntano migliaia?  Il Ministro ci convochi al più presto e ci faccia capire cosa sta succedendo. Per quanto ci riguarda, la nostra posizione non è cambiata e, secondo noi, qualora si evidenziasse anche un solo esubero, le soluzioni occupazionali andrebbero trovate all’interno del progetto di rilancio della compagnia di bandiera.

A questo punto non si può più attendere; vogliamo conoscere il piano industriale in modo da condividerne in anticipo i contenuti con le lavoratrici e i lavoratori di Alitalia. In particolare chiediamo di sapere quale è il modello di servizio previsto, quale sarà l’offerta commerciale, quanti aeromobili si vogliono mettere in campo e quali e quanti investimenti sono previsti, perché da questi dati si possono capire le intenzioni dei nuovi azionisti.
Altro tema molto importante è che siamo interessati ad apprendere da chi e come vogliono far gestire l’azienda: a questo giro non è ammessa la possibilità di commettere errori”.

Avrebbe vita dura un eventuale ingresso di Lufthansa nell’equity a queste condizioni.

Resta il fatto che Alitalia non ha ancora una ‘casa’ sicura, Delta offre una certa sicurezza, ma non investe più del 10%, non ha alzato l’asticella per un’offerta più consistente, il che non favorisce la soluzione per  una buona ripartenza. Il socio internazionale affidabile, e disposto a scommettere sull’efficienza della newco, deve forse essere ancora trovato.