PERPLESSITA’ DELL’ABI SULLA RIFORMA MES, IL PREMIER E GUALTIERI RASSICURANO

DI VIRGINIA MURRU

 

Bufera di polemiche per la questione Mes, il cosiddetto Fondo salva-Stati, da parte delle opposizioni, dalle quali sono partite invettive dirette al premier Giuseppe Conte, sotto forma di obiezioni e accuse senza fondamento.

Conte si è disimpegnato dagli strali dei leader della Lega e di Fratelli d’Italia, con la consueta eleganza, non senza puntualizzare che egli non ha mai firmato accordi in ambito Ue senza prima informare il Parlamento. Si è trattato pertanto di ‘frecce al curaro’ lanciate senza cognizione di causa, che il premier ha definito autentiche falsità, segno inequivocabile delle ‘distrazioni’ di Salvini, poiché le tappe della revisione avrebbero dovuto essergli note. Note in quanto sono state inserite nelle carte dell’Ufficio rapporti con l’Ue a Montecitorio e in quelle del Servizio Studi al Senato.

La base dell’accordo sulla revisione è partita a dicembre 2018, al quale è seguita poi una dichiarazione al fine d’informare sull’accordo raggiunto dai ministri dell’Economia dei Paesi Ue (o Eurogruppo) proprio in materia di revisione del Mes, nel giugno scorso, quando Matteo Salvini, oltre che ministro degli Interni, era anche vicepremier.

Mentre il ministro dell’Economia R. Gualtieri, in audizione alla Commissione Finanze del Senato, ha replicato alle accuse del Presidente Alberto Bagnai (Lega) sulle supposte lacune di trasparenza nei negoziati riguardanti la riforma, affermando che “è stata un’occasione perduta, dato che una parte importante del lavoro è stata già concordata, negoziata e definita” proprio dal precedente esecutivo, esattamente il 21 giugno scorso.

Dell’iter l’ex premier è stato costantemente aggiornato,  le sortite di questi giorni non sono pertanto opportune.  Questa, in sintesi, la replica del premier, che non ama soffiare sul fuoco, e di norma rende sterili le insinuazioni senza lasciare spazio più del dovuto alle tensioni in ambito istituzionale.

L’approvazione finale della revisione del Mes è prevista per il mese prossimo. La riforma avrebbe in realtà un meccanismo un po’ contorto; di certo, attraverso gli ultimi accordi, s’intende sollecitare la tendenza degli Stati con i conti pubblici elevati ad intervenire con mezzi efficaci, tramite la ristrutturazione. Ai vertici del Mes (Meccanismo europeo di stabilità), c’è pure il tedesco Klaus Regling, e non c’è da scommettere che farà sconti sullo stato del debito pubblico italiano.

Ma di cosa si tratta in realtà? L’obiettivo che ha indotto i leader dell’area euro ad avviare la riforma, è quello di creare un Fondo che dovrebbe sostenere i Paesi membri qualora si verificassero eventi aleatori di crisi finanziaria, con rischio default. Come si è accennato la riforma dovrebbe raggiungere il traguardo il prossimo dicembre, tramite l’approvazione del nuovo trattato nel corso del vertice europeo, secondo le intese raggiunte nel giugno scorso dall’Eurogruppo.

Quest’ultimo, nel corso degli ultimi meeting nei quali si è discusso della riforma, ha concordato che il Mes avrà a disposizione due mezzi fondamentali, ovvero: un canale di “credito precauzionale, condizionato”, ed un altro di “credito a condizioni rafforzate”, disponibili per i Paesi dell’area euro che abbiano i più importanti dati macro in ordine,  ma suscettibili d’essere aggrediti da shock improvvisi, non facilmente arginabili.

Il fondo dovrebbe permettere l’accesso a canali di credito destinati dunque agli Stati membri che affrontino situazioni interne di emergenza per quel che riguarda i mercati, ma anche una via di ‘soccorso’, come ultima ratio, per la crisi degli istituti di credito. Il Mes assumerà quindi caratteristiche e prerogative di un Fondo Monetario Europeo, assumendo anche le funzioni di muro in comune, in riferimento al Fondo di Risoluzione Unico (riguardante le banche in crisi).

La sua istituzione ha radici che affondano nella crisi devastante che colpì la Grecia, oltre una decina d’anni fa. Il Mes nacque proprio sulle ‘ceneri’ dell’economia greca (ma anche crisi acuta in Eurozona) per la quale fu creato il Fondo Europeo di stabilità finanziaria, istituito nel 2010 a questo fine, per aiutare questo Paese membro a riprendere le redini della sua economia.

Entrò effettivamente in attività due anni più tardi  (al vertice un tedesco, Klaus Regling), con una base finanziaria di capitale intorno ai 700 mld di euro. Non ci sono stati grandi ricorsi al Fondo, poco si è attinto, e infatti solo 80 mld sono stati utilizzati dagli Stati membri. In ordine di contribuzione, il nostro Paese risulta essere il terzo sostenitore, con versamenti pari a 14 mld di euro, più in alto ci sono Germania e Francia. E’ necessario in definitiva per accedere il rispetto severo dei criteri di Maastricht e del cosiddetto Fiscal Compact, con relativi parametri. Partendo dal rapporto debito-Pil inferiore al 60% (parametro esatto dalle Autorità Ue agli Stati membri), mentre il tasso di contenimento del debito in eccesso dovrebbe essere di 1/20 l’anno.

Da quando è stato istituito, il Mes ha contribuito comunque al ‘salvataggio’ di 5 Paesi, in primis, com’è noto, la Grecia, con diversi programmi di sostegno finanziario, poi Irlanda, Cipro, Spagna e Portogallo. Il Fondo concede il supporto finanziario sulla base di un’intesa precisa, ossia l’impegno a porre in essere riforme adeguate, sotto la supervisione e controllo di una Commissione formata dalla Bce e Fmi. Dunque una concessione legata a precise condizioni.

Importante precisare che, attraverso il Mes, si accede allo scudo salva-spread della Banca centrale europea. Tale meccanismo è stato posto in essere proprio per le ragioni di cui si è accennato, ossia per arginare la variazione del differenziale dei titoli di Stato nei Paesi della zona euro virtuosi, e comunque in difficoltà con i mercati, suscettibile di attacchi speculativi sul debito.

Questo meccanismo è stato definito anche ‘programma Omt’ (Outright Monetary Transaction), un programma di acquisto illimitato di titoli di Stato, lanciato nel settembre 2012,  quando Mario Draghi pronunciò la locuzione rimasta famosa: whatever it takes – qualunque cosa si possa fare per difendere l’Euro, ovvero la Bce è pronta a tutto.

Il Mes ‘riformato’ entrerà quindi in vigore appena il Parlamento dei 19 Stati dell’Eurozona lo ratificheranno, e sarà preceduto da un accordo formale da parte del Consiglio europeo a dicembre prossimo.

Il tedesco al vertice del meccanismo che regola il Mes, Regling, ha affermato che l’Italia, nonostante i problemi legati ai conti pubblici, ha un buon accesso ai mercati, ed avendo i fondamentali in ordine, non dovrebbe rischiare neppure nel breve-medio periodo, anche perché risulta  in attivo sulle partite correnti, pertanto difficilmente sentirà la necessità di fare ricorso al Mes. Eppure sia nel settore bancario  che in Parlamento si avverte un senso di dubbio e insicurezza al riguardo.

Cosa ne pensa Bankitalia della riforma? Secondo il Governatore Ignazio Visco, non dovrebbe di per sé essere una riforma con risvolti negativi, e infatti non ha espresso propriamente un giudizio sfavorevole, secondo fonti di Via Nazionale, e tuttavia mette in guardia da eventuali rischi in futuro per quel che concerne la funzionalità del sistema, poiché, a tutt’oggi, non esiste ancora una riforma generale sulla governance dell’area euro.

Il ministro dell’Economia Gualtieri, invece, negli ultimi giorni ha espresso la sua perplessità sulle concezioni distorte riguardo al Mes: “C’è parecchia confusione, ma in realtà nessun vero pericolo. Sul Fondo salva-Stati il Governo non si nasconde dietro un paravento, e nemmeno si accettano le accuse dirette della Lega”.

E aggiunge: “Le condizioni per avere accesso ai prestiti restano le medesime, non ci sono automatismi per la ristrutturazione del debito, non serve una ristrutturazione per accedere ai fondi, pertanto tutti gli allarmismi sono infondati.”

Ma l’allarme viene dall’Abi, e dal suo presidente, Antonio Patuelli, il quale non ha fiducia sulle proposte tedesche riguardanti la riforma, e si rivolge all’esecutivo in toni da ultimatum: “l’Italia deve tutelare il debito sovrano, altrimenti non lo acquisteremo più.” E’ evidente che vi sono dietro considerazioni e analisi complesse, ma questo esecutivo ha aperto i cantieri da soli due mesi, non si potrebbe esigere la bacchetta magica. Dopo le dichiarazioni  del ministro dell’Economia, l’Abi ha fatto sapere che, se le cose stanno in questi termini, non ci saranno polemiche.

Intanto a Bruxelles è passata la manovra 2020, e il premier Giuseppe Conte rassicura sul fatto che con la Commissione europea non ci dovrebbero essere urti,  si avverte un clima di reciproca fiducia.  Fiducia che non impedisce alla Commissione di sottolineare che esistono in ogni caso ‘margini di rischio per quel che concerne il rispetto del Patto di stabilità’, ed ecco il lasciapassare con riserva. Ossia si potrebbe incorrere in deviazioni anche rilevanti, se si considera un obiettivo di medio termine. Viene poi meno il rispetto sui criteri di riduzione del debito. Ma conforta il fatto che non siamo soli in graticola, ‘i disobbedienti’ sono diversi, come Spagna, Francia e Belgio.

Per dirla in soldoni siamo stati rimandati alla prossima primavera, quando la Commissione procederà ad un nuovo controllo dei conti, al fine di verificare che sia stato intrapreso un percorso di vero risanamento. Il premier continua ad esprimere ottimismo e dichiara: “Abbiamo lavorato per mettere a punto una manovra che riesce ad offrire più benefici ai cittadini, a famiglie e imprese, ai lavoratori, riuscendo a mantenere l’equilibrio nei conti. La manovra è solida ed espansiva, ma senza salti nel buio. Penso che con Bruxelles non avremo problemi.”