EMERGENZA CORONAVIRUS. S&P RIDUCE LE STIME SUL PIL GLOBALE, -0,3%

DI VIRGINIA MURRU

 

L’emergenza causata dal coronavirus va avanti, non ci sono segnali di rientro dell’epidemia, secondo i dati relativi alla diffusione del virus. Il forte impatto nell’economia cinese ha portato  Standard & Poor’s Global a tagliare le stime del Pil globale per il 2020: -0,3%.

L’allarme viene anche dagli esponenti più autorevoli della Finanza mondiale, come Jerome Powell, presidente della Fed, il quale nel corso della sua audizione al Congresso americano ha dichiarato che i rischi per l’economia globale sono concreti.

Più o meno sulla stessa linea le dichiarazioni di Christine Lagarde, presidente dell’Eurotower.

Il report di S&P è piuttosto eloquente: “a causa della velocità di diffusione del coronavirus negli ultimi mesi, aumenta il rischio per l’economia globale e il credito”. L’Agenzia mette in evidenza il rallentamento dell’economia cinese, dovuta alle ripercussioni dell’emergenza virus, che ha colpito tanti settori chiave. Le previsioni sul Pil del colosso asiatico sono state infatti ridotte dal 5,7% a 5%.

Nelle sue analisi l’Agenzia sottolinea l’alto rischio al quale è esposta nel versante economico l’area dell’Asia-Pacifico, e quindi la Cina. Permangono incertezze sul tasso di diffusione e tempistica del picco concernente il virus, in definitiva non è ancora possibile una stima del rischio per gli altri Paesi, non adeguatamente preparati ad una possibile pandemia.

L’emergenza in atto in definitiva presenta un quadro d’incertezza sulle conseguenze di una diffusione più ampia,  con incerti riflessi per quel che riguarda i costi, nel complesso ordine della rete economica globale.

Intanto siamo arrivati a 45 mila contagi con oltre 1.350 decessi, numeri che aumentano, con un tasso di crescita dell’epidemia piuttosto preoccupante.

Al momento di positivo in ambito economico ci sono le reazioni ottimistiche dei mercati finanziari, solitamente molto sensibili ai rischi che destabilizzano gli equilibri e rendono instabili le contrattazioni. A questo riguardo l’indice S&P è aumentato del 3% nel nuovo anno, un trend più o meno simile per gli indici azionari europei e asiatici, ad eccezione della Cina, dove, com’è noto, il Governo è intervenuto adeguando la politica monetaria all’emergenza, immettendo nel sistema finanziario liquidità attraverso la Banca Centrale, sostenendo quindi anche i mercati finanziari cinesi, ossia Shenzhen e Shanghai, in evidente difficoltà.

Nel report, S&P mette in rilievo i riflessi economici del coronavirus, i quali, secondo l’Agenzia, “avranno un impatto maggiore nei settori più esposti alla spesa cinese legata alle famiglie, in particolare i movimenti di traffico aereo e collegamenti, vendita al dettaglio, spostamenti su strada e pedaggio. Conseguenze pesanti possono derivare dalla chiusura temporanea di impianti, con blocchi nella catena delle forniture, soprattutto in alcuni settori, come materie prime, tecnologia e industria. Il Governo potrebbe essere indotto a misure d’intervento dovute all’emergenza, come “riduzioni fiscali e sussidi, supporto agli istituti di credito”.

Misure del resto già in atto e comunque annunciate già verso metà gennaio. A causa del perdurare dell’epidemia e del conseguente allarme, con interruzione del traffico aereo e diminuzione dei flussi turistici, ripercussioni in generale nell’economia cinese, l’Agenzia S&P stima che ci sarà nella Cina e nel mondo, un “effetto di breve termine, così come sui costi economici inerenti le industrie più esposte ai consumi delle famiglie cinesi, e alle misure di contenimento in atto”.

L’Agenzia americana stima che un rientro dell’epidemia inizierà nel mese di marzo. L’impatto del coronavirus sull’economia americana e il Pil sarà dello 0,1%, mentre in Europa tra lo 0,1-0,2%. In Asia sarà più elevata, per ovvie ragioni di rapporti commerciali con il colosso cinese.