MORTI SUL LAVORO, SCIOPERO DI 8 ORE A LA SPEZIA. E POI?

DI NELLO BALZANO

Non si fraintenda il titolo, è importante la presa di posizione dei lavoratori di La Spezia dopo l’incidente mortale sul lavoro nel cantiere di Pertusola, è importante che questo abbia aperto un confronto, seppur per ora a distanza tra le parti sociali, per trovare risposte che interrompano questa bollettino di guerra nei luoghi di lavoro, è stata quasi raggiunta la quota 300 dall’inizio dell’anno.
Numeri che non si vedevano negli anni dove erano presenti milioni di lavoratori in più e le normative sulla prevenzione erano molto limitate. Le chiamano anche morti bianche, una definizione che oggi è quasi sicuramente inappropriata, per morti bianche si allude a quelle che non vedono una mano direttamente responsabile nell’incidente.
Si può azzardare che non è così, semplicemente perché ad oggi le norme in materia di prevenzione sono enormemente presenti, non viene lasciato nulla al caso, non solo esistono deterrenti in materia di giustizia penale, che non lasciano dubbi e le responsabilità non ricadono solo sui datori di lavoro, ma è presente una sinergia tra questi ed i rappresentanti dei lavoratori, in molti casi eletti dai dipendenti tra i rappresentanti sindacali unitari, quando questi per giustificati motivi non ci sono le aziende sono obbligate a riferire all’esterno presso imprese e professionisti unicamente deputate a quell’attività.
Insomma, non siamo un Paese arretrato in materia, se ogni giorno si devono contare vittime è fondamentale comprendere cosa sta succedendo, cosa è cambiato dal momento che le statistiche hanno evidenziato il cambio di tendenza da lento calo ad impennata verso l’aumento.
Non si scherza su questi argomenti, ne si possono trovare giustificazioni, si rimane sconcertati quando durante confronti televisivi, tra sindacati e politica si sentono le congiunzioni “ma”, “però” cioè quando un rappresentante delle istituzioni contrappone ai dati degli incidenti, gli aumenti dell’occupazione, la crescita del PIL e delle esportazioni, grazie ai nuovi provvedimenti nel mercato del lavoro, si legga jobs act, quasi a lasciar intendere che le vittime del lavoro non sono altro che una comparazione con gli effetti collaterali descritti nei bugiardini dei medicinali.
Non può esistere un confronto economico sul valore di una vita, non può passare il messaggio dell’abbassare la guardia, dell’inevitabile di fronte alla crescita, molto finta, dell’economia.
Il progresso è maggior sicurezza in tutti i campi, si raggiunge una qualità di vita migliore quando le soluzioni adottate impediscono o limitano al massimo problemi all’incolumità in tutti i settori, non c’è nessun risparmio tollerabile, ma non c’è nemmeno nella pratica, perché ogni vittima, ogni ferito ricade sull’intero Paese, e non solo in termini di vicinanza solidale, ma anche materialmente ed economicamente.
Nessuno può affidare al fato, al beffardo destino, alla sfortuna, alla distrazione la causa degli incidenti del lavoro, quasi a cercare nel proprio intimo una giustificazione, tutti dobbiamo farci carico del problema, tutti dobbiamo pretendere soluzioni, costi quel che costi.
Quindi gli scioperi per sollevare l’attenzione sono importanti, ma ancora più importante è la presa d’atto che è urgente un cambio di direzione, prima di ogni altro provvedimento, qualcosa che purtroppo ancora vediamo inesorabilmente assente anche nelle trattative tra le diverse parti politiche impegnate a far nascere il governo della terza repubblica, che non deve essere trasformata in quella delle banane.