MAFIA E CAPORALATO ALLA LEROY MERLIN DI PIACENZA, SINDACATI CONTRO

DI PIERLUIGI PENNATI

La multinazionale francese Leroy Merlin non è direttamente coinvolta, ma lo dicono con decisione in un video diffuso in rete i lavoratori delle cooperative che hanno gli appalti interni del suo magazzino di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, citando Peppino Impastato e paragonando quella sua montagna di m… alle loro condizioni di lavoro.

La scintilla che fa scattare la protesta è tristemente comune a molte altre situazioni: il ferimento di un addetto durante una lite in azienda perpetrata, secondo chi denuncia, da un sindacato di base, il SI Cobas, che, a sua volta, per difendersi parla di caporalato accusando il sindacato di base USB che si è fatto carico della protesta.

Apparentemente una guerra tra poveri che, invece, nasconde il grande disagio e dramma sociale lasciato in eredità dai governi degli ultimi decenni.

Quello che i lavoratori consegnano ai video dei telefonini, diffusi in rete durante il presidio effettuato nel week end davanti al magazzino di Piacenza, è davvero incredibile: le testimonianze affermano che il sindacato di base SI Cobas sarebbe addirittura in accordo con le società cooperative che hanno gli appalti ed i subappalti della gestione dei magazzini per aggirare la legge, vessare e sfruttare i lavoratori attraverso un complicato sistema di scatole cinesi e metodi affini al caporalato che rendono difficile persino leggere le buste paga, sapere se si è davvero assunti e chi sia il datore di lavoro.

La scoperta sembra essere stata casuale, quando un lavoratore egiziano, dovendo chiedere il permesso di soggiorno per ricongiungimento del figlio, si è visto rifiutare la domanda perché non risultava occupato da nessuna parte, pur recandosi regolarmente al lavoro.

Così, il CAF dell’USB, controllando i documenti di alcuni dipendenti che si erano rivolti a loro, ha riscontrato gravi irregolarità nei codici fiscali delle società che li impiegavano ed 80 lavoratori spaventati e stanchi di angherie e minacce, hanno deciso di lasciare il sindacato SI Cobas permettendo ad USB di inoltrare immediatamente un esposto all’ispettorato provinciale del lavoro ed organizzare un presidio di protesta proprio di fronte al punto vendita.

Quello che è stato riscontrato sono nomi di cooperative molto simili tra loro che sostituiscono i codici fiscali sulle buste paga senza preavviso e con evidenti periodi di sospensione dall’impiego, mancate registrazioni ed altri inadempimenti che secondo il sindacato fanno sospettare una truffa ordita per evitare il pagamento di contributi e TFR, facendo si che quanto denunciato nell’esposto da USB all’ispettorato del lavoro vada dall’eccessivo utilizzo di contratti a tempo determinato, che raggiungerebbero illegalmente il 50% degli impiegati, alla sostituzione dei Codici Fiscali dei datori di lavoro finalizzata ad indurre in errore i dipendenti, sottraendoli così alla conoscenza del reale titolare, del TFR e dei tempi di prescrizione per le eventuali contestazioni, al lavoro nero ed assenza di assicurazione infortuni nei periodi di transizione.

Sempre secondo le fonti sindacali, la totalità dei lavoratori che improvvisamente hanno cambiato sindacato iscrivendosi ad USB avrebbero già ricevuto minacce anche fisiche dai referenti SI Cobas e pretestuosi provvedimenti disciplinari o sospensioni dal lavoro a vario titolo dalle cooperative .

Dal canto suo la Premium Net, la società subappaltante da Ceva Logistics che, a sua volta, ha l’appalto per la gestione dei magazzini da Leroy Merlin, risponde alle accuse con una lettera nella quale “ricevuto notizia dalle Cooperative interessate circa l’avvenuto verificarsi di una serie di anomalie amministrative nella gestione di alcuni rapporti di lavoro relativi a lavoratori addetti all’impianto di Castel San Giovanni (PC).”, sostiene che “Tali anomalie non sono imputabili direttamente né al Consorzio, né alle Cooperative, bensì, a quanto consta, sono frutto di una gestione inadeguata e inopinata, e pertanto imprevista e imprevedibile, da parte di consulenti esterni a cui era affidata la gestione amministrativa del personale (che nel frattempo sono stati sollevati dall’incarico).

Da quanto descritto si rileverebbe, perciò, che commercialisti improvvisamente impazziti avrebbero cercato di dare un vantaggio alle aziende in totale autonomia avviando attività discutibili sui loro conti e “Pertanto, le Cooperative hanno confermato che non ha avuto luogo alcun cambio di appalto, nè comunque alcun tipo di successione o avvicendamento fra le cooperative presenti sull’impianto.

La buona notizia diffusa è quindi che “Fermo quanto sopra, le Cooperative coinvolte hanno provveduto a procedere con ravvedimenti operosi al fine di sanare ogni anomalia e far cessare ogni disservizio, ripristinando la continuità dei rapporti di lavoro vigenti ai 31 dicembre 2017 nei termini fino a quel momento vigenti, evitando dunque qualsiasi possibile pregiudizio o conseguenza in ordine alla piena effettività dei diritti dei lavoratori.

Senza parole, ma, soprattutto, senza protezione per nessuno, dato che la situazione è generata unicamente dalla possibilità che lo stato italiano ha fornito ai soggetti aziendali di poter appaltare e subappaltare all’infinito ed a proprio piacimento attività proprie della missione del committente tramite la cosiddetta legge Biagi del 2003, che ha abrogato l’articolo 1 della legge 1369/60 in favore del libero mercato della manodopera.

Precedentemente a questa discutibilissima riforma, i subappalti delle attività proprie alla missione aziendale erano tassativamente vietati, evitando così alla radice queste incredibili situazioni, più vicine a culture da terzo mondo che a quelle di una nazione moderna ed emancipata.

Oggi invece, senza più la norma, a nulla valgono le parole scritte “Le Cooperative hanno garantito il loro impegno, per il futuro, a prevenire simili situazioni al fine di scongiurare il rischio di ripetizione quanto a simili anomalie e disservizi”, perché suonano come un lecito scarica barile che invocando una “gestione inadeguata e inopinata, e pertanto imprevista e imprevedibile, da parte di consulenti esterni” non possono essere puniti per quanto accaduto.

Alla fine nessun colpevole, solo lavoratori senza diritti e eccessivamente sfruttati e, addirittura, guerre tra poveri.

Sono queste le nuove mafie?

Quasi tutti i lavoratori interessati sono stranieri, elemento più debole della nostra società da sfruttare, “migranti economici”, come dice qualcuno, “manodopera a basso prezzo” per il mercato “libero” del lavoro che impiega solo a condizioni di schiavitù.

Quando un sindacato si mette contro un altro sindacato non si deve cercare quale dei due abbia più ragione, ma chi ha consentito questa situazione paradossale nella quale risulta evidente che, forse, all’Italia non servivano riforme del mercato e del lavoro, all’Italia servivano solo classi dirigenti pubbliche più oneste.

Al contrario abbiamo scelto di scambiare la base sana della popolazione eliminandone diritti e tutele in favore del mantenimento di questi per i vertici meno sani con il risultati di avere oggi alla luce del sole quelle scatole cinesi difficili da controllare tipiche dei sistemi poco trasparenti e delle mafie che abbiamo sempre combattuto e “caporalato” effettuato addirittura da sindacati conniventi.

In tutto questo manca la presenza dei “grandi sindacati”, ma, soprattutto, manca il controllo sul quello stesso mercato del lavoro che era necessario liberalizzare per far guarire la nostra economia che era giudicata malata e che ora va verso il suicidio o l’eutanasia.

Inoltre, se non siamo in grado di controllare nemmeno il mercato lecito, cosa possiamo fare con quello sommerso?

Guarda il video originale delle testimonianze su FaceBook: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=1831700787128096&id=1680682688896574