PENSIONI. PER 15 CATEGORIE DI LAVORI GRAVOSI STOP AUMENTO ETA’ PENSIONABILE

DI VIRGINIA MURRU
Il confronto sulla previdenza che si è svolto a Palazzo Chigi il 6/7 novembre, è stato relativamente soddisfacente, secondo i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Intorno al tavolo tecnico, in rappresentanza del Governo, erano presenti il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, i ministri Poletti, Madia e Padoan.
Per ora si è stabilito che per 15 categorie di lavori cosiddetti ‘gravosi’, scatterà il blocco sull’aumento dell’età pensionabile. L’iter dell’accordo passa su strade piene di chiodi, l’intesa è stata piuttosto travagliata, e i sindacati dichiarano che non c’è da esultare.
All’ordine del giorno i temi più scottanti concernenti le rigide norme sull’innalzamento della soglia relativa all’età pensionabile a 67 anni, a partire dal 2019, in adeguamento automatico (previsto dalla riforma previdenziale, legge Fornero) all’aspettativa di vita, pertanto non più a 66 anni e 7 mesi, com’è attualmente. Secondo gli ultimi dati Istat, l’aspettativa di vita, a 67 anni, si allunga di 5 mesi, arrivando a 20,7 anni.
Già a luglio scorso, Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, rispettivamente presidenti della Commissione Lavoro di Camera e Senato, avevano indetto una conferenza stampa congiunta dichiarando che innalzare la soglia dell’età pensionabile sarebbe stato a dir poco iniquo. Ovviamente avevano immediatamente fatto coro i sindacati. Ne è scaturita una vertenza non semplice da affrontare:
da una parte ci sono le ragioni del Governo che si trova continuamente a fare i conti con un debito pubblico che crea urti come cortocircuiti con le esigenze delle riforme strutturali, del quale lo Stato ha un gran bisogno, e poi con un piano di spesa legato a doppio filo proprio allo stato dei conti pubblici.
E dall’altra ci sono le rappresentanze sindacali che difendono i lavoratori, stanchi di aspettare il meritato riposo dopo una vita durissima di lavoro.
Non è facile rassegnarsi, e vedersi spostare l’asticella sempre più in alto non può che creare disappunto. La vita non cambia di molto, e i sacrifici richiesti sono ritenuti davvero eccessivi. L’alternativa è l’uscita anticipata, ma c’è dietro un tale ginepraio di ostacoli, disorientamento e costi non indifferenti per l’accesso all’anticipo pensionistico, da scoraggiare seriamente chi si accinge a inoltrare richiesta.
Intanto, per ora, si è ottenuto il blocco dell’aumento dell’età di pensione, che sarebbe dovuto partire dal 2019, per 15 categorie di lavori ritenuti ‘gravosi’: 11 già individuate da Ape social, nelle quali rientrano, infermieri turnisti, macchinisti, edili e maestre; le altre 4 che interessano lavoratori siderurgici, agricoli, pescatori e marittimi.
E’ la proposta del Governo presentata al tavolo tecnico, nell’incontro con i sindacati a Palazzo Chigi. Il numero di lavoratori che rientrano in queste categorie dovrebbero essere 20 mila, e rappresenterebbero il 10% circa dei pensionamenti previsti per il 2019.
Il tema scottante dell’adeguamento automatico alle aspettative di vita, è stato anche oggetto di discussione in sede di Commissione Bilancio (di Camera e Senato sulla legge di Bilancio). Sia la Corte dei Conti che la Banca d’Italia, si sono espresse a favore dell’esigenza di non modificare le riforme al riguardo, è un momento delicato, sostengono, e non si possono fare passi indietro. Ha fatto eco Tito Boeri, Presidente Inps, che non concorda sullo stop dell’aumento relativo all’età pensionabile.
“Al massimo – ha dichiarato – meglio procedere con ‘adeguamenti annuali’.”
Il Governo indica requisiti precisi, tra i quali sono fondamentali il raggiungimento dei 36 anni di contributi, e avere svolto attività considerate ‘gravose’ per almeno 6 anni, in modo continuativo nel volgere degli ultimi 7.
E tuttavia, nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi, il Governo si è reso disponibile ad aprire un confronto più ampio e aperto. In termini di blocco dell’età pensionabile, secondo gli intendimenti del Governo, si può cedere sull’adeguamento dell’età di vecchiaia, non per quel che concerne gli scatti sull’anzianità contributiva.
Nella proposta del Governo c’è anche una Commissione formata da Istat, Inps e Inail, oltre ai ministeri della Salute, del Lavoro e dell’Economia, e rappresentanze sindacali, affinché un adeguato studio scientifico porti il migliore risultato, secondo le differenze legate alle aspettative di vita, e sulla base dell’attività lavorativa svolta.
I sindacati, tuttavia, non si ritengono soddisfatti e non esultano. “Non è sufficiente – dichiara Domenico Proietti della Uil – la proposta del governo di bloccare l’età pensionabile.”
Gli altri rappresentanti sono sulla stessa linea, si spera che, finché il tavolo della trattativa è aperto, ci siano ragioni per arrivare ad un accordo più vicino alle esigenze dei lavoratori.
Nel tavolo tecnico in cui si sono confrontati Governo e sindacati, lunedì e martedì, c’erano appunto le questioni irrisolte riguardanti l’aspettativa di vita, la previdenza complementare e il Fis (Fondi d’integrazione salariale).
Questi fondi di solidarietà rimandano al decreto lgs del 14 settembre 2015, n.148, sono disciplinati dagli articoli 26 e seguenti, e sono mezzi di sostegno al reddito qualora si verifichino casi di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa. Interessano lavoratori dipendenti di imprese facenti parte di settori non tutelati dalla normativa in materia d’integrazione salariale.
Vi sono fondi addetti all’erogazione di prestazioni integrative, complementari a quelle pubbliche, nel caso in cui si verifichi la conclusione di un rapporto di lavoro, e per questo sono anche definite ‘prestazioni emergenziali’. I fondi svolgono anche altre funzioni di assistenza in questo ambito.
Nel corso dell’incontro col Governo, i sindacati hanno chiesto d’inserire nella vertenza i punti principali della cosiddetta ‘Fase due’, soprattutto quelli concernenti la pensione dei giovani e delle donne, ma non c’è ancora un’intesa su questi aspetti della trattativa, ci sono state anzi delle riserve al riguardo.
Oggi, 9 novembre, si discuterà ancora tra sindacati e Governo, che ha lanciato la sua proposta in merito, e molti nodi saranno comunque sciolti il 13 novembre prossimo, allorché si terrà il vertice decisivo, al quale parteciperanno il Segretario della Cgil, Cisl e Uil, e rappresentanti dell’esecutivo.
Sarà l’ultima occasione per conoscere i reali intenti del Governo, intanto, per ora, c’è stata un’intesa sullo stop all’aumento a 67 anni dell’età pensionabile a partire dal 2019, per 15 categorie di lavori gravosi, ed è già una conquista, si prende atto che le scelte del governo (sulla base di riforme già approvate), non sono rigide ma flessibili, a fare la differenza, come sempre, è il confronto e il dialogo.