AUT AUT DELL’AMMINISTRAZIONE TRUMP ALL’UE : 30 GIORNI PER TRATTARE SUI DAZI

DI VIRGINIA MURRU
Gli Usa hanno messo l’Unione europea davanti ad un ultimatum: 30 giorni per trattare sull’imposizione dei dazi (su acciaio e alluminio), “tempo di riflessione” e azione esteso fino al 1° giugno prossimo, poi saranno effettivi ed entreranno in vigore.
L’Europa non intende farsi intimidire, è muro contro muro. Si potrebbe anzi dire che lo sdegno per il clima di autoritarismo che viene da oltre Atlantico, è palpabile a Bruxelles, dove si esprime dissenso verso le irriducibili misure protezionistiche stabilite dal governo americano.
L’Ue non rifiuta il confronto e il dialogo, semmai ritiene inconcepibile la “dittatura” di regole sul commercio internazionale, che in fin dei conti hanno un carattere unilaterale, poco spazio si lascia alla discussione e ad un’intesa equa per entrambe le parti.
E infatti la Commissione europea ha diffuso un comunicato al riguardo, nel quale si sottolinea che “devono essere raggiunti accordi equilibrati e reciprocamente soddisfacenti, il clima d’intimidazione sull’Europa, da sempre alleata degli Usa, non si può accettare”.
La verità è che gli Stati Uniti sono veramente preoccupati per le sorti dell’industria siderurgica, in particolare in Pennsylvania, polo industriale importante in questo settore. Già da diversi anni qui si avvertono i sintomi di una ‘patologia’ niente affatto endemica, visto che gli effetti della globalizzazione, sono come un’erma bifronte: possono rendere più semplici gli scambi, favorire la competitività e la concorrenza sul mercato globale, ma possono anche presentare effetti collaterali non di poco conto.
Tra questi si sta insinuando il rischio di un conflitto commerciale a tutti gli effetti, con al seguito misure e contromisure, aggressioni con l’arma del protezionismo (così come stanno agendo gli States), e ritorsioni.
La differenza emerge quando a presiedere un’amministrazione repubblicana, c’è un individuo risoluto e per nulla incline a lasciarsi condizionare da chi cerca di trattenerlo per la giacca. Già lo sappiamo, il suo intercalare fisso è: “Prima di tutto l’America”, e altro non c’è dietro questo scudo nazionalistico ad oltranza.
A Trump stanno a cuore i lavoratori e la classe dirigente dell’industria siderurgica americana, proprio dal polo della Pennsylvania gli sono giunti consensi e voti durante le elezioni. Non tornerà indietro, lui non è personaggio che tradisce i fedelissimi.
E gli operai di questi stabilimenti ovviamente sono convinti e sostengono completamente la politica del presidente, anche perché, a monte di tutto il malessere che ha interessato quest’importante area industriale, c’è la spietata concorrenza della Cina, che sul mercato globale vende acciaio e alluminio a prezzi nettamente inferiori : ossia praticando dumping.
Federico Rampini, giornalista di Repubblica, naturalizzato statunitense, che di politica americana se ne intende perché la vive da vicino, sostiene che questo braccio di ferro sui dazi rivela tutti i sintomi di una vera e propria guerra commerciale, senza esclusione di colpi. E infatti Donald Trump non fa sconti a nessuno, e non importa se diventa “fuoco amico”: se tra i bersagli ci sono gli alleati di sempre, quel vecchio Continente che ha solo di fatto trasferito la sua gente nel nord America a cominciare da cinque secoli a questa parte.
Afferma Rampini: “è tempo di sedersi intorno ad un tavolo e ridiscutere tutta l’architettura della globalizzazione: l’Europa deve esserci a questo appuntamento.”
Intanto la tregua sui tassi, riguarda l’Ue e altri Paesi alleati degli Usa, solo la Corea del Sud ha trovato un accordo conclusivo sulla questione.
I dazi dovevano entrare in vigore il 1° maggio, era stato fissato il 25% sull’import di acciaio e il 10% sull’alluminio, in graticola non c’è solo l’Ue, ma anche Messico e Canada. Anche se qualche revisione potrebbe esserci al riguardo negli accordi del Nafta (North American Free Trade Agreement, il trattato americano per il libero scambio commerciale, siglato appunto con questi due paesi).
Gli Usa, tuttavia, con l’Unione europea non possono permettersi l’esuberante performance del pavone, visto che il deficit commerciale nei confronti dell’Ue è quasi decuplicato rispetto alla fine degli anni ’90: si era a 17 miliardi di deficit, allora, adesso siamo a 152 miliardi.. Dietro queste cifre c’è l’import sul manifatturiero dalla Germania, un enorme flusso di acquisti, tanto da rappresentare oltre il 25% del totale rispetto all’Ue..
La Commissione europea è del parere che l’Unione debba essere esentata completamente da queste misure di protezionismo, non giustificabili con “ragioni di sicurezza nazionale”.
E’ certamente più credibile l’intervento sull’import di alluminio e acciaio dalla Cina, il gigante asiatico pratica in realtà dazi ben più consistenti sul piano globale per proteggere la sua industria. E che stia mirando all’egemonia sul piano degli scambi internazionali non è un’idea bislacca. I cinesi non fanno tanto rumore, e il suo establishment si propone sempre in modo rassicurante, ma persegue poi i propri obiettivi, senza moralismi di sorta. Lo ha dimostrato anche nel corso dei meeting in cui si decidevano le misure più efficaci per ridurre l’inquinamento atmosferico, del resto.
Le missioni negli Usa del presidente Emmanuel Macron, della Cancelliera Angela Merkel, e quelle del governo del Regno Unito, ad oggi non hanno prodotto risultati di rilievo, l’ultimatum sui dazi ne sono la prova. Trump non è persona che si lascia impressionare, né condizionare.
L’Ue, Gran Bretagna inclusa, mira dunque ad ottenere l’eliminazione integrale delle imposte dovute per i dazi doganali decisi dagli Usa (sull’importazione di alluminio e acciaio); c’è preoccupazione negli ambienti politici e ancora di più in quelli dell’industria siderurgica europea.
Theresa May si è impegnata in primo piano per offrire mediazione con il governo americano. Le prossime settimane saranno decisive, le trattative potrebbero sortire un’ulteriore proroga, fino a quando, si spera a Bruxelles, Washington arriverà alla conclusione che, verso l’Ue, queste misure non sono opportune.