L’AUMENTO DELL’IVA E’ STATO SOLO RIMANDATO

DI VIRGINIA MURRU

 

Rinvio sull’aumento dell’Iva, il governo è intervenuto con un maxi emendamento alla manovra,  la stangata è stata accantonata per il 2019, ma sono previsti aumenti per gli anni successivi, e allora se l’esecutivop non sarà in grado di affrontare i problemi con risorse adeguate, il mezzo gaudio di oggi potrebbe trasformarsi in un’autentica slavina per i cittadini.

La manovra economica si accinge intanto a compiere i suoi primi passi, il benestare del Parlamento è stato ottenuto a colpi di fiducia, e le autorità di Bruxelles sono state convinte con più di un compromesso, anche se i tagli sugli investimenti faranno sentire il loro peso.

Il documento programmatico di bilancio, nonostante le prove durissime che ha dovuto superare, non è passato indenne, la scure ha operato tagli dolorosi, e comunque si trova ancora sul ‘banco degli imputati’, non convince le parti sociali, né Confindustria né i sindacati. Questi ultimi hanno già in programma manifestazioni di protesta; insomma, la manovra, così com’è strutturata, non presenta buone prospettive per l’occupazione.

La Pubblica amministrazione, secondo i tagli previsti, presenterà limiti non di poco conto su nuove assunzioni e investimenti. Un avvio del programma di politica economica che non convince, troppi sono gli interrogativi, e la strada dei conti pubblici è già di per sé dissestata.

La Bce ricorda questi giorni il grave problema della deviazione dal Patto di stabilità, il disavanzo delle Amministrazioni pubbliche, che riguarda anche  altri paesi dell’area euro, ma in particolare l’Italia.

Nel suo ultimo bollettino, la Banca centrale ammonisce sui rischi dell’aumento del debito in Eurozona: “bisogna continuare con gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche, rispettando il Patto di Stabilità e Crescita, in questo ambito significativo e preoccupante è il riscontro sull’Italia, il cui rapporto debito/Pil è troppo elevato, e questo espone tutta l’area ad una maggiore vulnerabilità.”

Ma intanto il Paese è alle prese con le tante incognite che presenta la manovra, e potrebbe non essere l’aumento delle tasse sulle scommesse e la webtax, insieme ad altri interventi non risolutivi, a fare la differenza.

Le clausole di salvaguardia dell’Iva sono un autentico rompicapo, e la scelta di congelare gli aumenti lascia comunque nell’incertezza i contribuenti. Bruxelles ha necessità di garanzie in questo ambito, e non è detto che il governo riesca a mantenere le promesse, le conseguenze in questo caso si ritorcerebbero sulle famiglie. Altro dilemma della manovra economica.

Le clausole di salvaguardia, sulle quali tanto si raccomanda l’Ue, sono misure precauzionali adottate per garantire i vincoli in materia di spesa e bilancio. Il fine delle clausole è la tutela della finanza pubblica. Scattano qualora non si rispettino i vincoli con l’Europa, se queste risorse non si rendono disponibili, al governo non resta che operare tagli sulle agevolazioni fiscali, aumentare le imposte indirette, e interventi simili volti a recuperare risorse per l’erario.

Al momento è già una conquista avere evitato la procedura d’infrazione, che Bruxelles era pronta ad applicare sull’Italia, se il premier Giuseppe Conte, e il ministro dell’Economia Giovanni Tria, non avessero introdotto misure idonee a salvaguardare almeno un precario equilibrio dei conti.

Com’è noto, le clausole sono scattate già nel 2011, in seguito alla grave crisi che portò poi alla caduta del governo Berlusconi. Nel decreto salva-Italia introdotto da Monti, le clausole di salvaguardia furono blindate, ma in seguito diventarono l’incubo degli altri governi che si sono succeduti, i quali hanno fatto di tutto per evitare che scattassero, come del resto ha fatto anche quello attuale.

Il governo Lega-Movimento 5S, le ha congelate per il prossimo anno, ma con il maxi emendamento alla manovra sono previste al rialzo nel 2020/21, cosa che potrebbe portare ad un aumento di diversi punti percentuali già nel 2020, sia per l’aliquota ridotta (10%), che per quella ordinaria (22%).

Gli aumenti scatterebbero qualora l’Italia non dovesse essere fedele ai parametri stabiliti dall’Unione europea, nel rapporto deficit/Pil, oggetto del contendere con Bruxelles negli ultimi mesi. In questo caso, così come ha previsto anche Codacons, nessuno ci salverebbe dalla mazzata, che potrebbe costare intorno alle 1.200 euro annui a famiglia, in termini di costi diretti, che scaturirebbero dalla maggiore imposta. Ma sarebbe l’economia italiana nel suo complesso, già provata da troppe scosse, a risentirne, per via degli effetti domino nei vari settori, tali da bloccare in modo ancora più deleterio la crescita.

In breve, se l’attuale governo manterrà gli impegni nel corso della legislatura, le clausole potranno essere disinnescate agevolmente, se la manovra non dovesse raggiungere gli obiettivi, sarebbe difficile salvarsi dalla mannaia che incombe.

In termini di cifre, gli aumenti previsti per il 2020 potrebbero raggiungere i 23 mld di euro, e negli anni successivi l’importo dovrebbe aumentare, con lo scatto dell’aliquota ordinaria (oltre all’aumento dell’aliquota ridotta..), che passerebbe dal 22% attuale al 26,5% nel 2021/22.