RIMPIANGERE LE GUERRE RACCONTATE DA EMILIO FEDE

DI NELLO BALZANO

 

Mi ricordo ai tempi del primo conflitto mediatico, la guerra del Golfo del 1991, dove gli Stati Uniti di Bush senior sono intervenuti a difesa del Kuwait invaso da Saddam Hussein, ogni network o quotidiano importante aveva il suo corrispondente che cercava di trasmettere o scrivere ciò che vedeva sul fronte bellico. Ma ancora prima la guerra in Libano, non sto parlando delle cause o della situazione geopolitica, ma di ciò che succedeva sui campi di battaglia.
Fu così più o meno per tutti i conflitti che seguirono, l’informazione faceva il suo mestiere, ovvero i corrispondenti ai quali per convenzioni di tutela internazionali era permesso stare sul campo di battaglia, potevano informarci di ciò che succedeva, il loro ruolo era chiaro ed inequivocabile, la scritta “press” sul giubbotto era una tutela.
Il passare degli anni, con le tecnologie digitali in grado di connettere facilmente il mondo intero tutto questo sarebbe dovuto essere più semplice e sicuro.
Mi spieghi adesso qualcuno per quale motivo il conflitto in Siria è vissuto al di fuori con visioni non verificate, con lo schierarsi a seconda delle singole ideologie, perché oggi non è consentito conoscere cosa succede realmente su quel terreno di battaglia, per quale motivo non vediamo il corrispondente della RAI, di Repubblica o di un provider Internet serio che ci racconta fatti, non opinioni da tifo calcistico.
Per quale motivo non si può conoscere la verità, per quale motivo dobbiamo sentire di un ritorno ad una inutile ed assurda guerra fredda oggi con due presidenti che tutto possono lasciare immaginare, tranne che siano per la pace mondiale.
Per quale motivo era più corretta seppur con tutti i suoi limiti l’informazione degli anni 80/90 rispetto a quella dal 2012 ad oggi.