BASTA (CON) LA SALUTE

DI PIERLUIGI PENNATI
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“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Questo il testo integrale dell’articolo 32 della nostra Costituzione, ma che nella sanità italiana ci fosse qualcosa che non andava non è certo una scoperta di oggi, l’Albertone nazionale ci aveva ricamato sopra già a fine anni ‘60, prima con “il medico della mutua” e poi con il forse più famoso “prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue”, per finire addirittura con “Il ginecologo della mutua” dieci anni dopo.
La mutua, ovvero l’assistenza sanitaria fornita dallo stato, non è mai stata sinonimo di qualità, ma almeno era sinonimo di gratuità, oggi, invece, sembra non essere più ne l’uno ne l’altro, al punto che secondo il rapporto 2016 sulla povertà sanitaria sono 557mila gli italiani che non riescono a comprare i farmaci e gli italiani poveri sono 4,6 milioni, in crescita del 25% rispetto allo scorso anno, ed i costi dei farmaci per questi soggetti costituiscono una voce particolarmente pesante: tra i poveri quasi 6 euro su 10 finiscono in farmaci, contro una media di meno di 4 euro.
Ma non è tutto qui, le difficoltà non riguardano solo i meno abbienti, oltre 12 milioni di italiani hanno dovuto limitare il numero di visite mediche o gli esami di accertamento per motivazioni di tipo economico ed è stata registrato un aumento della richiesta di farmaci in tre anni del 16%, in conseguenza di un costante aumento di indigenti assistiti.
Il fenomeno ha fatto crescere la necessità di assistenza alternativa tramite il volontariato sviluppando le attività del Banco Farmaceutico che offre il suo aiuto soprattutto attraverso i medicinali raccolti nella Giornata di Raccolta del Farmaco, il 13 febbraio, senza l’aiuto del quale moltissimi non avrebbero avuto la possibilità di curarsi del tutto.
Eppure, come nei film di quaranta anni fa, non tutte le strutture sono al collasso, se negli ospedali pubblici le liste d’attesa sono infinite e l’accesso ai servizi difficile, in molte strutture private le attività sanitarie fioriscono, in ambienti raffinati, con personale cortese e premuroso, quasi sempre in convenzione con il SSN o con costi ormai non troppo distanti a quelli pagati per un ticket presso una struttura pubblica.
Ma non è tutto, a molti sarà capitato il caso, quello degli antibiotici e di alcuni tipi di radiografia ed esami del sangue per esempio, per i quali il costo del ticket, fissato allo stesso modo per tutte le prestazioni, è persino più oneroso del costo del medicinale o dell’esame.
“Vuole il generico?” è la domanda classica del farmacista che propone di pagare meno una medicina, “Preferisce il ticket o pagare la prestazione?” Per una panoramica od un esame del sangue in un centro convenzionato.
Così la sanità che dovrebbe curare i pazienti è la prima a dimostrare di essere ammalata e di una malattia profonda e radicata: l’indifferenza verso il malato. Per far quadrare i conti si aumentano i contributi del paziente fino a rendere non più conveniente la prestazione e “violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, in contrasto con la norma costituzionale.
Specialisti ed economisti si sono alternati da sempre al capezzale della sanità pubblica per trovare un rimedio al suo cattivo stato di salute, persone spesso in conflitto di interesse e che non sono utenti delle strutture che amministrano, finendo con il trattare il caso solo come un problema economico e non umano.
Quante volte abbiamo sentito dire “basta la salute”, “pensa alla salute” o “se c’è la salute c’è tutto”?
Se davvero “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” allora dovremmo cominciare  a ripensare la sanità mettendo il paziente al centro e non solo l’interesse economico.
La sanità in altri stati funziona benissimo e costa meno, da italiani spesso esportiamo tecnologie e stili di vita, nell’era di internet e della globalizzazione non dovrebbe essere tanto difficile cercare di importare buona gestione ed assistenza, così che un giorno si eviti di dover dire che “l’operazione è riuscita, ma il paziente (la sanità) è morto”.

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