BCE. ECONOMIA STABILE IN EUROZONA, MA IL CORONAVIRUS E’ UNA MINA VAGANTE

DI VIRGINIA MURRU

 

La nuova presidente della Bce, Christine Lagarde, non nasconde le preoccupazioni sui riflessi negativi causati dal dilagare dell’epidemia da coronavirus nell’economia globale.

“Al momento – ha affermato nell’ultima conferenza stampa tenutasi nei giorni scorsi – non vi sono conseguenze di rilievo nell’economia dell’area euro, ma la persistenza e il progressivo dilagare del contagio inevitabilmente avranno ripercussioni anche in Europa.

Il quadro dell’economia sul piano internazionale, pertanto, secondo il Presidente della Banca Centrale Europea, è al momento orientato sui rischi, non solo per ragioni di carattere geopolitico, ma anche per l’impatto che ha causato (soprattutto in Cina), la diffusione del coronavirus.

Lagarde osserva che in Eurozona l’economia sta seguendo un percorso di stabilizzazione, non vi sono più timori legati al conflitto commerciale Usa-Cina, che sembrerebbero risolti con gli ultimi accordi tra i due colossi economici, e la firma della cosiddetta Fase 1, o accordo preliminare, con la conseguente riduzione delle tariffe.

Il ritmo dei piani di acquisto di asset da parte della Bce proseguirà con 20 miliardi di euro mensili, il fine è quello di avvicinare il più possibile il target d’inflazione a quello ritenuto ideale (2%).

Le strategie di politica monetaria e il volume di acquisti di titoli di Stato e altri asset, riconducibili al Quantitative easing, rimarranno dunque invariati, ma è da sottolineare che per la prima volta con presidenza Lagarde, è stato posto in essere un primo atto di significativo rilievo.

La Bce ha infatti reso nota la prima revisione sugli interventi di politica monetaria dal 2003. Sono stati confermati i tassi d’interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, su quello marginale e sui depositi presso la Banca Centrale. Essi andranno rispettivamente allo 0,00 – 0,25% e a -0,50%.

L’obiettivo sarà quello di analizzare, durante l’anno in corso, “la formulazione quantitativa concernente la stabilità dei prezzi, l’insieme di strumenti della politica monetaria, analisi di carattere economico e monetario, pratiche di comunicazione”.

Certamente uno degli studi più importanti potrebbe riguardare la revisione dei metodi con i quali la Bce definisce il suo target d’inflazione, che come si sa, da tanti anni, in particolare con la presidenza Draghi, è del 2% o dintorni, anche se poi questo target non è ancora stato raggiunto.

Secondo gli esperti di S&P è un obiettivo, quello del target al 2%, che ha creato meccanismi un po’ contorti, e nel lungo periodo la reazione dovuta ad un prolungato periodo di tassi negativi,  potrebbe generare effetti di contrasto. Anche se l’ex presidente Draghi, sosteneva che gli effetti positivi superavano quelli negativi.

Chi invece si è trovato su un piano critico al riguardo, ha sempre sostenuto che, se da un lato la strategia dei bassi tassi d’interesse interagisce quale incentivo per la crescita e l’attività di credito, il rischio effettivo è quello di sottrarre alti margini di profitto alle banche.

Le rassicurazioni della presidente Lagarde hanno incentivato la fiducia dei mercati, com’era prevedibile, i quali hanno reagito con ottimismo, dimenticando le incertezze e la mina vagante che rappresenta il coronavirus sull’economia globale. Anche se proprio la nuova presidente della Bce non ha escluso rischi su questo versante, se il quadro dovesse allargarsi oltre l’emergenza:

“L’incertezza che riguarda l’impatto del coronavirus è una rinnovata fonde di preoccupazione.”

I fattori che generano rischio nell’economia dell’Eurozona ci sono ed è convinzione del Consiglio Direttivo della Bce che sia necessario ancora un sostegno adeguato della Banca Centrale Europea, tramite la sua politica accomodante. La situazione, assicura Lagarde, è costantemente monitorata, e qualora ricorresse il bisogno, si interverrà con misure opportune.

Nell’analisi  di Christine Lagarde, c’è spazio anche per considerazioni concernenti il clima, le quali rientreranno a pieno titolo nella ‘revisione strategica’. Sostiene la presidente al riguardo:

“Sui cambiamenti climatici tutti devono sentirsi responsabili in termini di interventi adeguati, è nostro dovere contribuire a controllarlo, e già diversi dipartimenti nella Bce sono allo studio per comprendere il reale impatto del climate change nella gestione del rischio.”

 

Per quel che concerne l’’effetto Brexit’, il capitale sottoscritto dalla Banca Centrale resterà invariato in seguito all’uscita della Bank of England dal Sistema europeo delle Banche Centrali.  Il capitale sottoscritto della BCE resta invariato dopo l’uscita della Bank of England dal Sistema europeo di banche centrali, il quale resta invariato (10,8 miliardi di euro). La Bce rimborserà la quota della Bank of England nel capitale versato, ossia 58 milioni di euro.

La quota (secondo un comunicato diffuso nel sito della Bce), nel capitale sottoscritto della Bce sarà divisa fra le altre banche centrali nazionali.

La Banca Centrale britannica non farà più parte del SEBAC, in seguito all’uscita del Regno Unito dall’Ue, la BoE detiene il 14,3% del capitale sottoscritto della Bce, di cui 3,75% equivalente a 58 milioni di euro (quota versata). Tale importo sarà rimborsato dalla Bce, secondo i termini di accordo sul recesso tra il blocco dei 27 e Regno Unito.

 

LE BORSE EUROPEE RIPRENDONO QUOTA, IN RECUPERO ANCHE I LISTINI ASIATICI

DI VIRGINIA MURRU

 

Le piazze europee spostano l’asse in positivo, nonostante, secondo il parere degli analisti, la volatilità continui ad essere come una mina vagante, sotto pressione per effetto del coronavirus. I mercati asiatici, in particolari quelli cinesi, non sono immuni dall’’influenza’ dovuta all’emergenza sanitaria in atto.

Ma gli investitori hanno comunque concesso fiducia agli interventi del Governo cinese, che ha messo in moto misure di politica monetaria adeguate, attraverso la Banca Centrale. Strategie che hanno contribuito al sostegno dei listini azionari.

Wall Street ha registrato altri record, ma anche le piazze asiatiche hanno seguito un trend di rialzo, sia pure a livelli più contenuti.

A Milano il FFSE Mib riprende quota 24mila punti, con rally di Intesa Sanpaolo (+3,3%), l’osservatorio va ai titoli del settore bancario, con UniCredit a +0,91%, BPER Banca a +0,45%. Ieri il FTSE Mib aveva chiuso in rialzo dell’1,64%.

In positivo anche il titolo Ferrari, che ieri ha avuto riscontri negativi in seguito alla pubblicazione del bilancio 2019, con gli utili in calo dell’11%.

In generale c’è molta attenzione da parte degli investitori, considerato il condizionamento dell’emergenza sanitaria e il conseguente impatto nell’economia a livello globale, non solo su quella cinese, che ha tuttavia messo in atto misure atte a contenere il naturale rallentamento del ciclo. Importanti quindi gli interventi delle Banche Centrali volti a correggere le ‘idiosincrasie’ dei mercati, pilotati dal panico per la rapida diffusione del virus; è più che mai necessario pertanto rassicurare gli investitori.

A questo riguardo è stato efficace l’intervento della Banca centrale cinese che lunedì ha immesso liquidità nel sistema, con 1700 mld di yuan. Ma è anche probabile un taglio dei tassi, e la riduzione del coefficiente di riserva obbligatoria degli istituti di credito, misure orientate al supporto dell’economia. E non sono esclusi interventi di carattere fiscale, sempre rivolti al recupero dell’indice di fiducia di consumatori e imprese, tramite l’abbassamento del cuneo con sgravi fiscali, sempre quale strumento di controllo sui riflessi negativi causati dall’epidemia da virus in atto.

 

 

L’ECONOMIA CINESE FA I CONTI CON IL CORONAVIRUS

DI VIRGINIA MURRU

 

Piuttosto allarmante il ‘bollettino’ che viene dalle Borse cinesi, le quali, in seguito all’assalto del virus su vaste aree del Paese, e le misure di emergenza che sta affrontando il Governo, non poteva lasciare indifferenti i mercati finanziari, e meno che mai le Piazze cinesi.

In sofferenza dunque Shanghai e Shenzhen, ma la situazione dei mercati è comunque in rosso, sono stati bruciati oltre 420 miliardi di dollari, insomma, dopo la guerra commerciale con gli Usa è arrivata quella con il virus, un salasso dal quale l’economia cinese potrà anche riprendersi, date le grandi risorse dimostrate negli ultimi decenni, ma non la lascerà sicuramente immune da conseguenze negative.

Nella Cina continentale, in data odierna, alla riapertura dei mercati azionari, dopo la pausa dovuta al Capodanno lunare, le perdite superano il 9%, performance negativa causata com’è ovvio dall’emergenza sanitaria in atto, ossia dal timore che incute la diffusione del virus, altamente contagioso, e dalle sue complicanze.

Secondo la BBC le azioni in Cina affrontano la peggiore caduta da 4 anni a questa parte (Chinese shares suffer biggest fall in 4 years..).

L’impatto economico pertanto non può essere trascurabile. Negativi gli indici di Shenzhen e Shanghai, ma nell’altro versante anche Hong Kong, la cui Piazza ha inevitabilmente subito il ‘contagio’, e scivola in negativo, anche se più contenuto rispetto alle altre due principali Borse cinesi.

La Pboc, ossia la Banca Centrale Cinese, ha adottato misure volte a sostenere i mercati e l’economia, decidendo di adeguare la politica monetaria all’emergenza sanitaria che la Nazione sta affrontando. Sono stati immessi nel sistema al momento 150 miliardi di yuan, che equivalgono a circa 20 miliardi di euro, attraverso strumenti finanziari particolari: “pronti contro termine” a 7 e 14 giorni (detti anche PCT, si tratta di contratti in cui solitamente una banca, cede titoli ricevendo in cambio denaro. La consegna è immediata, da qui il termine ‘pronto’. La banca si impegna a riacquistarli dall’acquirente, di solito ad un prezzo più alto e ad una data concordata).

Il tasso per entrambi i “repo”(repurchase agreement), ossia tra le controparti dell’accordo, quale misura di sostegno, è stato tagliato di 10 punti base.

Inutile affermare, senza finire in retorica, che il danno economico è in ogni caso quello minore, se si considera il tributo in termini di vittime falciate dal virus, ma intanto per una Nazione il bilancio è pesante.

Se il coronavirus è diventata una pandemia nel volgere di poche settimane, e un’emergenza  per buona parte del pianeta nel versante sanitario, per la salute dell’economia globale non è certo uno spaventapasseri, ma una questione seria, con implicanze tutt’altro che semplici da arginare.

Coinvolta in primis la Cina, per ovvie ragioni, ma il ‘contagio’ nei mercati finanziari segue percorsi che poi raggiungono quelle piazze direttamente o indirettamente collegate all’attività produttiva cinese (praticamente buona parte del pianeta), considerata ancora economia emergente, anche se in realtà è un colosso non meno potente di quello americano.

Ripercussioni pertanto ce ne sono state  allorché l’evoluzione relativa alla diffusione del virus è diventata di notevoli proporzioni, costringendo le Autorità cinesi a interventi d’emergenza,  arrivando perfino alla realizzazione di strutture sanitarie in tempi da record: la costruzione di un ospedale è terminata negli ultimi giorni, e sono occorsi solo 10 giorni..

Sono coinvolte intanto le aree del Paese più produttive, circa 24 zone strategiche per l’economia cinese. Nonostante l’efficienza dimostrata dagli organi di Governo preposti alla sicurezza, si sono verificate carenze di materiale pratico in ambito sanitario, come mascherine, guanti, tute e occhiali, strumenti di protezione di questo tipo.

Europa e Stati Uniti hanno provveduto all’invio di questi materiali appena le Autorità cinesi hanno fatto sapere che c’era la necessità di rifornimenti.

.Proprio le enormi vendite di questi articoli stanno portando alle stelle gli utili delle aziende che operano nel settore sanitario, con prodotti monouso. Alcune di esse (come Shanghai Dragon, Tinjin Teda) sono quotate nel listino ChiNext. I loro titoli in Borsa sono schizzati (fino al 10%). Altre specializzate in monitoraggi di strutture sanitarie, hanno registrato grandi risultati: le azioni di Bioperfectus Technoloies sono salite del 20%.

Wuhan, la metropoli cinese di 11 milioni di abitanti, è il ‘covo’ del virus, e proprio qui si sono riscontrati i valori massimi del contagio, che poi si è diffuso altrove, specie nei Paesi limitrofi, in Europa e Usa, con casi isolati, ma tuttavia in grado di creare allarme e misure adeguate a circoscrivere il possibile contagio.

Una delle aree di rilevante importanza per l’economia del dragone è proprio la città di Wuhan, che presenta il più alto tasso di crescita del Paese, negli ultimi anni il Pil si è attestato infatti sull’8%. La metropoli è considerata un centro in cui vengono convogliati investimenti non di poco conto sull’industria pesante e nuove tecnologie

Grandi aziende che avevano delocalizzato una parte dei loro processi produttivi in Cina, aprendo nuove sedi, quando il coronavirus ha assediato aree urbane sempre più estese, considerata anche l’alta incidenza di decessi, hanno deciso di chiudere e riportare il personale nel Paese d’origine.

Diverse sono ormai anche i vettori aerei che hanno interrotto i collegamenti con gli scali cinesi, e vietato anche il traffico d’ingresso, specie dai luoghi più bersagliati dal virus, sempre per ragioni di sicurezza sanitaria. Tanti saranno gli aeroporti che subiranno danni a causa del calo nei collegamenti, per quel che riguarda l’Italia, solo Malpensa si pensa che perderà 2 milioni di passeggeri, tra viaggiatori cinesi e asiatici. Previsti anche crolli nelle azioni delle Compagnie aeree.

Insomma il coronavirus, in circa un mese, ha scombinato le carte di quel complesso meccanismo definito nel terzo millennio globalizzazione, messo a ferro e fuoco le potenzialità della Scienza, quasi sempre impreparata quando il virus viaggia in ‘incognito’, con una ‘carta’  d’identità nuova, e una direttiva di marcia che allunga vertiginosamente il passo, allargando la platea delle vittime del contagio.

Debellarlo non è una battaglia semplice, e in ogni caso non si risolve dalla sera alla mattina,  non esiste un trattamento farmacologico veramente adeguato, né cure disponibili, in quanto, una volta isolato l’agente patogeno, occorre tempo per la formulazione del vaccino.

Sono presupposti che si traducono in costi anche pesanti per l’economia dello Stato in cui il virus ha cominciato il suo esordio contagiando un numero d’individui che ormai sono diventati migliaia (si avvicinano ai 18 mila, i decessi superano i 360 – e dunque anche il numero di vittime della Sars – epidemia che si diffuse negli anni 2002/03’, sempre in Cina.

 

OUTLOOK FMI. PRUDENTI LE STIME SULL’ECONOMIA ITALIANA: 2020 PIL A +0,6%

DI VIRGINIA MURRU

 

Il Fondo considera che in Italia sono state gettate le basi per una svolta e un percorso di ripresa, attraverso le misure previste dalla stessa legge di Bilancio 2020, tanto che la crescita, da quella prevista a +0,5%, potrebbe spingersi nell’ultimo trimestre dell’anno in corso a +0,6%, e per il prossimo anno la stima è su +0,7%.

Resta tuttavia su un piano critico  l’analisi dei fattori che contribuiscono al trend di una crescita modesta del Pil, secondo l’FMI la produttività esprime poca vivacità già da alcuni anni, per cause che non sono state fino ad ora realmente rimosse, tra le quali vi sono i lacci della burocrazia, la pressione fiscale, e soprattutto l’incidenza del debito, che schiaccia e preclude un’autentica svolta. Il debito resta al 135% del Pil, dato che rimane una perenne incognita e condiziona le scelte di politica economica di ogni esecutivo. Il deficit, nel 2020, dovrebbe attestarsi al 2,4%.

Per quel che riguarda le misure fiscali intraprese dal Governo Conte 2, secondo il Fondo Monetario si sta imboccando il sentiero giusto per alleggerire famiglie e imprese, ma restano da perseguire misure fondamentali per la ripresa, quale la realizzazione di investimenti in infrastrutture.

Sulle pensioni – sostiene l’Fmi – si è fatto tanto, ma la spesa resta alta, anche per l’introduzione di Quota 100. Il sistema fiscale è ancora suscettibile di miglioramenti, e certamente l’esecutivo sta seguendo questa indicazione, anche attraverso la riforma fiscale prevista entro aprile.  Da rivedere, secondo il Fondo, il sistema di valutazione della proprietà, che penalizza in modo considerevole le famiglie meno abbienti. Molto bene le misure per la lotta all’evasione fiscale, sempre da incentivare.

Si procede al miglioramento del sistema fiscale, ma “il taglio del cuneo resta ancora modesto”, secondo gli analisti del Fondo, in Italia il cuneo sul lavoro è intorno al 48%, ma la media Ue è più bassa: il 42%. Occorre  una riduzione più decisa “da valutare intorno al 2% del Pil, compensata da un significativo ampliamento della base imponibile”. Ossia il potenziamento della lotta all’evasione, nonché un miglioramento delle agevolazioni fiscali. C’è inoltre da considerare come opportunità il persistere della politica monetaria espansiva della Bce, con relativi bassi tassi d’interesse, che l’Italia dovrebbe cogliere come una grande opportunità, poiché questa politica monetaria di favore non sarà perenne.

L’Italia, fra una traversia e l’altra ha superato il rischio recessione, ma secondo l’Fmi la crescita non ha ancora  presupposti di solidità, e non sono da escludere i fattori che derivano da un quadro internazionale che ha presentato durante il 2019 e agli esordi del nuovo anno, elementi di notevole instabilità, quali i conflitti commerciali tra i due giganti dell’economia mondiale, Usa e Cina, tensioni nei mercati emergenti,  incertezze di carattere geopolitico, soprattutto in Medio Oriente. E basterebbe citare le tensioni tra Iran e Stati Uniti, ma anche con Arabia Saudita, i focolai di conflitto devastante in Siria, Yemen, e la perenne e irrisolta questione dell’Afghanistan, insieme a tante altre emergenze in America Latina.

E non ultimo il fattore Brexit, anche questo passo indietro del Regno Unito proietterà le sue ombre nel commercio internazionale, e a pagare tributo sarà anche l’Unione europea. I fattori idiosincratici causano problemi di carattere macroeconomico nelle economie dei mercati emergenti, a questo si aggiunge il basso livello di crescita della produttività, e non meno incisivo l’invecchiamento demografico nelle economie cosiddette avanzate.

A questa lunga serie di vulnerabilità si devono aggiungere i mercati finanziari, che esprimono reazioni ponderate sulla base del rischio che ogni evento negativo può produrre, e a loro volta possono aggiungere i disastri derivanti dalle insicurezze manifestate dagli investitori.

Tutte realtà che non hanno contribuito alla solidità della crescita, non solo per i riflessi sull’economia degli Stati interessati, ma in definitiva anche per l’incidenza a livello globale.

L’Fmi punta infatti l’osservatorio anche sullo stato dell’economia globale, l’outlook da quest’anno dovrebbe cambiare orientamento, dopo la flessione riscontrata nel 2019. Secondo le stime l’anno in corso dovrebbe registrare una crescita pari a +3,4%, in netto miglioramento rispetto allo scorso anno, quando la crescita globale si era attestata lievemente al di sotto del 3%. In controtendenza rispetto al 2018, quando il Pil globale era stato del 3,6%.

Secondo le valutazioni del World Economic Outlook del Fondo, le stime sono caute, perché vi sono ancora troppe fibrillazioni che non permettono certezze nel versante geopolitico ed economico. La stessa Cina, che negli anni ci aveva abituato a livelli di Pil piuttosto alti, già dal 2019 ha evidenziato una contrazione, sia pure lieve nella crescita, rispetto agli anni precedenti.

E viste le conseguenze della pandemia in atto, con il coronavirus che sta mietendo troppe vittime,  creando allarme in Cina (dove ha avuto origine), e ora  in tanti altri stati, anche questo fattore avrà riflessi non di poco conto sull’economia cinese.

Basti pensare alle precauzioni adottate da tante grandi aziende, che hanno chiuso le loro sedi in Cina e richiamato il personale in patria, al blocco dei voli deciso da diverse compagnie, alla condizione di quarantena e di barriera che si è creata nelle ultime settimane, per concludere che le ripercussioni saranno anche sul piano economico rilevanti. In definitiva non sarà solo l’economia cinese a risentirne, proiettati come siamo in un sistema di globalizzazione, nel quale nessuno può esibire un protezionismo ad oltranza e a prova di scasso, senza essere costretto a confrontarsi con una platea internazionale, nemmeno gli Usa.

 

LA VITTORIA DI BONACCINI PORTA OTTIMISMO A PIAZZA AFFARI: DIFFERENZIALE A 141 PUNTI BASE

DI VIRGINIA MURRU

 

In seguito alla vittoria del candidato  Governatore per l’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, Piazza Affari ha reagito positivamente, portando il differenziale di rendimento a 141 punti base (in chiusura venerdì era a 156, 5), un crollo che risulta ai minimi da agosto. Il rendimento del decennale italiano è ora a 1,07%.

In borsa l’elemento ‘destabilizzante’ temuto era la vittoria della destra, e pertanto la riconferma del Governatore Bonaccini è stata interpretata dagli investitori come un segno di stabilità. Seduta dunque positiva per l’azionariato di Piazza Affari, che riparte con slancio e potrebbe a questo punto essere influenzata dalle reazioni negative derivanti dalla Brexit, la cui attuazione dovrebbe essere avviata il 31 gennaio.

Data che sancisce, dopo l’approvazione formale da parte di Westeminster dell’European Union Withdrawal Agreement Bill, ossia l’Accordo siglato dall’Ue e Governo del Regno Unito che rende attiva la Brexit, ponendo fine al suo lungo e tormentato iter.

L’ultimo passaggio è la ratifica da parte del Parlamento Europeo, che dovrebbe avvenire mercoledì; infine si passerà, a partire dal primo di febbraio, al periodo di transizione previsto, della durata di circa undici mesi. Dopo il 31 dicembre 2020, infatti, il Regno Unito non sarà più legato ai Trattati dell’Ue e i suoi rappresentanti lasceranno definitivamente le Istituzioni di Bruxelles.

GUALTIERI: IL TAGLIO DEL CUNEO SARA’ STRUTTURALE, AD APRILE RIFORMA IRPEF

DI VIRGINIA MURRU

 

Il Consiglio dei Ministri ha varato il decreto sul taglio del cuneo fiscale 2020, in attuazione della legge di Bilancio (legge 27 dicembre 2019, N. 160). Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia, annuncia che il Governo ha già aperto la strada per una generale riforma dell’Irpef, e che non si tratterà solo di interventi marginali.

Il provvedimento consta di 5 articoli e la sperimentazione partirà dal primo luglio fino a dicembre,  in attesa di una revisione degli strumenti di sostegno al reddito. Il decreto è in via di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Intanto con l’approvazione del decreto legge s’introducono le misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente.

Gualtieri sostiene che questi interventi costituiranno un buon input per l’economia, una spinta propulsiva che darà i suoi risultati favorendo la crescita.

Per ora i sindacati sono positivi sugli sforzi compiuti dal Governo in termini di riduzione del cuneo, certo auspicano in tempi brevi un’autentica riforma,  ma dei buoni passi avanti sono stati comunque compiuti. La platea dei beneficiari intanto si amplia: il trattamento integrativo interesserà 16 milioni di lavoratori dipendenti (e assimilati), con redditi fino a 40 mila euro, prima la platea era di 11,7 milioni di lavoratori.

Aumenterà il cosiddetto ‘bonus Renzi’, da 80 a 100 euro per i percettori di salari più bassi – da 8.200 euro fino a 28 mila – e comporterà una spesa per il 2020 di 3 miliardi di euro. In sei mesi di sperimentazione i lavoratori dipendenti si troveranno fino a 600 euro in più in busta paga (per i percettori di redditi fino a 28 mila euro), il beneficio si ridurrà con scaglioni di reddito più elevati, fino ad azzerarsi per quelli che superano i 40 mila.

Lo spiega in dettaglio un comunicato del Consiglio dei ministri:

“Dal 1° luglio 2020, il bonus di 80 euro aumenta a 100 euro mensili per chi ha un reddito annuo fino a 26.600 euro lordi. Coloro che percepiscono un reddito da 26.600 euro a 28.000 euro, beneficeranno per la prima volta di un incremento di 100 euro al mese in busta paga. Per i redditi a partire da 28.000 euro, si introduce invece una detrazione fiscale equivalente che decresce fino ad arrivare al valore di 80 euro in corrispondenza di un reddito di 35.000 euro lordi. Oltre questa soglia, l’importo del beneficio continua a decrescere fino ad azzerarsi al raggiungimento dei 40.000 euro di reddito.”

La misura partirà dal mese di luglio,  ossia tra sei mesi,  la manovra del Governo ‘Conte 2’ è dunque in dirittura d’arrivo, e proprio il presidente del Consiglio assicura che “l’esecutivo andrà avanti con determinazione su questa strada, fino a realizzare una più ampia riforma fiscale, proseguendo sul percorso intrapreso e riducendo ancora le tasse alle famiglie”.

Il ministro dell’Economia conferma che si tratta di ‘work in progress’ e che sarà presentato un disegno di legge delega per la riforma fiscale entro il mese di aprile.

Ma si annunciano anche ulteriori interventi a favore dei pensionati esclusi dal bonus, attraverso la riforma dell’Irpef. Ad anticipare la misura è Laura Castelli, vice ministro dell’Economia,  spiegando che ve  ne saranno altre rivolte agli incapienti, mirate, al momento si pensa mediante assegno. Sono inoltre previste semplificazioni per quel che concerne le detrazioni, riduzioni delle aliquote e scaglioni Irpef.

Abbiamo il poco lusinghiero primato in ambito internazionale dell’incidenza in termini di pressione fiscale su lavoratori e imprese (ma  siamo primi in generale per la pressione che esercita il fisco sui cittadini), tutti si auspicano che finalmente si focalizzi l’attenzione  sugli oneri che gravano nei confronti di lavoratori e imprese.

 

WORLD ECONOMIC FORUM. SU WEB TAX TRA EUROPA E USA TREGUA IN ATTESA DI NEGOZIATI

DI VIRGINIA MURRU

Al World Economic Forum  2020, in corso a Davos, la Web tax è come una mina vagante nei rapporti commerciali tra gli Usa e alcuni Paesi Ue. Gli Usa, tramite il Segretario al Tesoro Steve Mnuchin, hanno espresso la loro contrarietà, non ne vogliono sapere di aumenti riguardo alla tassazione digitale sui colossi della Silicon valley.

Italia e Francia nei negoziati sono inflessibili al riguardo, ma le reazioni del Governo americano non sono rivolte alla tolleranza, ci potrebbero essere ritorsioni sulle Case automobilistiche europee (di Francia e Italia in particolare, unite in questo asse strategico contro i giganti del web Usa), e di solito i tuoni non arrivano mai soli, i fulmini sembrano la logica conseguenza di una politica fondata sul protezionismo. ‘America first’ è l’intercalare di ogni confronto o negoziato sul piano internazionale quando si tratta di tutelare gli interessi dell’economia statunitense.

Si sono esposti per primi i francesi, tramite il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, e si è poi unita l’Italia per fare fronte unico sullo scottante tema della web tax, con l’omologo Roberto Gualtieri. L’Italia, come si sa, ha inserito nell’ultima legge di Bilancio la tassazione digitale a carico dei colossi del web, la cui entrata in vigore è prevista per il mese di febbraio.

C’è stata polemica sui metodi di applicazione della tassa perché la si vorrebbe diretta ai profitti e non al fatturato, a parità di trattamento in ambito fiscale. Nel modo in cui è stata impostata la web tax contribuirebbe a fare alzare i costi per le piccole medie imprese e consumatori, e pertanto agerebbe in modo negativo sulla crescita delle stesse imprese.

Il World Economic Forum è cominciato il 21 gennaio (a Davos, Svizzera), e migliaia sono gli ospiti attesi per la 50esima edizione, è considerato uno degli eventi ‘più ecosostenibili’ che ci sia mai stato fino ad ora, dato che nella sua agenda, il fulcro su cui convergerà l’attenzione degli invitati sarà proprio il tema ambiente.

Secondo l’81enne economista, Klaus Schwab, fondatore del Forum – “il pianeta versa in uno stato di emergenza, e lo spazio d’azione si sta rapidamente riducendo, pertanto è fondamentale intervenire con senso di responsabilità”. Gli investimenti green saranno in primo piano in questo ambito.

Ma il forum è anche un’occasione d’incontri strategici tra i rappresentanti di Stato per importanti questioni economiche e commerciali, come quelle riguardanti la web tax, e i dazi, a margine del Forum tanti i temi oggetto di confronto.

A Davos la questione relativa alla tassazione digitale è stata affrontata in un tavolo comune con i rappresentanti di due Paesi europei, Francia e italia, il Segretario Ocse Angel Gurria e il Segretario al Tesoro Usa, Mnuchin.

Francia e Italia intendono fare valere i loro diritti di esigere le imposte dalle multinazionali americane, anche se la risposta degli Usa di questi tempi lascia poco spazio al dubbio circa la reazione su simili iniziative. Nel mirino ci sono i dazi con cui colpire, non si concedono sconti a nessuno, e del resto non è la prima volta che l’Amministrazione Trump minaccia i Paesi dell’Ue con ritorsioni sui prodotti che varcano le sue frontiere.

Sarà a questo punto necessaria la mediazione del Segretario Ocse Gurria, il quale dovrà cercare un punto di convergenza ed equilibrio su una tassazione globale che non crei ulteriori conflitti, al di là di quelli in atto, in parte risolti con la Cina, e altri da chiudere con nuovi accordi.

Nessuna delle parti al momento sembra disposta a cedere terreno in favore dell’altra; la Francia, per non inasprire i rapporti con il Governo americano, ha dichiarato che non è disposta a fare concessioni sulla web tax, ma terrà bloccato il pagamento del primo acconto fino a che non si troverà una linea comune d’intesa globale tramite intermediazione Ocse.

Qualora per ipotesi il negoziato dovesse fallire, la Francia procederà con l’applicazione della tassa, e c’è da giurare che la risposta Usa sarà scontata, il ‘tiro’ è già stato annunciato, e i bersagli non mancano di certo. L’Italia è in sintonia, ma rispetto alla Francia è rimasta un po’ in retrovia. Dagli scambi di vedute, negli incontri tra La Maire e Gualtieri, sembrerebbe che si sia deciso di agire in concerto e di non fare un passo indietro, nonostante il clima di ‘raid’ in cui si tratta con gli americani.

E’ ovvio che i due Paesi hanno interesse ad agire in sintonia per dare maggiore forza al negoziato e limitare lo strapotere delle multinazionali, le quali hanno sempre cercato di farla franca con il fisco dei paesi in cui operano tramite il mercato digitale.

Trump intanto ha fatto sapere che le trattative con i Paesi Ue sono più scogliose di quelle con la Cina, e che in ogni caso, qualora s’implementasse la Web tax, sarà inevitabile colpire con tariffe dirette al mercato automobilistico. E’ evidente che la digital tax non coinvolge solo Francia e Italia, ma anche altri paesi, Gran Bretagna compresa.

La Maire afferma che l’Unione europea è compatta riguardo alla web tax, ma non c’è interesse ad inasprire i rapporti con gli Usa. Si è pertanto deciso di trattare. Iniziative in tal senso sui prossimi vertici sono state avanzate anche dalla Presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, in tempi brevi si auspica una soluzione che neutralizzi il conflitto in atto.

“Questo non significa – precisa il ministro delle Finanze francese – che si debba rinunciare ad un sistema di tassazione efficace e mirato, ma è necessario arginare il fenomeno dell’evasione fiscale che riguarda i big operanti nel digitale, con enormi profitti e tasse irrisorie. “

Gli sviluppi sulle trattative con l’Amministrazione Trump in merito alla questione web tax si vedranno nei prossimi mesi, intanto si è stabilita una tregua, in attesa di una soluzione globale più stabile.

 

 

 

INPS: REDDITO DI CITTADINANZA, AL SUD I PERCETTORI SONO IL 56%

DI VIRGINIA MURRU

 

Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio Inps, appena pubblicati nel portale dell’Ente previdenziale (con aggiornamento al 7 gennaio), le domande di Reddito e Pensione di Cittadinanza pervenute sono state 1.641.969, di cui 1.097.684, ossia il 67%, sono state accolte – 87.649 risultano ancora in lavorazione, e infine 456.636 sono state respinte o cancellate.  Solo il 6% dei percettori sono extracomunitari.

 Degli 1.097.684 nuclei familiari, la cui richiesta è stata accolta, 56.222 sono decaduti dal diritto per il venire meno dei requisiti, i restanti, ossia 1041.462, sono formati dai percettori di Reddito di Cittadinanza (915.600), con 2.370.938 di persone coinvolte nel diritto; e per 125.862 dai percettori di Pensione di Cittadinanza, al cui seguito le persone coinvolte sono 142.987.

Per quel che concerne l’incidenza nel Sud e isole, il numero dei percettori risulta elevato, in termini percentuali il 56%, da qui rispetto al resto della penisola è pervenuto un boom di richieste, in termini numerici pari a 910.884. Segue il Nord, con 492.945 nuclei che beneficiano della prestazione (pari al 28%), e infine il Centro con 268.140 nuclei, pari al 16%.

L’Inps invita i beneficiari a tenere in regola la documentazione necessaria al fine di garantirsi la prestazione dal prossimo mese di febbraio, provvedendo ad aggiornare l’Isee entro la fine del corrente mese. Per gli interessati che dovessero contravvenire a queste disposizioni, la rata del sussidio dal mese di febbraio potrebbe essere sospesa. Occorre pertanto aggiornarlo entro gennaio, ripresentando la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU).

Il documento Isee è scaduto al termine dell’anno 2019, è necessario dunque recarsi presso gli uffici dei Caf per i  dovuti aggiornamenti. Da gennaio 2020, per i richiedenti il sussidio (all’Inps), ci saranno gli immancabili controlli nei conti correnti.

Il RdC, come si sa, ha come fine l’inclusione per le fasce di reddito più basso, è stato promosso e portato avanti con decisione dal M5S quale misura di contrasto alla povertà. Introdotto con decreto legge 28 gennaio 2019, ha suscitato contrasti e polemiche in ambito politico, dato che, secondo i più critici, contribuirebbe a disincentivare il mercato del lavoro.

Lo ha sostenuto un recente anche uno studio Svimez (Associazione che si occupa di Studi sulle condizioni economiche del Mezzogiorno). Secondo l’ultimo Rapporto – presentato alla Camera dei deputati a fine 2029 – la misura “disincentiva il beneficiario ad accettare soluzioni di occupazione precarie, occasionali a tempo parziale”. L’analisi Svimez mette in rilievo che, per un’efficace lotta di contrasto alla povertà, è semplicemente necessario potenziare il Reddito d’inclusione.

In definitiva, secondo queste ricerche, il RdC allontanerebbe le persone dal mercato del lavoro, e queste difficoltà risultano più marcate nel Mezzoglorno, dove la mancanza di stimoli per la crescita dell’economia e l’elevato tasso di disoccupazione, nonostante coinvolgano l’intero Paese, qui diventano mali endemici.

GUALTIERI: TAGLIO CUNEO FISCALE SU UN’AMPIA PLATEA DI LAVORATORI DIPENDENTI

DI VIRGINIA MURRU

 

“Meno tasse e più soldi in  busta paga”, questo è lo slogan con il quale il Governo ha iniziato l’attività politica nel nuovo anno, insieme alle misure di contrasto per la lotta all’evasione fiscale costituiranno il binario sul quale scorrerà la politica economica dell’esecutivo, secondo le indicazioni della Legge di Bilancio 2020.

Un punto di partenza ambizioso, che si concretizzerà già a partire dal prossimo luglio, con il Bonus Irpef che salirà fino ad un massimo di 100 euro netti al mese, ed è previsto che andrà a beneficio dei redditi annui complessivi fino ad un tetto di 40mila euro. Si allarga anche la platea dei percettori, che passa da 11,7 milioni di lavoratori a 16.

La Legge di Bilancio 2020 ha stanziato 3 miliardi di euro per la riduzione del cuneo fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti  “si tratta di risorse – spiega il Ministero dell’Economia – destinate a rideterminare l’attuale Bonus Irpef, ampliandone pertanto l’ammontare e la platea.

L’integrazione dell’attuale Bonus Irpef, con importo di 100 euro mensili, sarà corrisposto totalmente su un reddito inferiore ai 28mila euro; sopra questa soglia decrescerà fino a raggiungere il valore di 80 euro mensili (per i redditi corrispondenti a 35.000 euro).

Oltre questo livello di reddito l’importo relativo al beneficio decresce ancora fino ad azzerarsi allorché si raggiungono i 40mila euro.

Il ministro Roberto Gualtieri è soddisfatto dei risultati raggiunti, anche perché le misure sul taglio del cuneo sono frutto di un’intesa con i sindacati, la cui vertenza si è conclusa in modo positivo.

Così si è espresso al riguardo il ministro dell’Economia:

“E’ stato positivo l’incontro con i sindacati circa l’accordo sul taglio del cuneo fiscale, con il quale migliorare il salario netto che interessa 16 milioni di lavoratori, ossia coloro che percepiscono redditi medio-bassi. Aumentano quindi a 100 euro gli attuali 80 euro netti (il cosiddetto ‘Bonus Renzi’) in busta paga per tutti gli attuali percettori del bonus fiscale.

Tale beneficio sarà esteso ad altri 4,3 milioni di lavoratori dipendenti, che fino ad ora ne erano esclusi. Queste misure fanno parte di una riforma fiscale più ampia, alla quale il Governo sta già lavorando col fine di sostenere lavoro e crescita, in una logica di equità.”

La riduzione del cuneo è quindi solo una premessa per una più generale riforma dell’Irpef. Lo affermano con soddisfazione gli esponenti del Movimento 5S, i quali precisano che, la riforma oggetto di studio da diversi mesi, porterà ad un risparmio ancora più consistente per il cosiddetto ceto medio, e prima ancora per i pensionati e coloro che percepiscono redditi talmente bassi da non essere in grado di versare le imposte.

Viene definita “riforma epocale” dal Movimento, e prenderà avvio nel 2021;  avrà tra i suoi obiettivi la riduzione delle aliquote Irpef da 5 a 3, oltre che ad introdurre il ‘quoziente familiare’, affinché si possa rendere più moderno e snello l’intero sistema fiscale italiano.

Il vero obiettivo da perseguire, secondo il Governo, è quello di migliorare la condizione dei lavoratori in generale, dei pensionati, precari e disoccupati, ossia coloro che sono stati danneggiati dalle politiche di austerità dei precedenti governi.

Dopo l’incontro a Palazzo Chigi,  Maurizio Landini, Segretario della Cgil,  osserva: “per quanto la classe dei lavoratori con queste misure non stia certo per ‘diventare ricca’, la strada da percorrere in definitiva è quella giusta, dato che interessa una platea piuttosto ampia di lavoratori, circa 15/16 milioni, e pertanto sono misure di carattere popolare.” E aggiunge:

“L’incontro con il Governo è stato positivo, è un giorno importante perché dopo tanti anni si vede un provvedimento che va ad aumentare il salario netto di una parte debole di lavoratori dipendenti. E’ per ora un primo buon risultato.”

Più o meno sulla stessa linea di considerazioni la rappresentante della Cisl, Annamaria Furlan:

“Al momento non è una risposta che soddisferà tutti, ma almeno è un passo in avanti importante. Ed è anche frutto delle lotte di milioni di uomini e donne, che abbiamo portato nelle piazze per arrivare a questo risultato, dopo un anno di mobilitazione. Posso dire quindi che si tratta di rivendicazioni parziali, ma positive.”

 

 

 

 

 

 

FIRMATO LO STORICO ACCORDO COMMERCIALE USA-CINA, ORA E’ UFFICIALE

DI VIRGINIA MURRU

 

L’intesa è stata siglata da entrambe le parti, ma ad esultare resta sempre il presidente Trump, il quale ha manifestato il suo entusiasmo affermando che si recherà appena possibile in visita ufficiale in Cina.

C’è poi stata una cerimonia alla Casa Bianca per brindare all’intesa raggiunta sulla cosiddetta fase 1 dei negoziati, con la firma in calce all’accordo, ma i mercati, che hanno fiuto finissimo, non esultano, la seduta si è chiusa oggi con cautela un po’ ovunque, tranne a Wall Street, la piazza finanziaria newyorkese che nei giorni precedenti la firma si è dimostrata circospetta sugli esiti dell’intesa, ha infine reagito con un notevole balzo, segnando nuovi record con Dow Jones e Nasdaq in rialzo. Le principali Borse europee hanno chiuso la seduta in perdita, tranne Londra, in lieve rialzo.

La verità è che nessuno è pronto a fare grandi scommesse su questo accordo, le due super potenze si sorvegliano ‘a vista’, la diffidenza è praticamente palese, al punto che proprio il Segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, ha dichiarato che le tariffe attuali resteranno in vigore e valide fino al voto che si terrà alla fine dell’anno in corso, e gli Usa sono pronti ad aumentarle qualora non siano rispettati gli impegni dalla controparte cinese.

Eppure è in effetti un accordo storico, che non era mai stato raggiunto in questi termini fino ad oggi,  tuttavia è evidente che i due colossi dell’economia globale non hanno interesse a pungolarsi l’uno con l’altro, considerato che, fino ad ora, le ritorsioni sono state regolari.

E’ in sostanza più di un accordo, perché quella firma significa anche distensione nelle relazioni tra i due Paesi, non un semplice armistizio dopo due anni pieni di guerra a suon di tariffe, ma una pace che al momento sembra si possa realizzare anche su altri fronti, tenendo presente soprattutto che Xi Jinping non ha affatto natura bellicosa, ed è interessato solo alla crescita economica del dragone.

Trump ne fa una questione di propaganda, anticipando la campagna elettorale; considera il traguardo un merito personale, e come tale lo presenterà agli elettori a fine anno. Sul fatto che sia a tutti gli effetti un successo strategico e di diplomazia, che porterà vantaggi economici alle due super potenze, non ci sono dubbi.